Non solo Starlink: chiediamo a Elon Musk una gigafactory in Italia

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In questi giorni i media sono pieni di articoli sull’eventuale accordo tra il governo italiano e SpaceX, l’azienda aerospaziale fondata e diretta da Elon Musk per portare in Italia Starlink.

Cos’è Starlink

Innanzitutto, va chiarito un aspetto spesso sottinteso o addirittura taciuto: Starlink è già presente in Italia da alcuni anni, disponibile per uso residenziale. Si tratta di un sistema satellitare che consente di avere una connessione a internet in qualsiasi luogo, grazie alla più grande costellazione al mondo di satelliti all’avanguardia, operanti in orbita bassa intorno alla Terra. Questa soluzione è particolarmente utile per le zone non raggiunte dalla fibra ottica, che rimane comunque superiore in termini di convenienza economica e velocità di trasferimento dati. In termini di prestazioni, la velocità di Starlink è paragonabile a quella offerta da un modem router 5G. In generale, il 5G risulta più conveniente sia per il costo iniziale dell’hardware sia per il costo mensile, associato a una normale SIM dati.

La presenza di Starlink in Italia: una questione politica

Di conseguenza, un eventuale nuovo accordo tra il governo italiano e SpaceX non avrebbe un impatto significativo sui privati cittadini, che possono già usufruire del servizio da tempo. Inoltre, per chi vive in aree urbane servite dalla fibra ottica o in zone coperte dal 5G, il sistema satellitare Starlink non offre particolari vantaggi competitivi. In realtà, si tratterebbe di un accordo per dotare di infrastrutture di connessione satellitare, sempre e ovunque disponibili, soprattutto le strutture governative, pubbliche e militari, soprattutto in condizioni estreme dove le altre tecnologie non sono disponibili. In Italia, Starlink è già stato utilizzato durante l’alluvione in Emilia-Romagna del 2023 per ripristinare i collegamenti internet di strutture pubbliche, ospedali, scuole, uffici e per sostenere gruppi di cittadini in zone isolate. Inoltre, il servizio è attualmente impiegato nella guerra russo-ucraina per scopi umanitari ma anche militari, difensivi e di attacco.

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È quindi evidente che si tratta di una questione di carattere politico, che però esula dallo scopo di questo articolo.

Musk in Italia: e se aprisse una gigafactory?

In effetti, le strutture di Elon Musk potrebbero essere estremamente utili al sistema Italia, ma non tanto per Starlink quanto per la produzione di automobili elettriche, batterie e accumulatori per il fotovoltaico. Questi settori sono strategici per il nostro paese, che al momento è fortemente carente.

Attualmente, Tesla possiede otto gigafactory, di cui solo una in Europa, situata a Berlino-Brandenburg. Le gigafactory, lo ricordiamo, sono fabbriche di dimensioni gigantesche pensata per produrre batterie per auto elettriche.

La fabbrica a Berlino-Brandenburg produce la Tesla Model Y e le batterie per i veicoli elettrici.

Lo scorso 10 dicembre Stellantis e il colosso cinese CATL hanno annunciato un investimento di 4,1 miliardi di euro per un impianto europeo di batterie al litio ferrofosfato (LFP) a Saragozza, in Spagna. In Italia, invece, non esistono gigafactory per veicoli o batterie. L’introduzione di una gigafactory Tesla nel nostro paese non porterebbe forse benefici diretti all’industria italiana (se non nell’indotto), ma garantirebbe importanti vantaggi economici e occupazionali. La prima, e per ora unica, gigafactory Tesla in Europa impiega circa 12.000 persone!

La situazione italiana: un progetto congelato e uno stabilimento a Caserta

In Italia, al momento, non si vedono all’orizzonte progetti simili.

Automotive Cells Company (ACC), una joint venture tra Stellantis, Mercedes e TotalEnergie, ha pianificato tre gigafactory, tra cui una a Termoli, all’interno della ex fabbrica Fiat. Tuttavia, i lavori per quest’ultima sono stati al momento congelati.

Al contrario, in Europa e nel mondo gli esempi sono molteplici. Sempre ACC sta costruendo una gigafactory di batterie a Billy-Berclau/Douvrin nella regione dell’Alta Francia. La gigafactory Northvolt in Svezia, con una capacità produttiva di 16 GWh, è un esempio consolidato, mentre la cinese CATL ha raggiunto una capacità produttiva di ben 250 GWh nel 2024! Non vi è, quindi, alcun dubbio che l’Italia è molto indietro.

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Una nota positiva arriva da Teverola, in provincia di Caserta, dove FAAM, controllata di Seri Industrial, gestisce il primo stabilimento italiano per la produzione di batterie al litio. Teverola 1 produce batterie innovative cobalt-free a litio ferro fosfato (LFP), ma con una capacità limitata di 0,3 GWh annui e comunque non destinato al mercato automobilistico. Il futuro impianto Teverola 2, con una capacità prevista di 8 GWh annui (si confronti con i numeri di sopra) e 600 assunzioni, con produzione anche di batterie per automobili (tra cui le innovative batterie al sodio e a stato solido), rappresenta un ottimo passo avanti, ma è ancora del tutto insufficiente per competere a livello europeo e mondiale, almeno in termini quantitativi.

Ma non vi è dubbio che questa deve essere la strada. Il colosso cinese BYD, leader mondiale insieme a Tesla nella vendita di veicoli elettrici, dimostra che solo una struttura integrata, capace di unire progettazione, know-how e produzione di automobili e batterie, può garantire un’industria competitiva. In Italia, al momento, questa visione strategica sembra mancare.

In conclusione, la tecnologia Starlink è già pienamente accessibile in Italia: privati, scuole, ospedali, aziende e anche imbarcazioni possono acquistare il servizio in qualsiasi momento. Se si intende discutere di accordi con Elon Musk, è forse più opportuno concentrarsi anche sull’opportunità di portare una gigafactory Tesla nel nostro Paese, agevolandone la realizzazione attraverso adeguati supporti e investimenti strategici.

Lo scorso novembre il ministero delle Imprese e del Made in Italy ha completato il finanziamento a fondo perduto di 506 milioni assegnato alla Fib Spa (Seri Industrial) finalizzato alla realizzazione del megaimpianto di Teverola 2. Il finanziamento, a valere sul Fondo IPCEI, lo strumento agevolativo che supporta le attività svolte dai soggetti italiani coinvolti nella realizzazione degli Importanti Progetti di Comune Interesse Europeo, deve essere considerato solo un primo passo, che necessita di essere seguito da una forte e convinta strategia nazionale per lo sviluppo di una forte filiera industriale completamente italiana e competitiva a livello internazionale.

Il nostro paese non può permettersi di restare indietro in un settore tanto cruciale per il futuro economico e ambientale. Se serve l’aiuto e il finanziamento del magnate statunitense per la costruzione di veicoli elettrici e batterie, ben venga, purché sia solo il punto di partenza per lo sviluppo di una filiera industriale e di una catena del valore completamente italiane, capaci di primeggiare a livello internazionale.



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