Hama è sotto il controllo delle fazioni armate ribelli al governo di Damasco e adesso per il presidente Bashar al-Assad e ciò che rimane del suo gruppo di potere damasceno il timore è quello che gli insorti avanzino ulteriormente travolgendo le sue forze armate assieme alle milizie alleate, conquistando anche la terza città più importante del Paese, Homs. Lo spazio aereo sovrastante la capitale siriana è ormai nel raggio d’azione dei sistemi d’arma dei ribelli. Mentre il conflitto sta per entrare nel suo quindicesimo anno, il regime degli Assad risulta sempre più debole. A Gerusalemme ci si prepara al possibile crollo di Damasco, poiché l’avanzata dei ribelli in Siria viene ritenuta una minaccia reale agli Assad, dunque, allo specifico riguardo il primo ministro Benjamin Netanyahu nella serata di ieri ha deliberato in merito alla questione. Israele ha altresì inviato un duro monito all’Iran affinché non invii in Siria armi che, in seguito, potrebbero venire utilizzate da Hezbollah in Libano.
IL CONFLITTO VISTO DA GERUSALEMME E WASHINGTON
Per quanto concerne questa fase della guerra civile siriana, in particolare è risultata sorprendente la debolezza mostrata dell’esercito di Damasco, che continua a perdere rapidamente terreno sotto l’incalzare dei combattenti ribelli guidati dai jihadisti, uno sviluppo che potrebbe portare al collasso dello strumento militare degli Assad. Sia in Israele e che negli Stati Uniti d’America gli analisti rilevano infatti segnali di collasso dell’esercito siriano, aspetto che se si concretizzasse comporterebbe un’avanzata delle forze ribelli a guida salafista fino alla frontiera dello Stato ebraico sulle alture del Golan. Gerusalemme ha trasmesso messaggi ai leader ribelli invitandoli a tenere lontane da quell’area le loro milizie. Le preoccupazioni espresse a Washington e Gerusalemme vengono ingenerate sia da una potenziale assunzione del potere in Siria da parte di islamisti radicali a seguito del possibile crollo del regime degli Assad, che riguardo a una maggiore presenza di forze iraniane nel paese arabo inviate in sostegno a quest’ultimo. La soluzione migliore per Israele è che i belligeranti continuino a combattersi indebolendosi così a vicenda.
LE «APERTURE» DI HAYAT TAHRIR AL-SHAM
Dal canto loro, gli islamisti radicali di Hayat Tahrir al Sham, usciti dopo un lungo periodo di tempo dal confinamento forzato nell’enclave di Idlib, divenuti più forti sul campo di battaglia hanno assunto l’iniziativa anche sul piano della comunicazione e, stando a quanto riferito dall’emittente panaraba saudita “Al Arabiya”, rendono noto che «l’atteso cambiamento in Siria non significherà il collasso di tutto, bensì un’opportunità per costruire uno stato civile forte», sottolineando altresì che la visione del gruppo armato relativamente al futuro del paese è quella di «uno Stato basato sul dialogo». È stato proprio il gruppo salafista considerato organizzazione terroristica anche dall’Unione europea a conquistare Hama, città della parte centro occidentale della Siria, quarta per dimensioni e popolazione.
I SALAFISTI AVANZANO
Questo è avvenuto a seguito di prolungati feroci scontri tra le forze fedeli ad Assad e le fazioni armate che a lui si oppongono, che avevano lanciato l’offensiva il giorno 27 novembre. Ora le forze ribelli controllano anche l’aeroporto militare di Hama, mentre già controllavano quelli di Aleppo (secondo scalo della Siria), Kuweires e la base aerea di Menagh (rispettivamente a est e a nord di Aleppo), oltreché la base militare dell’aviazione di Abou al Douhour, infrastrutture di importanza fondamentale sia a fini di natura militare che logistica. Ritiratesi da Hama, le unità militari di Assad hanno preso la direzione di Homs, terza città più importante del Paese, che potrebbe divenire oggetto di un attacco da parte dei ribelli (che attualmente si trovano a cinquanta chilometri da essa) e cadere nelle loro mani. Si tratta di un centro urbano di fondamentale importanza, in quanto è situato sulla linea di collegamento tra la capitale Damasco e il nord del paese, in particolare le città portuali della costa mediterranea.
LA REAZIONE DI TEHERAN
Si tratta di un gruppo già affiliato ad al-Qaeda in Siria, che tuttavia negli ultimi anni ha tentato di mutare la propria immagine nel senso di una maggiore moderazione, seppure si abbia consapevolezza del fatto che sarà oltremodo difficile convincere i governi occidentali che ha rinunciato completamente al jihadismo radicale. Poi ci sono i proxi di Teheran, che starebbero entrando in gioco. Nei giorni scorsi si era diffusa la notizia dell’ingresso in territorio siriano di alcune milizie sciite irachene filo-iraniane facenti parte della “Resistenza islamica in Iraq”, nell’evidente tentativo di sostenere le forze del presidente Assad, ormai in una grave situazione. Per stessa ammissione dei vertici della Repubblica Islamica iraniana, Teheran con ogni probabilità farà pervenire missili e droni all’esercito di Damasco.
IL POSSIBILE COLLASSO DEL REGIME DEGLI ASSAD
Immediato al riguardo l’ammonimento dei salafisti di Hayat Tahrir al Sham, che per bocca del loro leader, Abu Muhammad al-Jolani, si è appellato direttamente al primo ministro di Baghdad Mohammed Shia’ Sabbar al-Sudani esortando le milizie irachene a non interferire «nella nuova fornace siriana». Ma, la conquista di Hama aprirà la strada verso Damasco? Indubbiamente si tratta di un successo di notevole importanza, ultimo di una serie di rapide vittorie dei ribelli sul campo di battaglia. La capitale siriana è entrata nel raggio d’azione delle armi di questi ultimi, un fatto confermato dall’attivazione dei sistemi di difesa aerea delle forze armate di Assad, che secondo una nota diffusa dallo stesso ministero della difesa, «hanno intercettato aeromobili ostili nello spazio aereo di Damasco, abbattendone due senza causare vittime o danni materiali».
GUERRA E SCENARIO REGIONALE: LA STRATEGIA DI ANKARA
In un paese dove si registrano centinaia di migliaia di sfollati, adesso da Homs fuggono in massa anche gli alawiti, minoranza religiosa alla quale appartiene la famiglia Assad, lo fanno non ritenendo sincere le rassicurazioni fornite loro negli ultimi giorni dalle fazioni armate ribelli, «nessun gruppo etnico o religioso verrà preso di mira». E non hanno tutti i torti, poiché l’Esercito nazionale siriano (ENS), coalizione di formazioni armate sostenuta dalla Turchia, dopo la conquista di Aleppo si è resa protagonista di crimini ai danni della popolazione civile curda nelle campagne settentrionali nei pressi della città. Nel frattempo, da Ankara Recep Tayyip Erdoğan, ha esortato Damasco a rinvenire una «soluzione politica globale alla crisi». La Turchia è uno degli attori regionali di maggiore rilievo impegnato direttamente nelle dinamiche della crisi siriana fin dall’inizio della guerra civile, le sue unità militari sono entrate in territorio siriano e ricevono il sostegno di alcune milizie locali ostili a d Assad delle quali hanno il sostanziale controllo
IN ATTESA DEL VERTICE IN QATAR
Tra il 7 e l’8 dicembre i ministri degli esteri di Iran, Turchia e Russia si riuniranno in Qatar nel “formato di Astana”, processo di pace per la guerra civile siriana da loro avviato nel 2016, che in seguito ha condotto alla definizione di quattro zone di de-escalation. La ripresa dei combattimenti in Siria viene ricondotta con l’offensiva ribelle a ovest di Aleppo lanciata dai ribelli alla fine del mese di novembre, iniziativa che ha scongelato nuovamente il conflitto ponendo fine ai cessate il fuoco precedentemente entrati in vigore a seguito dell’intesa raggiunta da Federazione Russa, Repubblica Islamica dell’Iran, Stati Uniti d’America e Turchia. Gli sviluppi di questa serie di offensive ribelli, che hanno portato al crollo delle posizioni tenute dell’esercito di Assad (sostenuto da Russia, Iran e milizie sue alleate) sono potenzialmente in grado di mutare sensibilmente i termini di questa crisi in atto ormai, seppure sottotraccia, da quasi quindici anni.
POSSIBILI SCENARI
Questo anche alla luce della trasformazione militare convenzionale di Hayat Tahrir al-Sham, che in vista della ripresa del conflitto ha incrementato le proprie capacità militari, ristrutturandosi nelle forme di una struttura armata convenzionale, dotata di un centro di formazione e dell’embrione di una forza speciale. Si tratta di capacità sul piano operativo (anche in termini di armi di livello tecnologico relativamente avanzato) che la maggior parte delle unità dell’esercito di Assad non disporrebbe. Inoltre, in sfavore del regime damasceno depongono anche le drammatiche condizioni nelle quali vive quotidianamente la popolazione, una crisi umanitaria generata dal conflitto che ha accentuato gli squilibri interni, fattore di crescente instabilità e violenza.
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