Dalla Ricerca all’Impresa: la rivoluzione dei Policristalli trasparenti di Zenit

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Creare una ceramica trasparente. È stata questa la sfida iniziale di un team di ricercatori che ha fondato nel 2021 Zenit Smart Polycrystals, la startup che sviluppa e produce componenti trasparenti cristallini attraverso un innovativo processo di stampa 3D. Zenit Smart Polycrystals ha partecipato al percorso Ecosister Accelerator 2024

Jan Hostaša, responsabile di Ricerca & Sviluppo e founder della startup insieme al CEO Laura Esposito, ci racconta la genesi del progetto e la situazione attuale con un occhio rivolto al futuro.

Hostaša, di che cosa si occupa Zenit Smart Polycrystals?

Abbiamo sviluppato una piattaforma tecnologica per produrre dei componenti ceramici trasparenti e resistenti, utilizzabili in vari ambiti come quello dei sistemi laser e delle loro numerose applicazioni in campo medico e industriale, in quello dei semiconduttori o dei rivelatori a scintillazione o in altri in cui è necessario convertire le lunghezze d’onda della luce, solo per fare qualche esempio. Ultimamente inoltre siamo stati contattati da aziende che lavorano nel campo della gioielleria e dell’oreficeria perché trovano interessanti le caratteristiche estetiche dei nostri materiali.

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Come è nata l’idea?

Noi facciamo parte di un gruppo di ricerca del CNR di Faenza, un istituto che si occupa dello sviluppo dei materiali ceramici. Ci siamo concentrati sullo studio dei ceramici trasparenti e siamo stati tra i primi al mondo ad utilizzare un processo di stampa 3D per produrre policristalli trasparenti per le sorgenti laser. Il nostro materiale viene realizzato ad hoc: questo permette di ottimizzare la performance riducendo gli sprechi e soprattutto di consumare meno. Ma non solo. Il processo di stampa 3D offre una più ampia libertà sulle forme e sulle colorazioni. 

Ebbene, tutto questo prima non c’era. Oltretutto l’innovazione da noi apportata ha in sé un aspetto di sostenibilità ambientale che in questo momento diventa strategico. È stata una sfida davvero tosta che però ora sta portando i suoi frutti.

Dal mondo della ricerca a quello dell’impresa: come è andata?

Durante il periodo del Covid le nostre attività di laboratorio si sono interrotte. Abbiamo approfittato dello stop forzato per capire se ciò che avevamo messo a punto, e in seguito brevettato, era in grado di reggere a livello di trasferimento tecnologico e di mercato. Nel 2020 quando è uscito il bando della Start Cup Emilia-Romagna ci siamo subito candidati. Siamo stati selezionati e abbiamo seguito il percorso formativo previsto dalla business plan competition

Per noi che venivamo dalla ricerca è stato fondamentale capire come tradurre la nostra idea in un business plan. Dopo la partecipazione alla Start Cup Emilia-Romagna, abbiamo avuto accesso alla finale del PNI.

Che porte vi hanno aperto la Start Cup e il PNI?

Grazie a queste due vetrine abbiamo cominciato a dialogare con potenziali investitori. In particolare, al Premio Nazionale per l’Innovazione abbiamo incontrato LIFTT, una società di venture capital che ha deciso di investire su di noi. 

Nel settembre del 2021 ci siamo costituiti come startup innovativa e spin-off del CNR e pochi mesi dopo abbiamo realizzato il proof of concept per sviluppare la tecnologia grazie al finanziamento di LIFTT e con il contributo di un’azienda austriaca che utilizza la stampa 3D dei materiali ceramici. Per completare l’operazione l’anno successivo abbiamo ricevuto un secondo round di finanziamento, raccogliendo in totale 600mila euro. Ora siamo impegnati in un ulteriore investimento con altri interlocutori per passare alla produzione e per entrare sul mercato nell’arco del 2025.

Nel 2024 avete partecipato al percorso Ecosister Accelerator. Su cosa vi siete concentrati?

Siamo arrivati al programma con le idee piuttosto chiare sui vantaggi che la nostra piattaforma tecnologica ha rispetto ai processi di produzione attuali delle componenti che andremo a sostituire. Tuttavia, l’innovazione va raccontata e per fare il salto di qualità occorre un business plan ben costruito e un pitch chiaro per presentarci agli investitori e non solo a loro. E’ stato inoltre molto interessante e utile conoscere il punto di vista di chi valuta. 

Abbiamo anche colto diverse opportunità che ci sono state suggerite come il bando regionale per il sostegno alle startup e quello di Invitalia Smart&Start Italia. Di recente abbiamo avuto conferma di essere stati ammessi ad entrambi gli incentivi.

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In che cosa consiste il vostro salto di qualità?

Siamo a un punto di svolta perché stiamo validando i componenti prima di metterli in produzione. 

Il momento è frenetico: mentre procede il dialogo con gli investitori dobbiamo implementare il processo per passare dalla fase iniziale di proof of concept a quella di sviluppo industriale. Come dicevamo prima, dobbiamo entrare nel mercato e per farlo ci trasferiremo a breve in uno spazio più grande. Dobbiamo anche assumere personale: il team al momento è composto da sole tre persone, c’è Laura Esposito, ci sono io e Andrea Volfi, e siamo tutti concentrati sulla parte tecnica. Il prodotto però va venduto, quindi ci serve chi si occupi della parte commerciale.

Dove vedete Zenit Smart Polycrystals tra qualche anno?

Vogliamo diventare un punto di riferimento nel settore della produzione dei policristalli trasparenti. Non escludo che nel futuro potremo essere integrati da aziende più grandi interessate alla nostra tecnologia.

Un bilancio della vostra vita da imprenditori?

Per noi la cosa più difficile è stata cambiare approccio e mentalità. Il ricercatore cerca i problemi per risolverli ma quando sei imprenditore diventa necessario offrire soluzioni: questo è quello che vuole il cliente.

Consigli ad aspiranti startupper?

Parlare è fondamentale, confrontarsi con chi è esperto del settore su cui si vuole intervenire pure. Nel nostro caso, per esempio, nella fase di ricerca e sviluppo siamo proprio andati a cercare le aziende che realizzavano laser per capire ciò di cui avevano bisogno. 

Io posso avere la tecnologia o il prodotto migliore del mondo che però non sono tali se non hanno un mercato e se non sono verificati. E poi un’ultima cosa: chi fa impresa oggi non può prescindere dall’aspetto della sostenibilità ambientale, in qualsiasi ambito si vada a operare.

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