Zanè
La Corte d’Appello dà ragione ad un imprenditore che aveva acquistato 5 milioni di euro di azioni della banca
La vecchia sede della Banca popolare di Vicenza, in città ARCHIVIO
Quell’operazione da 5 milioni di euro per evidentemente una “baciata”: ragion per cui il negozio è nullo e il cliente della banca non deve nulla all’istituto di credito.
Lo ha stabilito la Corte d’Appello di Venezia, che ha respinto il ricorso della Banca popolare di Vicenza in liquidazione contro un imprenditore di Zanè, che 12 anni dopo quell’operazione ha finalmente ottenuto ragione.
Il crac otto anni fa
A distanza di 8 anni dal crac, nelle aule di tribunale si discute ancora dei finanziamenti che hanno portato la BpVi al default. Il caso è quello di un titolare d’azienda, che aveva stretti rapporti con la banca; come raccontò, il cliente venne contattato dal capo area di zona, Domenico Simonato, il quale gli «chiese un favore» in filiale a Thiene. Quello di acquistare, con soldi della BpVi, 80 mila azioni della banca, a 62,5 euro l’una. Le date confermano la ricostruzione: il 25 maggio 2013 il cliente chiese un finanziamento a 24 mesi; il 4 giugno chiese di poter acquistare 80 mila azioni; l’11 giugno gli fu concesso il finanziamento da 5 milioni di euro, senza garanzie, e il 19 giugno comprò le azioni per quella stessa cifra.
In cambio del “piacere”, che avrebbe avuto durata biennale, avrebbe ottenuto l’1 per cento annuo (50 mila euro) al netto degli interessi passivi. «L’operazione – si legge nella sentenza della Corte presieduta da Passarelli – aveva un orizzonte temporale limitato e predefinito, esaurito il quale doveva chiudersi in termini “neutri” per il cliente, che non doveva sopportare alcun costo», come da scrittura privata predisposta da Simonato, che in aula ha spiegato che si trattava delle disposizioni del vicedirettore generale Emanuele Giustini.
Una beffa per l’imprenditore
Inaspettatamente per l’imprenditore, però, nel 2015 BpVi gli chiese l’immediato rientro dal finanziamento, altrimenti sarebbe stato segnalato come inadempiente alla Centrale rischi di Banca d’Italia. Una beffa perché, per quel “favore”, si era trovato con 80 mila azioni dal valore nullo, con 5 milioni da restituire.
Il cliente, tutelato dagli avv. Alessandro Moscatelli ed Elena Ponso, ha promosso causa al tribunale delle imprese di Venezia, ottenendo ragione. Una sentenza ora confermata in Appello nei confronti dei commissari liquidatori Claudio Ferrario, Francesco Schiavone Panni e Giustino Di Cecco (avv. Manuela Malavasi, Roberta Moretti e Giacomo Ricciardi): l’operazione è nulla, per cui il cliente non deve dare niente. E BpVi deve pagargli 20 mila euro di spese legali.
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