Proviamo a delineare una strategia di investimento per il nuovo anno seguendo le indicazioni che arrivano dai mercati finanziari in queste settimane.
Se il buongiorno si vede dal mattino, allora le prime indicazioni che arrivano dai mercati finanziari in questi primi giorni di gennaio possono essere una cartina al tornasole per capire il canovaccio di questo 2025. Si, la premessa è piuttosto ardita ma proviamoci.
Secondo il vecchio adagio non possiamo sapere dove siamo diretti se non manteniamo memoria del percorso fatto fino ad ora. E allora, volgendo lo sguardo ai 12 mesi passati, occorre tenere a mente che nel 2024 lo S&P500 ha chiuso con un guadagno superiore ai 20 punti percentuali per il secondo anno consecutivo e che il Russell 1000 Growth Index ha portato a casa un guadagno di oltre 30 punti percentuali. Nello stesso periodo l’obbligazionario globale ha chiuso in rosso un anno vissuto prima tra aspettative di veloce riduzione dei tassi e poi, a partire dall’autunno, scontando scenari di inflazione più persistente e tassi più elevati. Tra picchi su alcune materie prime alimentari e nette frenate degli energetici, il settore delle materie prime ha sostanzialmente vissuto un anno di trading range.
I primi giorni del 2025 sembrano indicarci un proseguimento di quanto visto negli ultimi mesi. Quello che appare abbastanza chiaro è che gli investitori sono alla ricerca di una chiave di lettura in grado di dare il giusto peso agli ingredienti della ricetta economica in preparazione, sperando che questa risulti poi in qualcosa di commestibile.
Per spiegarci è utile prendere a prestito l’analisi che Chris Senye, di Wolfe Research, ha raccontato al Wall Street Journal. Per Senye il mercato azionario, ma il ragionamento può essere applicato anche agli altri asset, sta attraversando la seconda di tre fasi. Nella prima, appena conclusa, l’entusiamo per il cambiamento politico statunitense scaturito dalle elezioni di novembre ha guidato gli investitori. Nella seconda fase, quella che stiamo vivendo, il mercato si confronterà con le decisioni concrete della politica sui tanti temi scottanti (dazi, tasse, criptovalute, geopolitica). Nella terza fase, verso la seconda metà del 2025, gli investitori faranno i conti con le ricadute sull’economia reale delle nuove politiche statunitensi (inflazione, consumi, profitti).
La fase cruciale, la resa dei conti, il momento in cui la ricetta di cui sopra risulterà pronta, sarà la terza. Nel frattempo è lecito attendersi un periodo contraddistinto da alti e bassi, sia per quel che riguarda l’azionario, sia per quel che riguarda i rendimenti dell’obbligazionario.
Inutile dire che la centralità dell’economia statunitense e dei suoi mercati finanziari si ripercuoterà sul resto del globo. L’andamento del dollaro influisce sulle materie prime e sull’azionario emergente. Le scelte di politica commerciale possono influire pesantemente sui livelli di crescita (e di profitto) dell’equity europeo, mentre livelli di inflazione importata più elevati possono rallentare le mosse della BCE.
E quindi la nostra strategia d’investimento per il nuovo anno? Ci arriviamo. In base a quanto velocemente raccontato sopra, l’idea che frulla in testa è che questa strategia dovrà essere sicuramente flessibile, pronta a rapidi cambi di scenario e sufficientemente attrezzata per sfruttare livelli di volatilità sostenuti.
La base di partenza è una barbel strategy multiasset. Proviamo a descriverla brevemente, ricordando che non si tratta in nessun caso di un invito all’investimento e che, come al solito, stiamo parlando di qualcosa di generalizzato e non dettagliato.
Sul fronte obbligazionario l’elevata incertezza su inflazione e tassi di interesse fa propendere per un investimento a doppio scopo. Da un lato duration contenute e titoli a breve termine, meno sensibili nei prezzi agli svolazzi dei rendimenti e più rapide a reagire alle mosse di politica monetaria. Un mix di corporate di qualità e di governativi che eviti però emergenti e Giappone. Dall’altro una selezione di titoli di qualità a lungo termine per fissare rendimenti ancora oggi molto allettanti.
Le materie prime rimangono alla finestra, ma se il trend degli ultimi mesi è affidabile, allora commodities alimentari e metalli preziosi meritano uno spazio all’interno della nostra strategia.
Infine l’azionario. Ad una selezione value/quality europea si potrebbe accompagnare un mix di big e small cap statunitensi, non eccedendo sul tecnologico (molto esposto a variazioni di aspettative sull’inflazione e sui tassi) e puntando qualche fiches su bancari, difesa ed energia.
Un cuscinetto di liquiditĂ aumenta il grado di flessibilitĂ della strategia.
Foto di StockSnap
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