La pensione è più alta, uguale o più bassa dello stipendio? Ecco la verità

Effettua la tua ricerca

More results...

Generic selectors
Exact matches only
Search in title
Search in content
Post Type Selectors
Filter by Categories
#finsubito

Prestito condominio

per lavori di ristrutturazione

 


Una misura di cui tanto si parla in vista del 2025 è lo sgravio contributivo cui possono avere accesso i lavoratori che lo richiedono all’INPS nel momento in cui scelgono una particolare strada. Parliamo della permanenza al lavoro nonostante i requisiti per le pensioni siano stati già raggiunti. Rimandare la pensione e preferire lo stipendio più alto, quindi.

Chi rinvia la pensione nel momento in cui nel 2025 avrà raggiunto il diritto alla Quota 103 o alla pensione anticipata ordinaria, potrà godere di uno stipendio maggiore.

Questo è frutto del fatto che la parte di contributi che mensilmente un lavoratore versa all’INPS per la pensione futura rimane in busta paga e aumenta lo stipendio netto.

Cessione crediti fiscali

procedure celeri

 

Oggi non parliamo però di questo sgravio. Ma analizziamo il perché un lavoratore dovrebbe essere spinto a restare in servizio nonostante abbia maturato la possibilità di andare in pensione. Una delle motivazioni maggiori è l’importo della pensione.

Un nostro lettore con un quesito ci permette di affrontare un discorso particolare, cioè la differenza di reddito che un pensionato ha rispetto ai tempi in cui era un lavoratore.

Il quesito giunto in redazione

“Buonasera, sto per completare i 41 anni di contributi. Nel 2025 arriverà finalmente la possibilità per me di andare in pensione. Ho compiuto a ottobre 63 anni di età. Quindi con 41 anni di contributi dovrei poter andare in pensione. E credo di farcela per la Quota 41 dei precoci, oltre naturalmente alla Quota 103 che però, mi insegnate, essere piuttosto penalizzante.

Sono un camionista e quindi non dovrei avere problemi a rientrare nella misura per i precoci. Però ho paura che la pensione sia di importo basso. In effetti oggi vivo abbastanza bene dal punto di vista reddituale con uno stipendio molto alto. Ho un mutuo sulle spalle, un figlio che studia ancora all’università ed ha un costo rilevante per la mia famiglia.

Non vorrei arrivare al punto di andare in pensione e non arrivare più a fine mese.”

La pensione è più alta, uguale o più bassa dello stipendio? Ecco la verità

Il fatto che un lavoratore, arrivato in prossimità di quel traguardo che sembra sempre inarrivabile che è la pensione, sia in uno stato di angoscia o simile, è all’ordine del giorno. Soprattutto per chi non ha avuto la fortuna di accumulare risparmi o chi ha delle spese ancora ingenti da sostenere.

I dubbi riguardo agli importi delle pensioni sono piuttosto diffusi. Anche perché le regole di calcolo delle pensioni non sempre sono di facile comprensione. Il sistema contributivo su questo aiuta. Infatti, è più semplice capire che pensione si potrà percepire se l’interessato ha l’intera carriera lavorativa rientrante nel sistema contributivo. I contributi versati finiscono in quella specie di salvadanaio che è il montante contributivo.

Un salvadanaio che viene aperto nel momento in cui il lavoratore esce dal lavoro. Quanto c’è dentro viene rivalutato al tasso di inflazione anno dopo anno a partire dalla data dei versamenti, e il risultato viene moltiplicato per dei coefficienti di trasformazione fissi per generare la rendita mensile. Coefficienti che recentemente sono stati aggiornati dal governo, come da sempre accade ogni due anni.

Prestito personale

Delibera veloce

 

E, come sempre accade, sono diventati meno favorevoli perché, essendo collegati alle aspettative di vita, più vive la popolazione più scendono i coefficienti che, in fin dei conti, danno una pensione sempre più bassa a parità di contributi ed età di uscita.

I calcoli della pensione rispetto allo stipendio, il sistema contributivo penalizza ma li rende più semplici

Il sistema retributivo guarda invece alle ultime retribuzioni del diretto interessato, in genere agli ultimi 5 o 10 anni. Da anni ormai questo sistema è sempre meno utilizzato e meno incidente sulle pensioni liquidate. Infatti, la stragrande maggioranza dei neo pensionati escono con pensioni calcolate tutte con il sistema contributivo o con una quota sempre maggiore con il sistema contributivo.

Sono sempre meno, infatti, i contribuenti che si trovano ad aver maturato entro il 31 dicembre 1995 già 18 anni di contributi, in modo tale da godere del privilegio di un calcolo retributivo esteso fino al 2012. Invece, la maggior parte delle volte il calcolo retributivo arriva fino al 31 dicembre 1995.

Detto questo, dal momento che i contributi che si versano sono collegati allo stipendio percepito, ipotizzare anche solo lontanamente che una pensione sia di importo pari allo stipendio o addirittura superiore è un esercizio di pura fantasia.

Per esempio, nel Fondo Pensioni Lavoratori Dipendenti (FPLD), il lavoratore versa il 33% della sua retribuzione lorda utile ai fini assicurativi. Più alto è lo stipendio più alti sono i contributi, ma questo non cambia nulla in materia di calcolo della pensione rapportato allo stipendio percepito.

Cosa è successo al calcolo della pensione e come si rapporta agli ultimi stipendi

Il passaggio dal metodo retributivo al metodo contributivo ha penalizzato il rapporto tra ultimo stipendio percepito e pensione. Da recenti studi, infatti, è emerso che, soprattutto dopo l’entrata in vigore della riforma Dini, poi completata dal punto di vista degli inasprimenti dalla riforma Fornero, il tasso di sostituzione, come si chiama il rapporto tra stipendio e pensione, è diventato sempre più sfavorevole alla quiescenza.

Con il sistema retributivo c’era infatti chi, dallo stipendio alla pensione, perdeva solo il 20%, mentre adesso è un miracolo arrivare a prendere una pensione pari al 70% dell’ultimo stipendio.

Finanziamenti personali e aziendali

Prestiti immediati

 

Anzi, a volte la pensione è esattamente la metà dell’ultimo stipendio percepito o addirittura meno. Più elevata è la contribuzione versata, più alta è l’età di uscita e meno drastico è il taglio di reddito che un lavoratore subisce nel momento in cui va in pensione rispetto a prima con la sua retribuzione.

Dal 2025 sarà ancora peggiore questo passaggio dal lavoro alla pensione, perché i coefficienti sono peggiorati dato che è in aumento la vita media della popolazione.

Alcuni esempi pratici sul calcolo delle prestazioni

Prendiamo ad esempio un lavoratore che ha percepito sempre una retribuzione da 2.000 euro al mese per tutti i suoi 20 anni di carriera e quindi di contribuzione versata. Questo lavoratore, al 33% di aliquota contributiva come lavoratore dipendente, versa all’anno circa 8.600 euro di contributi.

Che, moltiplicati per i 20 anni di carriera, valgono poco meno di 200.000 euro di montante contributivo dopo la rivalutazione. Questo lavoratore, alla luce dei nuovi coefficienti, a 67 anni di età con la pensione di vecchiaia prenderà 862 euro al mese di pensione. Ovvero 200.000 moltiplicato per 5,608%, che è il coefficiente dei 67 anni di età valido nel 2025 e nel 2026.

Se invece i versamenti fossero stati pari a 40 anni, ecco che la pensione sarebbe pari a circa 1.725 euro al mese. Sempre uscendo a 67 anni e con lo stesso coefficiente.

Per assurdo, servirebbero circa 46 anni di versamenti contributivi per arrivare a prendere una pensione pari allo stipendio percepito. Ma sempre se consideriamo lo stipendio medio da 2.000 euro al mese. Una cosa davvero impossibile da verificarsi, dal momento che sul finire della carriera in genere gli stipendi sono sempre più alti rispetto all’inizio.

Finanziamenti e agevolazioni

Agricoltura

 

Quindi, praticamente impossibile prendere una pensione pari o superiore agli ultimi stipendi. Solo versando molti anni di contributi la differenza si assottiglia, ma resta sempre a favore dello stipendio e mai della pensione.



Source link

***** l’articolo pubblicato è ritenuto affidabile e di qualità*****

Visita il sito e gli articoli pubblicati cliccando sul seguente link

Source link