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Al vaglio del Ros nuove foto del boss in posa ai piedi dell’Arena di Verona

Un mese dopo l’arresto del capo di Cosa nostra Bernardo Provenzano, nel maggio 2006, Matteo Messina Denaro si trasferì a Verona, consapevole di essere diventato il nuovo ricercato numero uno. Tuttavia, il boss non sembrava particolarmente turbato: le fotografie ritrovate dal Ros al momento della sua cattura, anticipate dal longform di Repubblica scritto da Lirio Abbate, lo ritraggono sorridente e in posa davanti all’Arena di Verona. “Sono così e non come mi descrivono nell’identikit”, annotava con spavalderia in uno dei diari destinati alla figlia Lorenza.
Tra i pizzini e gli oggetti sequestrati il giorno della sua cattura, il 16 gennaio 2023, si celano i segreti di una latitanza durata trent’anni, coperta da apparati di livello. Si è parlato a lungo del tenore di vita del boss, specie nelle ore successive alla cattura. Le amanti, i ristoranti, i viaggi, il lusso. Al polso, Messina Denaro portava un Franck Muller Geneve Color Dreams, ricorda Salvo Palazzolo tra le colonne di Repubblica di questa mattina. Un orologio che oltre dietro al lusso nasconde una traccia. È stato infatti acquistato nell’agosto 2009 presso il Forte Village, esclusivo resort in Sardegna. Quel dettaglio solleva interrogativi su chi fosse con lui durante quella vacanza. Come sono forti gli interrogativi su chi vi fosse dietro l’obbiettivo della fotocamera che ha scattato la “posa” dell’ex superboss ai piedi dell’Arena di Verona.
Le indagini della procura di Palermo svelano una latitanza condotta con disinvoltura. Nel 2009 il boss passeggiava serenamente per il centro di Palermo, acquistando prodotti in una nota gastronomia di via Daita, nei pressi del Teatro Politeama. Nel novembre 2014 comprò una Fiat 500 in una concessionaria della città e tre anni dopo fu fermato al volante della stessa vettura durante un controllo a Mazara del Vallo. In quell’occasione esibì una carta d’identità falsa intestata a Giovanni Salvatore Giorgi e fu lasciato andare, probabilmente per tornare a Campobello di Mazara, il suo rifugio siciliano. Senza dimenticare i tre tatuaggi che Matteo Messina Denaro si fece tatuare in pieno centro a Palermo proprio in quegli anni: “Tra le selvaggi tigri”, “Ad augusta per angusta” e “VIII X MCML, XXXI”.
Messina Denaro è stato il padrino carismatico di Cosa nostra, uno dei volti della stagione delle stragi e quella degli affari. Nonostante la clandestinità, non rinunciò a una vita movimentata, come dichiarato ai magistrati: “La mia vita non era solo a Campobello. Dovevo gestire la latitanza, ma dovevo continuare a vivere, non potevo certo vegetare“. Ha anche ammesso “frequentazioni romane“, rivelando di avere accesso a una barca a Ostia.
Le forze dell’ordine stanno ora analizzando le quindici identità diverse che il boss utilizzava, quasi tutte riconducibili a persone originarie di Campobello di Mazara. Durante l’interrogatorio, Messina Denaro ha sottolineato la quantità di documenti falsi di cui disponeva, affermando che provenivano da Roma e che erano di “qualità”. Tra i suoi fornitori c’era Domenico Nardo, imprenditore romano arrestato nel 2009, che gestiva un’agenzia di servizi e forniva al boss documenti falsi.
Anche i due smartphone sequestrati a Messina Denaro potrebbero fornire ulteriori dettagli, suggerendo possibili spostamenti all’estero. Da Verona, dove si recava spesso un imprenditore vinicolo a lui vicino, Domenico Scimonelli, avrebbe potuto facilmente raggiungere Vienna o altre località. Scimonelli, titolare dell’azienda vinicola “Occhio di Sole” di Partanna, vantava riconoscimenti internazionali e intratteneva affari con mercati come India e Stati Uniti.
La procura di Palermo, guidata da Maurizio de Lucia, continua le indagini per dare un nome e un volto ai complici che hanno protetto la lunga latitanza di Matteo Messina Denaro. Tra questi spiccano figure dai soprannomi curiosi: “Parmigiano”, “Reparto” e “Fragolina”. Una rete intricata che ha garantito al padrino di continuare a muoversi indisturbato per decenni, protetto da istituzioni, massoneria e faccendieri del mondo delle professioni.

In foto: Matteo Messina Denaro a Verona, nel 2006

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