Quando pensiamo all’energia la prima cosa che ci viene in mente è senza dubbio l’importo delle nostre bollette. Con lo scoppio della guerra in Ucraina ci siamo accorti ulteriormente di come il prezzo della materia prima possa oscillare in maniera vorticosa al variare di eventi di così grossa portata geopolitica. La guerra ha contribuito a un cambio di mentalità, forse un po’ anche per necessità, e non più solo famiglie ed enti locali, ma anche molte imprese si sono avvicinate al mondo delle CER, le comunità energetiche rinnovabili.
In questi anni vi abbiamo più volte parlato di questa modalità che, in sostanza, crea delle piccole comunità di produttori-consumatori di energia – locale, pulita e rinnovabile – mettendoli in rete fra loro. Abbiamo imparato a conoscerne il funzionamento, vi abbiamo raccontato le tante esperienze sparse in Italia, ma oggi vogliamo approfondire un aspetto in particolare: la CER conviene economicamente? Proviamo a rispondere a questa domanda partendo dal presupposto che per legge la comunità energetica non deve perseguire il profitto finanziario, ma deve fornire benefici sociali, ambientali ed economici.
Le CER sono uno strumento potentissimo per attivare i cittadini: il contesto normativo italiano e il percorso che ha portato alla loro creazione può generare diverse complessità nella gestione dell’avvio ma è al contempo una potenzialità. Secondo Davide Painini, membro della squadra delle CER di ènostra, l’effettiva sostenibilità si comincia a quantificare solo adesso soprattutto per i progetti avviati da qualche anno, ma è fondamentale il punto di partenza. È necessario avere sin da subito le idee chiare, valutare gli strumenti di gestione e le forme societarie di partecipazione rispetto al tipo di comunità energetica che si vuole realizzare.
«Oltre al prezzo dell’energia, bisogna considerare anche la gestione degli impianti, sia che siano di proprietà della CER sia che siano di terzi. In quest’ultimo caso, se gli accordi non sono ben fatti la comunità può ritrovarsi senza impianto e quindi senza produzione e senza incentivi. Viene compromessa la potenziale stabilità della CER. Le comunità energetiche possono attrezzarsi e tenerne conto: ad esempio quelle seguite da ènostra cercano sempre nuovi membri per distribuire il rischio. Se accolgo nuovi produttori, anche in caso di rinuncia da parte di qualcuno si mantiene comunque una stabilità oltre al raggiungimento dell’obiettivo di fondo della normativa, ovvero un mercato elettrico più efficiente e inclusivo, più legato ai territori e non a una produzione centralizzata».
IL FUTURO PROMETTENTE DELLE COMUNITÀ ENERGETICHE
Il futuro delle CER, secondo le nuove direttive, sembra essere promettente, non solo per la produzione e la condivisione di energia, ma anche per la possibilità di fornire, ad esempio, servizi di bilanciamento e servizi per le auto elettriche, di rispondere alle esigenze della rete locale e sostenerla quando ha bisogno di energia, continuando a essere retribuita per il servizio che ha svolto. Scenari in divenire che si trasformeranno in possibilità.
Inoltre, come sottolinea Sergio Olivero, Responsabile Business & Finance Innovation dell’Energy Center del Politecnico di Torino, «con l’entrata in vigore dal 1 gennaio 2025 del TIDE, il Testo Integrato del Dispacciamento Elettrico, le comunità energetiche contribuiranno a nuovi modelli di business capaci di creare valore e quindi di ridistribuirlo, ma dovranno rapportarsi alla pari con le utilities. La redditività legata all’incentivo sull’energia condivisa al livello di cabina primaria sarà solo un parte, da quest’anno è possibile fare molto altro ma non possono essere gestite a livello di una piccola comunità energetica, sarebbe di aiuto un soggetto specializzato che le gestisca».
Per le comunità energetiche sono previste due diverse forme di incentivi sull’energia auto-consumata. La prima è una tariffa incentivante sull’energia prodotta da rinnovabili e auto-consumata virtualmente dai membri della CER e viene riconosciuta dal Gse per un periodo di vent’anni a partire dalla data di entrata in funzione dell’impianto. La tariffa è compresa tra 60 e 120 euro per megawattora (MWh) in funzione della taglia dell’impianto e del valore di mercato dell’energia.
È prevista un’ulteriore maggiorazione fino a 10 euro/MWh rispetto alla localizzazione geografica degli impianti fotovoltaici. Il secondo incentivo, definito dall’Arera – l’Autorità per l’energia, le reti e l’ambiente, è un corrispettivo di valorizzazione per l’energia auto-consumata del valore di circa 8 euro per megawattora. Inoltre, tutta l’energia elettrica rinnovabile prodotta ma non auto-consumata resta nella disponibilità dei produttori ed è valorizzata a condizioni di mercato.
È previsto anche un contributo a fondo perduto fino al 40% dei costi ammissibili, finanziato dal PNRR e rivolto alle comunità i cui impianti sono realizzati nei Comuni sotto i 5000 abitanti. Come ci diceva già nel 2022 Olivero, «questo è un bene perché rappresenta un aiuto concreto per i piccoli territori, ma al tempo stesso costituisce un limite, poiché realtà così piccole non hanno quasi mai al loro interno le capacità per gestire questi progetti».
Il Comune di Magliano Alpi – un paesino di 2000 abitanti di cui l’Energy Center è partner strategico – è riuscito a creare rapporti con altri piccoli Comuni per fare rete, intercettare i fondi PNRR e favorire la nascita di CER. Era il 18 dicembre del 2020 quando si è costituita ufficialmente la Comunità Energetica di Magliano Alpi, un progetto pilota che sta lavorando per ampliarsi. Un impianto di 19,9 KWh disposto sul tetto del Comune e sette utenti consumatori.
LE CER DI MAGLIANO ALPI E FERLA: LA TESTIMONIANZA DEI SINDACI
Come racconta il sindaco, Marco Bailo, «da quando abbiamo costituito la CER sono cambiate molte cose a partire dalle nuove normative con cui bisogna stare al passo se si vuole crescere. Tolte le spese di gestione, oltre alla vendita dell’energia e al risparmio in bolletta, sul nostro conto abbiamo un importo di oltre 4000 euro. I soci che hanno deciso di partecipare non erano spinti da motivazioni economiche: al momento gli utili non sono stati distribuiti. Ci ritroveremo a marzo per discuterne, ma probabilmente verranno utilizzati per usi sociali».
Più o meno lo stesso si verifica a Ferla, uno tra i primi Comuni in Italia ad aver aderito a un processo di transizione energetica con la direttiva europea sulle comunità energetiche. Il primo progetto pilota in Sicilia, attivo da febbraio 2022, è stato proprio quello del Comune siracusano nato grazie a un processo partecipato insieme all’Università di Catania e all’intera cittadinanza. Anche in questo caso si tratta di un impianto di 20 KWh a cui, oltre al Comune, hanno aderito altri quattro soggetti; adesso è in fase di espansione sia della potenza installata che della compagine sociale iniziale.
«Periodicamente vengono suddivise le ripartizioni che provengono dal GSE, ma abbiamo previsto un accantonamento per eventuali conguagli che il GSE stesso può riservare alla comunità, una piccola riserva legale nel caso di contenziosi e per far fronte alle esigenze organizzative gestionali della realtà», sottolinea Michelangelo Giansiracusa, sindaco di Ferla. «Al Comune, che è anche produttore, spetta un maggiore incentivo che stiamo mettendo da parte a favore della comunità».
«Pensiamo a un bando che incentivi i cittadini a realizzare nuovi impianti fotovoltaici con l’unico vincolo che siano messi al servizio della CER», conclude il sindaco. «Non è facile mettere in piedi una CER, con l’ampliamento da qui ai prossimi mesi sarà ancora tutto più fluido, ma è certo che questo nucleo iniziale sta funzionando dal punto di vista economico, ma soprattutto da quello sociale e ambientale. Ed eticamente è anche giusto così, altrimenti sarebbe un’azione speculativa come tante altre».
In conclusione, è difficile dare una risposta univoca alla domanda da cui è partita questa analisi: fare una comunità energetica conviene? Ma come ci dicono i due sindaci interpellati l’intento di chi aderisce a questo tipo di iniziativa non è speculativo, ma è quello di generare un impatto positivo sul territorio, anche dal punto di vista economico, e questo sicuramente è un obiettivo che le CER centrano in pieno.
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