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L’agricoltura abruzzese, da sempre parte integrante del tessuto economico e sociale della regione, sta attraversando una fase di profondo mutamento caratterizzata da luci e ombre. Il settore sta infatti affrontando un periodo di significativa contrazione del numero di imprese e di adattamento alle nuove sfide poste dai cambiamenti climatici, dalla globalizzazione dei mercati e dalla crescente domanda di prodotti di qualità.

Questa fase di transizione richiede un’attenta analisi delle criticità e delle potenzialità, al fine di individuare strategie efficaci per garantire la sopravvivenza e lo sviluppo di un settore fondamentale per l’economia e l’identità regionale. 

I dati Istat fotografano una situazione preoccupante: tra il 2010 e il 2020 le aziende agricole abruzzesi sono diminuite del 33,4%, passando da oltre 66mila a circa 44mila. Questo calo, seppur allarmante, non si traduce in una riduzione proporzionale della Superficie Agricola Utilizzata (SAU), che si è contratta solo dell’8,6%, indicando un fenomeno di accorpamento e di crescita dimensionale delle aziende rimanenti.

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A tutto ciò si aggiungono le avversità climatiche degli ultimi anni, come l’eccesso di pioggia del 2023 che ha danneggiato numerose colture, hanno messo a dura prova il settore. Per dare un sostegno al settore la Regione Abruzzo ha pubblicato a novembre 2024 un bando che offre contributi a fondo perduto per l’abbattimento degli interessi passivi su finanziamenti contratti con banche o intermediari finanziari. 

Il bando testimonia l’impegno delle istituzioni nel sostenere un comparto strategico per l’economia regionale, colpito da avversità che ne mettono a rischio la sopravvivenza. Ma l’importanza del settore agricolo è riconosciuta anche a livello sovranazionale. L’Unione Europea, ad esempio, eroga fondi e contributi a fondo perduto destinati alle imprese agricole, nell’ambito della Politica Agricola Comune (PAC) per promuovere la competitività, la sostenibilità e l’innovazione nel settore. A conferma del suo ruolo strategico non solo per l’economia nazionale.

Un settore trainato dalle famiglie, ma con poche giovani leve

L’agricoltura abruzzese si connota per la forte presenza di aziende a conduzione familiare: ben il 97% opera con questa struttura. Questo dato, se da un lato riflette il radicamento nel territorio e la trasmissione di saperi tradizionali, dall’altro solleva interrogativi sulla capacità di rinnovamento e di adattamento alle nuove esigenze del mercato. Le imprese familiari, spesso di piccole dimensioni, possono incontrare maggiori difficoltà nell’accesso al credito e negli investimenti in innovazione tecnologica, necessari per aumentare la produttività e la competitività. 

Un altro elemento critico è la scarsa presenza di giovani imprenditori: solo il 10,3% dei conduttori di aziende agricole in Abruzzo ha meno di 45 anni, a fronte di una media nazionale del 13,5%. Questo gap generazionale rappresenta un ostacolo al ricambio e all’innovazione nel settore. 

Al contrario, l’Abruzzo si distingue per un’elevata presenza femminile: il 35% delle aziende agricole è guidato da donne, un dato significativamente superiore alla media nazionale (31,5%). Questo dato positivo testimonia il ruolo crescente delle donne nell’imprenditoria agricola e la loro capacità di coniugare tradizione e innovazione.

Oltre all’aspetto generazionale, un altro elemento di debolezza dell’agricoltura abruzzese riguarda gli investimenti in innovazione. Tra il 2018 e il 2020, solo il 7,3% delle aziende agricole abruzzesi ha effettuato investimenti in innovazione in almeno una fase tecnica di produzione, contro una media nazionale dell’11%. Questo ritardo nell’adozione di nuove tecnologie e pratiche agricole innovative rischia di compromettere la competitività del settore nel lungo periodo. Nonostante le difficoltà, l’agricoltura biologica rappresenta un’area di crescita: il 15,3% dei terreni agricoli abruzzesi è coltivato a biologico, seppur leggermente al di sotto della media nazionale. 

Infine, il settore agrituristico si conferma una risorsa importante per la regione, con 588 strutture attive nel 2021, per la maggior parte (65%) situate in zone collinari e il restante in aree montuose. Significativa anche in questo ambito la presenza femminile, con le donne a capo del 47% delle aziende agrituristiche.

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