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Ci vuole calma, e sangue freddo. Il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, ha dato indicazione ai suoi funzionari di aspettare a redigere i decreti che determineranno l’innalzamento dell’età pensionabile. Dopo la polemica scatenata dalla Cgil, che per prima si è accorta che il sito dell’Inps aveva autonomamente aggiornato i requisiti per andare in pensione alla luce dell’aumento dell’aspettativa di vita, il ministro ha sottolineato che una decisione non è ancora stata presa. “La politica avrà tutto il tempo per fare le sue riflessioni e sterilizzare eventualmente questo aumento”, ha spiegato il ministro, ricordando che i dati definitivi dell’Istat dovrebbero uscire a marzo. Fino ad allora sul tema non sarà detta l’ultima parola, anche se nelle intenzioni di Giorgetti ci sarebbe la sterilizzazione degli aumenti. Nelle stesse ore, però, si è fatta sentire forte e chiara la voce di Itinerari Previdenziali. “Negli ultimi anni abbiamo esagerato con i pensionamenti anticipati”, ha avvertito il presidente Alberto Brambilla, che ha lanciato la sua controproposta: un “superbonus” per chi volontariamente desidera lavorare fino ai 71 anni.
“Non è nessun pasticcio, è semplicemente che ci sono dei documenti tecnici”, ha spiegato Giorgetti all’Ansa nel tentativo di mettere fine alle polemiche sulla fuga in avanti dell’Inps, che dopo le polemiche ha comunque ripristinato le simulazioni precedenti. Che la speranza di vita sia cresciuta, però, è un dato di fatto e se il meccanismo di adeguamento fosse confermato per gli aumenti sarebbe solo questione di tempo. “Questo è l’andamento che viene certificato dall’Istat e dall’evoluzione demografica ma non c’è e non ci sarà nessun decreto direttoriale finché la politica non si esprimerà e deciderà come comportarsi”, ha aggiunto Giorgetti. Parole che, secondo il sottosegretario al Lavoro Claudio Durigon, “confermano che è stato sollevato un polverone per niente. La questione dell’innalzamento dell’età pensionabile discende, infatti, da documenti tecnici inapplicabili in assenza dei dati definitivi che l’Istat deve ancora dare”. Anche se l’Istituto di statistica confermasse l’aumento dell’aspettativa di vita, però, Durigon ha promesso che “ci impegneremo a bloccare ogni inasprimento dei requisiti”.
Di diverso avviso è il Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali, punto di riferimento per il settore, che nel suo 12° Rapporto sul sistema pensionistico italiano ha evidenziato le storture principali. “La demografia è già partita e noi siamo in ritardo”, ha spiegato il presidente Alberto Brambilla durante la conferenza stampa di presentazione. “Alla fine della Seconda Guerra Mondiale, l’aspettativa di vita in Italia era di 59 anni, mentre nelle settimane scorse l’Istat ci ha fatto sapere che ormai viaggiamo verso gli 83 anni”. Per questo, se da un lato il sistema pensionistico è stato reso più sostenibile dall’aumento dell’occupazione, dall’altro è messo sotto stress dall’aumento del numero di pensionati. “Nel 2007 avevamo raggiunto la cifra record di 16 milioni e 700 mila pensionati. Grazie alle riforme, nel 2018 abbiamo toccato i 16 milioni e le previsioni indicavano che avremmo proseguito questa discesa. La curva è invece tornata a salire perché, forse, abbiamo esagerato un po’ troppo con gli anticipi, a partire da Quota 100”. Per effetto di queste riforme “generose”, l’età media di accesso alla pensione anticipata è scesa dai 62,4 anni del 2019 ai 61,7 nel 2023, creando una platea di giovani pensionati che percepiranno a lungo un assegno. Già oggi, secondo i dati illustrati da Brambilla, “abbiamo 400 mila pensionati che stanno ricevendo una prestazione da oltre 40 anni e un terzo dei pensionati che la prende da oltre 20 anni”.
Partendo da queste considerazioni, le proposte di Itinerari Previdenziali riguardano due aspetti principali. Il primo è l’applicazione ai requisiti pensionistici degli stabilizzatori automatici tanto avversati dalla Lega, con l’obiettivo di adeguare i requisiti di età anagrafica all’aumento delle aspettative di vita. Da questo ragionamento, secondo Brambilla, dovrebbe però essere escluso l’aggiornamento dei requisiti contributivi: chi ha versato contributi per 42 anni e 10 mesi (o 41 anni e 10 mesi per le donne) dovrebbe mantenere il diritto alla pensione, senza nessun adeguamento al rialzo. Lo stesso vale per chi, a 64 anni di età, ha già versato contributi per 38 anni. In altre parole, secondo Brambilla sarebbe giusto aumentare l’età per il pensionamento al di sopra dei 67 anni, ma non ritoccare i requisiti per chi ha già una lunga carriera alle spalle. A questa proposta se ne affianca un’altra che sposterebbe ancora più in là l’orizzonte per gli attuali lavoratori: la reintroduzione di un “superbonus” per chi desidera lavorare fino ai 71 anni. Per questi volontari, si dovrebbe prevedere la possibilità di fruire per tre anni del 33 per cento di contributi in busta paga, al netto delle imposte.
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