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Un progetto per recuperare gli scarti delle terre rare.
Sviluppare un riciclo sostenibile dei materiali di scarto delle “terre rare”, elementi chimici fondamentali in settori produttivi strategici come le energie rinnovabili, la mobilità elettrica, l’elettronica e l’ottica. È l’obiettivo del progetto internazionale Freecover (Eco-friendly hydrometallurgy for rare earths recycling) coordinato dall’Università di Udine e finanziato dall’Unione europea con 777mila euro.
Per la Commissione europea il riciclo degli scarti delle “terre rare” è strategico per ridurre il rischio di approvvigionamento per l’industria con le conseguenti potenziali tensioni sui prezzi. Le “terre rare” sono impiegate per produrre, ad esempio, le auto elettriche, gli smartphone, le turbine eoliche, le fibre ottiche. La ricerca si focalizzerà sul recupero di questi elementi da magneti permanenti.
L’iniziativa progettuale coinvolge altri nove partner, scientifici e industriali, di sette Paesi: Bosnia ed Erzegovina, Cuba, Irlanda, Italia, Serbia, Slovenia e Spagna. Dal progetto nasceranno attività congiunte di ricerca, sviluppo e innovazione attraverso una rete di collaborazioni internazionali permanenti tra centri di ricerca e imprese. L’Ateneo friulano sarà impegnato con un gruppo di ricerca del Dipartimento Politecnico di ingegneria e architettura guidato da Andrea Melchior, professore di fondamenti chimici delle tecnologie. Freecover è stato finanziato da Bruxelles nel quadro delle Marie Skłodowska-Curie Actions Staff Exchanges.
“Il progetto – spiega Melchior – lavorerà per dimostrare l’efficacia dell’uso di materiali derivati da risorse naturali per la progettazione di un processo di recupero sostenibile delle terre rare, a partire da materiali di scarto. In particolare, la nostra ricerca si focalizzerà sul recupero di questi elementi da magneti permanenti”.
Le “terre rare”.
I “Rare earth elements”, o “terre rare”, sono un gruppo di 17 elementi chimici, non propriamente “rari” nel senso di essere scarsi nella crosta terrestre. Il termine si riferisce alla complessità della loro estrazione e del loro utilizzo. La ragione principale di quest’ultimo fattore è che, essendo chimicamente molto simili, sono difficili da separare dai minerali di partenza che normalmente le contengono in miscela. Inoltre, sebbene siano presenti in molte parti del mondo, la produzione di “terre rare” è concentrata in poche aree, dove i depositi sono economicamente convenienti da sfruttare.
Materiali strategici
Gli elementi delle terre rare sono cruciali per i settori produttivi strategici per l’Unione Europea e non sono sostituibili da altri materiali con pari prestazioni. La Commissione europea li ha classificati come “materie prime critiche” per l’alto rischio di approvvigionamento in presenza di una domanda prevista in costante crescita nei prossimi anni. Nel contesto globale, la Cina ha circa il 70% della produzione di terre rare, ma raggiunge il 90% se si considera la trasformazione dei minerali da cui derivano.
“Di conseguenza – sottolinea Melchior – la Commissione ha identificato il riciclo delle terre rare da questi materiali una delle strategie principali per ridurre il rischio di approvvigionamento per l’industria con le conseguenti potenziali tensioni sui prezzi”.
Il kick-off meeting
Giovedì 16 gennaio, alle 9.30, nella Sala Bianca del polo scientifico dell’Ateneo (via delle Scienze 206, Udine), si terrà l’incontro di avvio del progetto Freecover. Interverranno, fra gli altri, il rettore, Roberto Pinton, il direttore del Dipartimento Politecnico di ingegneria e architettura, Alessandro Gasparetto, e il coordinatore del progetto, Andrea Melchior.
Il progetto coinvolge: due partner serbi, l’Università di Novi Sad il Vinča Institute of Nuclear Sciences; due spagnoli, l’Università autonoma di Barcellona e l’azienda Aeris Tecnologías Ambientales; le Università di Lubiana (Slovenia), Verona e di L’Avana (Cuba); l’azienda irlandese Sustainable Innovation Technology Services e l’azienda bosniaca AD Harbi.
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