Fabbrica in vendita online e i lavoratori lo scoprono per caso

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Il mondo del lavoro italiano si trova di nuovo di fronte a un caso emblematico di incertezza e mancata trasparenza. La notizia della messa in vendita online della fabbrica ex Sogefi di Sant’Antonino di Susa, ora operativa sotto il nome di Purflux Group, ha scosso profondamente i lavoratori e i sindacati, lasciati all’oscuro fino alla comparsa dell’annuncio su un noto portale immobiliare.

L’impianto, un tempo fiore all’occhiello del settore automotive, potrebbe diventare l’ennesima vittima di una crisi che, da tempo, mina il tessuto industriale del Piemonte.

La scoperta dell’annuncio su immobiliare.it, che presenta la fabbrica di viale IV Novembre 19 come disponibile alla vendita “su richiesta”, è stata un colpo inaspettato per i circa 100 addetti dello stabilimento. Con i suoi 65.000 metri quadrati totali, di cui 22.000 dedicati alla produzione e al magazzino, la struttura industriale comprende anche uffici, una mensa e locali tecnici. Tuttavia, ciò che manca è la chiarezza: né i lavoratori né i sindacati erano stati informati della decisione.

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“La comunicazione interna è stata inesistente. Abbiamo scoperto tutto casualmente, come chiunque altro avrebbe fatto navigando online,” denunciano i rappresentanti sindacali.

La vendita della fabbrica non è un caso isolato, ma un tassello di una crisi più ampia che colpisce il settore automotive. La transizione verso la mobilità sostenibile, combinata con una stagnazione economica globale, sta mettendo in difficoltà molte aziende, obbligate a ristrutturare o chiudere. Per lo stabilimento di Sant’Antonino, la vendita sembra un ulteriore segnale di allarme in un territorio già duramente colpito da precedenti crisi industriali.

La reazione dei sindacati: “Chiediamo chiarezza”

La Federazione Italiana Metalmeccanici (FIM) ha espresso tutta la sua preoccupazione per la gestione della vicenda. “Ci aspettavamo il nuovo piano industriale, invece è arrivata la notizia della vendita. È un cambio di rotta che non ci era stato comunicato,” ha dichiarato Marco Barbieri, presidente della FIM.

Un incontro con la direzione, inizialmente previsto per il 20 gennaio, è ora diventato il momento decisivo per cercare risposte. Nel frattempo, l’azienda tenta di rassicurare i lavoratori affermando che la produzione continuerà anche dopo la vendita, ma i dubbi sul futuro restano. I timori di una chiusura o di una delocalizzazione sono troppo reali per essere ignorati.

La vicenda di Sant’Antonino di Susa ricorda episodi analoghi, come quello della ex Embraco di Riva presso Chieri, anch’essa fallita e poi messa in vendita online. Episodi che evidenziano la fragilità del sistema industriale italiano, spesso incapace di offrire soluzioni concrete ai lavoratori coinvolti.

“Questi casi sono sintomatici di un sistema che fatica a garantire tutele e trasparenza nei momenti di crisi,” osservano gli esperti di economia industriale.

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La politica si mobilita: interrogazione parlamentare in arrivo

La notizia non è passata inosservata sul piano politico. Il deputato Marco Grimaldi, esponente dell’Alleanza Verdi-Sinistra, ha annunciato un’interrogazione parlamentare al ministro delle Imprese, Adolfo Urso, per fare chiarezza sulla situazione. L’obiettivo è garantire che la vendita non si traduca in una perdita occupazionale per i lavoratori dello stabilimento e, più in generale, per il territorio.

“La politica deve intervenire per assicurare una gestione responsabile di queste crisi e per proteggere i diritti di chi lavora,” ha dichiarato Grimaldi.

La vendita della fabbrica di Sant’Antonino di Susa rappresenta un simbolo dei tempi difficili che il settore industriale italiano sta attraversando. In un contesto di crescente precarietà e transizioni economiche, la mancanza di trasparenza e comunicazione non fa che peggiorare la situazione, lasciando i lavoratori in balia degli eventi.

Questo caso solleva domande cruciali: come garantire un futuro stabile ai lavoratori? Quali strategie possono essere adottate per prevenire crisi simili? E, soprattutto, come può il sistema industriale italiano adattarsi ai cambiamenti globali senza sacrificare il capitale umano?

Mentre il destino della fabbrica rimane incerto, una cosa è chiara: il futuro dei lavoratori e della comunità non può essere lasciato appeso a un annuncio su un sito web.

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