Correggere le tante deroghe previste dalla riforma Fornero e utilizzare i criteri per l’adeguamento dell’età pensionabile che sono uno stabilizzatore fondamentale e irrinunciabile del sistema. Nessun allarme sulla sostenibilità del sistema previdenziale, ma bisogna considerare che viaggia su un equilibrio sottile: per essere mantenuto nel tempo ha bisogno di scelte coraggiose, anche per affrontare l’andamento demografico e il sempre maggior peso dell’assistenza sul sistema pensionistico che richiderebbero incentivi sul welfare complementare. Dal rapporto emergono alcuni indicatori utili a valutare la sostenibilità della previdenza pubblica italiana: aumenta, ancora una volta, il numero di pensionati, che salgono dai 16,131 del 2022 ai 16,230 milioni del 2023 (+98.743); dopo la forte crisi causata da Covid, prosegue la netta risalita del tasso di occupazione, che a fine 2023 sfiorava il 62%, pur restando tra i più bassi d’Europa; trainato soprattutto dal numero degli occupati, risale fino a quota 1,4636 il rapporto tra attivi e pensionati, che fa segnare il miglior dato di sempre nella serie storica tracciata dal rapporto. Parlando con MF-Newswires il presidente di Itinerari previdenziali, Alberto Brambilla, commenta i dati del 12* rapporto su Il bilancio del sistema previdenziale italiano. Andamenti finanziari e demografici delle pensioni e dell’assistenza per l’anno 2023 con un approfondimento sui saldi delle singole gestioni Inps.
Perché è necessario adeguare requisiti previdenzialiÂ
Nei giorni scorsi ha tenuto banco la polemica sull’adeguamento dei requisiti per andare in pensione da parte dell’Inps, poi smentita dall’Istituto. “L’ultimissima polemica scatenata dall’aggiornamento del simulatore Inps ha in realtà riguardato l’anzianità contributiva richiesta per la pensione anticipata, oggi bloccata per legge fino al 2026 a 42 anni 10 mesi per gli uomini, e uno in meno per le donne”, ha spiegato Brambilla. “L’aggancio dell’anzianità contributiva all’aspettativa di vita è un evidente errore della riforma Monti-Fornero a ora non corretto, ma va detto che l’esecutivo ha ancora a disposizione un intero anno e un’altra legge di Bilancio per sanare questa stortura. Diverso è il caso dell’età pensionabile e dell’adeguamento dei requisiti di età anagrafica alla speranza di vita, che rappresenta un fondamentale – e direi irrinunciabile – stabilizzatore automatico del nostro sistema pensionistico”, ha proseguito.
“L’Italia sta vivendo la più grande transizione demografica della propria storia e in campo pensionistico servono scelte coerenti con i trend demografici: non dobbiamo dimenticare che prestazioni “corrette”, e quindi sostenibili, sotto il profilo attuariale non dovrebbero superare i 20-25 anni. Certo, di pari passo agli adeguamenti, occorrerebbe però provvedere a una seria revisione dei nostri modelli produttivi, volti a favorire un’adeguata permanenza sul lavoro delle fasce più senior della popolazione. A cominciare da un sistema di contrattazione collettiva che al momento praticamente non prevede un riadeguamento delle mansioni all’avanzare dell’età neppure per i settori più gravosi fisicamente”, ha aggiunto Brambilla.
Incentivi per la previdenza complementare
“In un Paese caratterizzato dalla più grande transizione demografica di tutti i tempi, considerati i vincoli di bilancio e l’elevata spesa sociale sostenuta dal welfare pubblico, è sempre più urgente – anzi, l’Italia è già in forte ritardo – un ammodernamento del sistema di protezione sociale con un vigoroso passaggio dal welfare state, che sostiene oggi la parte preponderante della spesa, al welfare mix, più coerente con le esigenze e le sfide dei tempi, dove pubblico e privato devono cooperare per garantire il mantenimento dell’attuale livello di protezione sociale, soddisfacendo anche le previsioni di cui all’art. 38 della Carta Costituzionale”, ha proseguito Brambilla spiegando che per riuscirci però “la politica deve recuperare i ritardi accumulati in questi anni rafforzando i fondi pensione e prevedendo una normativa che favorisca e incentivi le forme socio-sanitarie e le coperture LTC”.
Tuttavia, anche la Legge di Bilancio per il 2025 “non prevede nulla per il welfare complementare: nessuna agevolazione e incentivazione per i fondi pensione, per le prestazioni LTC che potrebbero confluire nei fondi socio-sanitari ed essere gestite dai fondi pensione, nulla sulle forme di assistenza sanitaria integrativa, cui sono iscritti oltre 16,5 milioni di italiani e per le quali mancano ancora una legge quadro e la vigilanza nonostante possano risolvere buona parte dei problemi del nostro Ssn. Ne avremmo un gran bisogno perché la società invecchia”.
La gestione dei dipendenti pubbliciÂ
Il disavanzo della gestione dei dipendenti pubblici è passato da 33 miliardi pre-pandemia a oltre 44 miliardi nel 2023. “Sicuramente quella dei dipendenti pubblici è la gestione che presenta il disavanzo maggiore: al 2023 il deficit è di 44.021,8 milioni, cifra che però si ridurrebbe se venisse computato nelle entrate il contributo aggiuntivo dello Stato alle Casse pensioni dei dipendenti Statali che ammonta a 10.800 milioni. Parliamo in ogni caso di una situazione che parte da lontano e influenzata da fattori strutturali come la composizione dei beneficiari di pensione o il turnover degli attivi che richiederanno tempo per essere sanati. Guardiamo a qualche numero: partiti da un rapporto che corrispondeva a una pensione erogata ogni 2,2 contribuenti attivi, al 2023 si è ormai prossimi a una pensione liquidata per ogni lavoratore attivo, con evidenti effetti sui saldi di gestione”.
La strada dell’ultima Legge di Bilancio, quella del trattenimento al lavoro, agendo sulle età di pensionamento o tramite bonus e incentivi “può tracciare una soluzione ma occorre al tempo stesso considerare che l’impatto di un ulteriore innalzamento dell’età di pensione produrrebbe scarsi effetti sul rapporto attivi/pensionati, mentre lo stesso allungamento delle carriere implicherebbe un valore più alto del rapporto tra pensione media e reddito medio. D’altra parte, stiamo parlando di una categoria professionale dall’età media piuttosto elevata, quindi andrà comunque messo in conto un inevitabile passaggio generazionale. Serve tempo”, ha proseguito Brambilla.
Il peso dell’assistenza sul welfare
Nel rapporto emerge in modo netto il peso dell’assistenza nel welfare. Secondo il presidente di Itinerari previdenziali “va proprio creata la banca dati sull’assistenza che permetterebbe di sapere chi sono i soggetti che beneficiano di prestazioni assistenziali, bonus e sussidi (e da quanto tempo), incrociando le informazioni in arrivo dai diversi possibili enti erogatori (Stato, Regioni, comuni e così via): solo così si potrebbero risparmiare almeno 15 miliardi l’anno attraverso la presa in carico – che è cosa ben diversa dalla costante concessione di aiuti monetari fini a loro stessi – di quanti hanno davvero bisogno, creando per loro percorsi di uscita da condizioni di povertà o altre situazioni critiche. Eppure, nonostante il forte impulso alla loro creazione impresso dal governo Draghi continuano appunto a mancare sia la banca dati sia l’anagrafe centralizzata dei lavoratori attivi, previste da norme del 2004 e dal 2015. Per il resto, è abbastanza evidente che prove dei mezzi facilmente aggirabili come l’Isee possono favorire lavoro nero o sommerso. Ecco perché, in un Paese ad alta infedeltà fiscale come l’Italia, occorrerebbero maggiori controlli e una macchina organizzativa più efficiente. Giusto per fare un esempio, in molti altri Paesi se si arriva a 35 anni di età senza aver mai reso una dichiarazione dei redditi si viene convocati per capire di cosa si viveà Così non ci si stupisce poi di soggetti che arrivano a 67 anni di età a presentare domanda per l’assegno sociale risultando pressoché sconosciuti a fisco e Inps”.
***** l’articolo pubblicato è ritenuto affidabile e di qualità *****
Visita il sito e gli articoli pubblicati cliccando sul seguente link