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In un’Italia che si urbanizza sempre di più, emerge una necessità sempre più pressante: riportare la natura al centro delle città. Questo non è più un lusso, ma una risposta urgente alle sfide del cambiamento climatico e alla ricerca di un equilibrio tra uomo e ambiente. Nel Mezzogiorno, e in particolare in Puglia e Basilicata, si sta assistendo a una trasformazione lenta ma significativa, che punta a integrare il verde urbano non solo per mitigare gli effetti del caldo e dell’inquinamento, ma anche per creare comunità più coese e vivibili. Il cuore di questa trasformazione risiede nella biofilia, il nostro innato legame con la natura. Questo concetto, introdotto dal biologo Edward O. Wilson, sostiene che gli esseri umani siano biologicamente predisposti a connettersi con gli ambienti naturali.
La biofilia non è solo un’idea romantica, ma una necessità concreta per il benessere psicofisico. Uno studio pubblicato su The Lancet Planetary Health evidenzia che le persone che vivono in quartieri con maggiore densità di verde urbano hanno una riduzione fino al 20% del rischio di sviluppare stati depressivi. Un dato su tutti fa riflettere: un aumento del 20% delle aree verdi urbane può ridurre fino al 9% la mortalità legata alle ondate di calore. Questo significa salvare centinaia di vite ogni anno. In regioni come la Puglia, dove le estati sono sempre più torride e prolungate, le città si trovano a fare i conti con temperature insostenibili e qualità dell’aria in peggioramento. Bari, Lecce, Taranto e Foggia, per esempio, stanno sperimentando interventi di rigenerazione urbana che includono nuovi parchi, alberature stradali e tetti verdi.
Tuttavia, c’è ancora molto da fare: secondo i dati dell’ISTAT, queste città hanno una densità di verde urbano spesso inferiore al 10%, contro il 33% di città più virtuose come Sondrio. La biofilia ci offre anche una chiave per comprendere l’importanza emotiva e cognitiva della natura. Studi dell’Accademia Italiana di Biofilia (AIB), e altri pubblicati anche su Frontiers in Psychology rivelano che trascorrere almeno due ore a settimana in spazi naturali aumenta il senso di appagamento generale e migliora le relazioni sociali. Questo è particolarmente rilevante per le città del Mezzogiorno, dove la socialità e la vita all’aperto sono parte integrante della cultura locale.
In Puglia, iniziative come il «Bosco Urbano» nel quartiere Poggiofranco a Bari rappresentano un esempio di come il verde possa essere integrato in contesti urbani densi. Questo progetto mira non solo a creare un’oasi di frescura durante le torride estati, ma anche a migliorare la qualità dell’aria e offrire un luogo di aggregazione per la comunità. Un’altra iniziativa significativa è la piantumazione di alberi nei centri storici: a Lecce, per esempio, sono stati piantati ulivi e altre specie autoctone per arricchire la biodiversità urbana. Non possiamo poi dimenticare il potenziale dell’agricoltura urbana, una tendenza in crescita anche nel Mezzogiorno. Orti condivisi e giardini comunitari non solo rispondono a un bisogno di autosufficienza alimentare, ma rafforzano il legame dei cittadini con la terra. A Matera, un progetto di riqualificazione ha trasformato un’area periferica in un grande orto urbano, coinvolgendo scuole e residenti in un’esperienza di educazione ambientale e sostenibilità.
La Basilicata, dal canto suo, sta investendo sul verde urbano attraverso programmi come «Infrastrutture Verdi», finanziato con fondi europei, per migliorare la qualità del paesaggio urbano. Tuttavia, i numeri raccontano una realtà complessa: la città di Potenza, ad esempio, gestisce oltre 100 ettari di verde urbano con un budget annuale di appena 100.000 euro, una cifra insufficiente rispetto alle reali necessità. Il futuro delle città del Mezzogiorno passa anche attraverso l’adozione di piante autoctone, come querce, lecci e specie mediterranee resistenti al caldo e alla siccità. Queste piante, oltre a essere più sostenibili, richiedono meno manutenzione e offrono habitat ideali per insetti impollinatori e altre specie. Non si tratta solo di piantare alberi o costruire parchi, ma di ripensare completamente la pianificazione urbana, integrando la natura come elemento strutturale e non accessorio. Se queste regioni riusciranno a cogliere questa opportunità, non solo miglioreranno la qualità della vita dei loro abitanti, ma diventeranno un faro di innovazione per tutto il Paese.
* Pres. società italiana Medicina Ambientale (SIMA)
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