Rsa private in Veneto, è scontro sui posti letto: «La Regione taglia e non lo dice»

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di
Michela Nicolussi Moro

Boscaini (FI) attacca l’assessore alla Sanità Lanzarin. Ma le case di riposo pubbliche difendono il nuovo sistema di finanziamento

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Mentre nel Veneto diecimila anziani sono in lista d’attesa per entrare in casa di riposo (347 Rsa, totale di 32.983 posti letto), la politica infiamma la contestazione innescata dai Gruppi Gheron e Codess Sociale, con il sostegno dell’Aiop (Associazione italiana ospedalità privata), in merito alla nuova formula di finanziamento regionale delle Rsa definito «a budget cristallizzati». Significa, spiegano i gestori privati delle case di riposo (rappresentano 3500 posti letto), che per il 2025 la Regione assegnerà un budget fisso alle strutture accreditate sulla base del tasso di occupazione dei letti registrato da ognuna nel 2024. Ma se la richiesta quest’anno dovesse essere maggiore, una volta che una casa di riposo superasse il tetto di spesa all’anziano resterebbero solo due possibilità: o scegliere un’altra struttura ancora dotata di letti liberi in regime di accreditamento o ripiegare su quelli totalmente a pagamento (ogni Rsa ne ha), rinunciando alla quota sanitaria passata dalla Regione ai non autosufficienti, variabile tra i 52 e i 57,2 euro al giorno. Contributo definito «impegnativa di residenzialità» e integrato dalla quota alberghiera a carico invece degli ospiti, che si attesta tra i 56 e i 60 euro al giorno, in virtù anche dei recenti aumenti.

L’accusa: «Meno posti coperti dalla Regione»

Ad essere danneggiate, sempre secondo i privati (ma Aiop Veneto si dissocia, attribuendo l’iniziativa solo alla sede nazionale), sarebbero pure le realtà costrette a chiudere per ristrutturazione o appena aperte, quindi con un’occupazione dei letti accreditati molto limitata. L’equazione è: meno letti occupati uguale meno soldi. La sperimentazione è stata introdotta dalla giunta Zaia con delibera e per tre anni. «La ricaduta pratica del nuovo sistema di distribuzione delle risorse è la riduzione degli ingressi nelle Rsa degli anziani in possesso di impegnativa di residenzialità — denuncia Paola Boscaini, deputata veronese di Forza Italia —. La Regione copre meno posti letto, in alcune realtà il 15% di quelli accreditati, e le case di riposo sono costrette a lavorare in regime privatistico e a ridurre l’utenza. La tempesta perfetta: a danno di anziani e famiglie, che devono decidere tra rette insostenibili o rinunciare alla casa di riposo, e a scapito delle stesse Rsa, impossibilitate a garantire un servizio fondamentale. Tutto questo allunga ancor di più le liste d’attesa». Boscaini critica poi l’assessore a Sanità e Sociale, Manuela Lanzarin, che ha parlato di «fraintendimenti», assicurando che «nulla è cambiato». E infatti sta preparando le linee guida. «Si contraddice — punge la parlamentare — l’altra sera nel corso di un dibattito a Telearena ha negato il problema, salvo poi, incalzata da un direttore di Rsa, Franco Vallicella, fare retromarcia, dicendo che è consapevole delle criticità. Servirebbe maggiore onestà intellettuale per risolvere un problema così serio».




















































La rete pubblica apprezza la riforma

E i gestori pubblici, che secondo i privati sarebbero ancora più danneggiati dal cambio di rotta? In realtà vanno in sostegno della Regione. «Prima di tutto la legge regionale 22 del 2002 nel concedere l’autorizzazione all’attivazione di una Rsa specifica che non obbligatoriamente poi le sarà concesso l’accreditamento — ricorda Roberto Volpe, presidente di Uripa (l’Unione regionale degli istituti per anziani) — dipende dal regime di domanda e offerta e dalle risorse disponibili. In secondo luogo le nuove indicazioni, relative a un budget basato sull’attività svolta nel 2024, sono state concordate con la Regione da 21 sindaci, dai rappresentanti delle Rsa e delle 9 Usl nell’ambito di un tavolo di lavoro durato due anni. È stata scelta la formula ritenuta da tutti in grado di garantire il maggior equilibrio, fermo restando che un rischio d’impresa c’è sempre. È ovvio che se non si raggiunge il fatturato 2024 la Regione riduce il finanziamento, non può mica pagare un servizio non erogato».

«Ma perché — si chiede Volpe — tutte queste perplessità i privati non le hanno espresse a suo tempo, invece di pretendere adesso più soldi a scapito delle strutture pubbliche, alle quali verrebbero tolti per darli a loro? La coperta quella è: il fondo per gli anziani ammonta a 559,2 milioni di euro e deve sostenere Centri diurni, impegnative di residenzialità e stati vegetativi permanenti. È stato aumentato di 20 milioni di euro rispetto al 2023 perché su nostra richiesta, presentata proprio al tavolo di lavoro, la Regione ha accettato di aumentare da 56 a 57,2 euro al giorno la quota a sostegno degli ospiti con disturbi del comportamento, raddoppiati da 4mila a 8mila. Questi 20 milioni sono stati concessi per gli anni 2024, 2025 e 2026, per un totale di 60 milioni nel triennio». Il presidente dell’Uripa ammette poi gli aumenti delle rette alberghiere tra 1 e 3 euro al giorno a ospite all’anno, «per coprire i maggiori costi energetici e di personale», ma smentisce che la riforma leda la libertà di scelta dell’anziano. «Anche quando telefoni al Cup per una prestazione sanitaria devi accettare la struttura che propone i tempi di attesa più rapidi, altrimenti puoi scegliere di andare a pagamento», chiude.

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