Nuovi Lea, prestazioni a rischio per il ricorso sulle tariffe

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Avvio in salita per i nuovi Livelli essenziali di assistenza (Lea), stabiliti dal Dpcm 12 gennaio 2017 ma rimasti lettera morta da allora per la mancata approvazione del relativo tariffario. Il decreto che ha stabilito l’entrata in vigore dei nuovi Lea il 30 dicembre 2024, aggiornando le prestazioni della specialistica ambulatoriale (ferme al 1996) e della protesica (ferme al 1999) e le tariffe stabilite nel 2012, è stato subito “bloccato” da un ricorso al Tribunale amministrativo regionale (Tar) del Lazio e poi “ripristinato” il 31 dicembre dallo stesso Tar su istanza del ministero della Salute, in attesa della Camera di consiglio del prossimo 28 gennaio.

Le tariffe stabilite dal decreto del 25 novembre del ministro della Salute Orazio Schillaci (e del ministro dell’Economia e delle Finanze, Giancarlo Giorgetti) sono infatti giudicate insufficienti («tagli ai rimborsi fino al 70%») da centinaia di operatori della sanità privata accreditata (che hanno promosso il ricorso al Tar), rappresentati dall’Unione nazionale ambulatori, poliambulatori, enti e ospedalità privata accreditata (Uap), dalla Federazione delle Associazioni regionali o interregionali delle istituzioni sanitarie ambulatoriali private (Anisap) e dall’Associazione italiana ospedalità privata (Aiop).

Pochi giorni fa, in sede di risposta a un’interrogazione alla Camera, il ministro per i Rapporti con il Parlamento, Luca Ciriani, ha precisato che il processo di revisione di prestazioni e tariffe è un lavoro continuo e che «sarà possibile in tempi ragionevolmente brevi apportare tutte le eventuali modifiche che si riterranno opportune al tariffario vigente al fine di renderlo sempre più coerente con l’evoluzione dei costi di produzione».

È presto tuttavia per sapere se queste rassicurazioni di un continuo processo di aggiornamento e revisione sarà ritenuto sufficiente per interrompere la catena dei ricorsi. Anche se non tutti gli operatori hanno condiviso la logica dello scontro, come segnala la Federazione nazionale degli Ordini dei biologi (Fnob). E mentre le associazioni dei pazienti premono perché si passi presto all’aggiornamento di questi “nuovi” Lea con le prestazioni individuate come valide dal 2017 a oggi.

L’ultimo decreto del ministro della Salute corregge il precedente provvedimento (del giugno 2023), mai entrato in vigore per la mancata approvazione – nel marzo 2024 – da parte della Conferenza Stato-Regioni, e aggiorna 1.113 tariffe associate alle prestazioni di specialistica ambulatoriale e protesica sulle 3.171 che compongono il nomenclatore, ovvero il 35% del totale.

Per coprire i costi del nuovo nomenclatore, il ministero della Salute (che dichiara di avere avuto la collaborazione di strutture pubbliche e private sul territorio nazionale) ha previsto un maggior stanziamento di quasi 550 milioni di euro, 502,3 milioni per la specialistica ambulatoriale e 47,6 milioni per la protesica: complessivamente circa 150 milioni in più di quanto previsto nel 2023.

Il ministero della Salute segnala, tra le novità introdotte dai Lea, alcuni screening neonatali (come quelli per l’atrofia muscolare spinale, Sma), alcune terapie oncologiche innovative, come l’adroterapia e la radioterapia stereotassica, prestazioni di alta precisione nella diagnostica per immagini, prestazioni per diagnosi e monitoraggio della celiachia e di alcune malattie rare, prestazioni di procreazione medicalmente assistita (Pma), enteroscopia con microcamera ingeribile, consulenze genetiche. Nella protesica sono compresi ausili informatici e di comunicazione per persone con gravissime disabilità (tastiere adattate e puntatori oculari), arti artificiali a tecnologia avanzata e sistemi di riconoscimento vocale, apparecchi acustici a tecnologia digitale; attrezzature domotiche.

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L’entrata in vigore dei Lea del 2017 non solo rende possibile l’erogazione di nuove prestazioni, ma serve a sanare una evidente disparità di trattamento tra i cittadini, legata alla Regione di residenza. Infatti, finora, le Regioni con bilanci in grado di erogare prestazioni innovative comprese nei Lea del 2017, ma non in quelli “vecchi”, potevano garantirle ai propri cittadini, mentre quelle (perlopiù al Centro-Sud) che sono sottoposte a piano di rientro per i debiti della sanità, non erano autorizzate a farlo.

Una circostanza ben nota anche all’Uap (una delle associazioni che ha fatto ricorso al Tar) che però ritiene «impossibile erogare esami clinici fondamentali con un taglio del 70%. Il nostro obiettivo era evidenziare il grave errore di un tariffario che rende impossibile l’erogazione degli esami sul territorio nazionale», auspicando un intervento correttivo del ministero della Salute sulle tariffe.

Da parte sua, la Fnob non apprezza le nuove tariffe, ma contesta il metodo del ricorso al Tar: «Se fosse accolto, tornerebbero in vigore le tariffe del 2023 – osserva il presidente Vincenzo D’Anna – che prevedevano tagli del 34%, mentre quelle nuove, riviste e adottate dopo un confronto con noi operatori, riducono il taglio al 5%. Si tratterebbe di un vero autogol». «Nei mesi scorsi, nella trattativa con i tecnici del ministero – continua D’Anna – ho colto segnali di resipiscenza. Mi sembra quindi preferibile percorrere la strada del confronto e affidarsi agli aggiornamenti dei Lea già previsti dal ministero nel 2025».

In più, la Fnob punta il dito su un’altra circostanza: «In verità, si deve ammettere che gran parte della protesta nasce dal fatto che non sono state rispettate, né dalle imprese né dalle Regioni, le norme previste sin dal 2006 che prevedono l’accreditamento con il Servizio sanitario solo di quelle strutture che erogano almeno 200mila prestazioni l’anno. Ma molti piccoli laboratori non vogliono aggregarsi, perdendo così la possibilità di raggiungere una remuneratività delle prestazioni legata all’economia di scala. Anche se va riconosciuto che molte tariffe vanno riviste, e per una ventina di esse il rimborso non pareggia nemmeno il costo di produzione».

Sullo sfondo del contenzioso, c’è stato anche l’intervento della Ragioneria dello Stato, che nel marzo 2024, nel contestare la proroga concessa all’entrata in vigore dei nuovi Lea (e del tariffario) ricordava che alle Regioni, dal 2016 al 2023 erano stati erogati quasi 3,5 miliardi di euro. Di qui la decisione di congelare l’erogazione di ulteriori 631 milioni di euro previsti per il 2024, se il decreto non fosse stato approvato dalla Conferenza Stato-Regioni.

Il 28 gennaio inizierà la Camera di consiglio del Tar del Lazio: nel frattempo i sistemi di prenotazione regionale – aggiornati nei mesi scorsi – hanno cominciato a erogare le nuove cure e protesi.

Da Gabriele Pelissero, presidente Aiop, viene un appello: «Il ministero ci convochi e avvii un’analisi condivisa sui costi reali delle prestazioni».

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per le imprese

 

La Federazione dei medici di medicina generale (Fimmg) sta predisponendo guide per aiutare i medici a orientarsi nelle nuove prestazioni e nei nuovi codici: «Pur comprendendo la posizione di laboratori e cliniche accreditate – osserva Silvestro Scotti, segretario Fimmg – auspichiamo che ci sia continuità e che il 28 gennaio non si torni indietro. Altrimenti il caos aumenterà e il danno sarà in primis per i cittadini».





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