Per i 105 anni di Federico Fellini

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Il 20 gennaio Federico compirebbe 105 anni. Quale immagine di immediata rievocazione non trovo nulla di più fresco e allegro, dell’illustrazione che Francesca Triozzi ha dedicato a un racconto del mio libro La vita e altri imprevisti, in cui tratteggia il primo incontro avuto con il regista quando ero ancora universitario: l’imprevisto che mi ha cambiato la vita, una coincidenza benedetta. Ma ci sono altri due eventi che rendono speciale questo compleanno.  Cominciamo con annunciare l’uscita imminente per Mimesis Edizioni di Fellini e il mistero creativoOtto saggi e mezzo, di Raffaele Simongini docente di Estetica e appassionato felliniano.

Continuiamo segnalando a Rimini l’iniziativa di Marco Leonetti, direttore della Cineteca e del Museo Fellini, di dedicare i quattro martedì di febbraio a quattro incontri su Federico Fellini e i mestieri del cinema, raccontati attraverso i film e le testimonianze del Maestro riminese.

Un evento straordinario, una rilettura in pubblico, non soltanto per studenti e specialisti, dell’opera di Fellini come andrebbe sempre affrontata, cioè con mente sgombra e pupille limpide; e adottando l’atteggiamento di epoché (traslitterazione del greco antico “ἐποχή” sospensione) che suggerisce l’estetica fenomenologica. Cioè la sospensione di ogni giudizio a vantaggio dell’inquiry, l’indagine dell’opera d’arte dal suo interno, alla ricerca di quelle necessità profonde da cui è venuta alla luce. Sembrano paroloni, ma non lo sono, anzi vanno accolti come un gioco, perché fanno il verso agli abracadabra, le formule fiabesche che ci emozionavano da bambini, la chiave magica con cui si apriva la grotta del tesoro.

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Una lezione che appresi a Bologna tanti anni fa laureandomi con una tesi in Storia dell’Arte intitolata: Federico Fellini e l’onirismo veggente. Subito sedotto e incantato da quel linguaggio frutto di una energia irradiante, una rivelazione esistenziale che non sospettavo potesse trovare posto nel cinema; uno stile espressivo che di lì a poco sarebbe diventato mitico, leggendario in tutto il mondo. Basta leggere le dichiarazioni di David Lynch, un genio appena scomparso, di Woody Allen, di Georges Simenon, di Milan Kundera, di Luis Buñuel, di centinaia di artisti che ne hanno accolto grati la maestria. Il dizionario americano Webster ha cercato, arditamente, di sintetizzare il fenomeno espressivo in un unico termine: Felliniesque: improbabile ma suggestivo.

Sulla scena planetaria del cinema, Federico Fellini occupa un posto a parte; ci sono naturalmente tanti altri registi valenti e famosi, ma nessuno assimilabile a lui. Il suo universo, il suo linguaggio, l’immaginazione, lo stile soprattutto, rendono i suoi film unici e inimitabili. Numerosi autori di cinema si sono ispirati a lui, non al suo mondo, sarebbe impossibile, ma alla sua concezione dell’arte dello schermo che, negli anni Cinquanta e Sessanta, ha generato con un gesto di imperio la figura dell’autore cinematografico, elevato d’un tratto sullo stesso piano del poeta, del pittore, dello scrittore, dello scultore, del musicista. Fellini Prometeo, Fellini il liberatore, il cinema diventa nella percezione comune la Settima Arte.

Fellini effondeva, e continua ad effondere dallo schermo il suo universo creativo attraverso la testimonianza soggettiva – “posso parlare solo di me stesso per quel poco che conosco” – raccontando da cantore le sue gesta e la sua epoca, oltre all’essenza della propria espressione; si è posto al centro della storia narrata riflettendovi l’anima: ASA NISI MASA. Come Dante, come Giotto. Via lo sfondo dorato e astratto della pittura bizantina, l’allievo di Cimabue, superando il maestro, ci mostra ciò che lui vede, spaziando tra le sacre scritture quasi fosse un testimone oculare, un contemporaneo; Dante Alighieri addirittura navigando nei regni dell’oltretomba a suo piacimento. Entrambi inventano ex novo la lingua con cui esprimersi, sono potenti apripista con capacità sciamaniche.

Con Fellini nasce la figura dell’artista Mago, artigiano di illusionismi, maestro della finzione che, come sostiene apertamente, nell’arte è l’unica possibile realtà.

Nel corso della sua quarantennale attività sul set dissemina, tra testi scritti e innumerevoli interviste, notizie di prima mano sul proprio mestiere, che egli ama più della stessa vita: “Come mi piace ricordare più che vivere. Del resto che differenza fa?” (La voce della Luna)

Ricordare, riferire, narrare: il cantastorie affonda le mani nella memoria e nel sogno, nelle pulsioni e negli archetipi, per regalare all’individuo umano la consapevolezza che può venirgli solo dall’arte, dall’inconscio, dal simbolo, dalla rappresentazione.

Federico ci ha messo a parte di molti segreti, con l’atteggiamento con cui un santo propaga i misteri di fede. Per questo i suoi film, come ogni opera d’arte, vanno visti con “accoglienza”, lasciandosi invadere. Capire l’opera per comprendere meglio noi stessi.

Conoscere più da vicino Federico Fellini e la sua arte, rivisitarne i capolavori in una prospettiva raramente affrontata prima, e mai in pubblico, scivolare dietro le quinte del suo laboratorio creativo o ancora più addentro, nella cella del Mago Merlino, in cima alla torre, tra atanor, storte e alambicchi.

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Ho avuto la fortuna rara di seguire il lavoro di Fellini, dentro e fuori dal set, da quando ero ancora un ragazzo, fino a quando il Maestro si è spento. Restandogli accanto durante gli ultimi mesi di vita, ho raccontato la sua uscita di scena in FEDERICO F., un “romanzo verità”, come lo definì Tullio Kezich. In seguito ho continuato incessantemente a scrivere articoli e libri sulla sua figura, sul suo mondo, sulla sua poetica, perché mi sembrava fosse un buon proposito restituire almeno in parte il legato che avevo ricevuto, riferire il più possibile ciò a cui avevo assistito. E non mi stanco di rievocare in ogni sede, sia in Italia che all’estero, la sua figura così singolare nel panorama cinematografico, perché chi mi ascolta provi la curiosità, anzi l’impellenza, di andare a vedere o rivedere i suoi film, riceverne beneficio.

A Rimini abbiamo scelto di non offrire un corso, ma soltanto alcune conversazioni a temi, per nulla accademiche, sui quattro pilastri della realizzazione di un film:

SCENOGRAFIA, FOTOGRAFIA, RECITAZIONE, SONORIZZAZIONE.

Vale a dire il mondo creato, il mondo rivelato, il mondo agito, e il mondo ascoltato. In buona sostanza cercheremo di illustrare come una storia si trasfigura sullo schermo e attraverso quali strumenti sia possibile materializzarla.

Un’escursione eccitante e divertente perché svelando i meccanismi della creazione e le sue ragioni inderogabili, torniamo anche alla natura simbolica dell’essere umano, unica creatura sulla terra a comunicare attraverso sistemi di segni che, nel volgere dei millenni si sarebbero persino sovrapposti e sostituiti alla realtà. Lo sostiene Ernst Cassirer, filosofo della materia; ma non lo dicevano già i poeti? Calderón de la Barca con La vita è sogno? Lo stesso William Shakespeare in Sogno di una notte di mezza estate?

Ultima notizia editoriale; a brevissimo dovrebbero uscire, a cura di Cinecittà, le dieci puntate che ho realizzato su commissione del Ministero dell’Istruzione e del Merito e il Ministero della Cultura, intitolate A SCUOLA CON FELLINI, I MESTIERI DEL CINEMA ATTRAVERSO L’OPERA DEL MAESTRO RIMINESE. E a corredo anche il libro stampato da Edizioni Sabinae e Cinecittà: FARE CINEMA con Federico Fellini. In copertina un’illustrazione originale di Bruno Bozzetto.


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