È iniziato l’iter per il riconoscimento di incentivi economici alle aziende che si sono impegnate per le attività di formazione e per favorire l’innovazione di processi o prodotti per un tessile sostenibile.
Dall’11 dicembre di quest’anno al 31 gennaio 2025 le piccole e medie imprese (PMI) del settore tessile possono richiedere gli incentivi promossi dal Ministero delle imprese e del Made in Italy MIMIT), di concerto con il Ministero delle finanze, per incentivare la sostenibilità del settore. L’atto ufficiale che ha sancito la misura è il decreto MIMIT 8 novembre 2024 (in Gazzetta ufficiale il 19 novembre 2024), provvedimento destinato a sostenere gli sforzi sostenuti a favore della transizione ecologica e digitale delle imprese operanti nel settore del tessile, della moda e degli accessori. Un aiuto per interventi già in essere, considerato che 5 milioni sono indirizzati all’anno 2023, il doppio al 2024 (oramai al capolinea), fondi concessi sotto forma di contributo a fondo perduto, nella misura massima del 50% (cinquanta percento) delle spese comunque ammissibili.
Ad occuparsi delle modalità operative è l’Agenzia nazionale per l’attrazione degli investimenti e lo sviluppo d’impresa S.p.A. – Invitalia, che dovrà curare le modalità pratiche di gestione dell’intervento, le tempistiche e modalità di trasferimento delle risorse al Soggetto gestore, così come la rendicontazione delle spese effettuate, sia con riferimento all’attività di gestione che alle agevolazioni erogate ai beneficiari.
Chi potrà beneficiare degli aiuti?
In buona sostanza, tutte le imprese, operanti sull’intero territorio nazionale, che alla data di presentazione della domanda:
- operano nel settore del tessile, della moda e degli accessori;
- risultano qualificabili come PMI;
- sono regolarmente costituite, iscritte al Registro delle imprese della Camera di commercio territorialmente competente e risultano “attive” nel medesimo Registro;
- sono in contabilità ordinaria e hanno approvato almeno due bilanci di esercizio;
- non rientrano tra le imprese che hanno ricevuto e, successivamente, non rimborsato o depositato in un conto bloccato, gli aiuti individuati quali illegali o incompatibili dalla Commissione europea;
- hanno restituito agevolazioni godute per le quali è stato disposto dal Ministero un ordine di recupero.
Allo stesso tempo, non sono ammesse alle agevolazioni di cui al presente decreto le imprese che non hanno la fedina penale intonsa, in particolare:
- destinatarie di sanzioni interdittive ai sensi del decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231 sulla responsabilità degli enti;
- che si trovano nelle condizioni ostative previste dalla disciplina antimafia;
- che si trovano in stato di liquidazione e sono soggette a procedure concorsuali con finalità liquidatoria;
- che si trovano in altre condizioni previste dalla legge come causa di incapacità a beneficiare di agevolazioni finanziarie pubbliche o comunque a ciò ostative;
- i cui legali rappresentanti o amministratori, alla data di presentazione della domanda, siano stati condannati, con sentenza definitiva o decreto penale di condanna divenuto irrevocabile o sentenza di applicazione della pena su richiesta ai sensi dell’articolo 444 del codice di procedura penale, per i reati che costituiscono motivo di esclusione di un operatore economico dalla partecipazione a una procedura di appalto o concessione ai sensi della normativa in materia di contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture vigente alla data di presentazione della domanda.
Quali spese sono incentivate?
In particolare, sono sostenute le “attività di formazione del personale dipendente dell’impresa richiedente volta all’acquisizione o al consolidamento di competenze rilevanti ai fini del percorso di sviluppo delineato dall’impresa medesima” e l’implementazione di una o più delle seguenti tecnologie abilitanti finalizzate a favorire lo sviluppo dei processi aziendali o di prodotti innovativi: “cloud computing; big data e analytics; intelligenza artificiale; blockchain; robotica avanzata e collaborativa; manifattura additiva e stampa 3D; IoT (Internet of Things); realtà aumentata; soluzioni di manifattura avanzata (advanced manufacturing solutions); piattaforme digitali per condivisione di competenze; sistemi di tracciabilità digitale della filiera produttiva”.
Infine, il provvedimento supporta l’ottenimento di certificazioni ambientali, sia di prodotto che di processo.
In ogni caso non rientrano tra le spese ammissibili i costi per servizi di consulenza specialistica relative alle ordinarie attività amministrative aziendali o commerciali, “quali, a titolo esemplificativo, i servizi di consulenza in materia fiscale, contabile, legale, o di mera promozione commerciale o pubblicitaria”.
I controlli sul tessile sostenibile
Per evitare facili truffe, come da lunga tradizione, il provvedimento stabilisce (art. 10) che ogni fase del procedimento l’azienda beneficiaria può effettuare controlli e ispezioni sulle iniziative agevolate, anche se rimane da capire con quali modalità e quali sanzioni, mentre le stesse aziende sono “tenute a consentire e favorire, in ogni fase del procedimento, lo svolgimento di tutti i controlli, ispezioni e monitoraggi disposti dal Soggetto gestore o dal Ministero e a corrispondere a tutte le richieste di informazioni, dati e rapporti disposte dalle predette imprese, nonché a custodire la documentazione amministrativa e contabile relativa alle spese rendicontate, secondo le indicazioni fornite dagli stessi soggetti”.
Non a caso, sono diverse le possibilità previste dal legislatore per attivare la revoca, sia totale che parziale, delle agevolazioni concesse, non solo per non aver consentito i controlli alle autorità competenti, anche nel caso di dichiarazioni difformi, mancato rispetto dei tempi, per prestazioni ritenute incompatibili con la mission aziendale oppure per dichiarazioni false o non conformi.
Provvedimento, insomma, che sebbene insufficiente dinnanzi alla sfida di portata storica della svolta sostenibile del settore tessile, prova in qualche modo a dare un segnale positivo quanto meno sulla direzione da intraprendere. Nell’arduo compito di rendere sostenibile un settore considerato dalla comunità scientifica e da ultimo anche dal Parlamento Ue uno dei più impattanti, soprattutto nel suo segmento del fast fashion. Secondo l’Agenzia europea dell’ambiente, in generale per gli acquisti di prodotti tessili nell’UE solo nel 2020 hanno generato circa 270 kg di emissioni di CO2 per persona, quindi generando nell’UE emissioni di gas serra pari a 121 milioni di tonnellate.
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