Confagricoltura Ravenna: all’agricoltura E. Romagna rivolto il 13,6% dei prestiti bancari alle imprese

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Supportare le aziende agricole e agevolarne sempre di più l’accesso al credito per difendere produzioni, redditi e territori, aiutarle aconsolidare la presenza sul mercato interno ed estero. Il presidente dell’Associazione Bancaria Italiana dal 2013, Antonio Patuelli, conferma il buon momento nei rapporti fra il settore dell’agricoltura e le banche in Italia, prendendo la parola all’incontro promosso in cittàdall’Impresa Familiare di Confagricoltura Ravenna con il partenariato di FIIAF nazionale: «Il 5,7% del totale dei prestiti alle imprese è del settore agricolo, per oltre 38 miliardi di euro, con un rischio di deterioramento del credito all’agricoltura che è ormai coincidente con quello totale dei vari settori dell’economia». Positivo è soprattutto il dato regionale: «A settembre 2024 all’agricoltura, silvicoltura e pesca dell’Emilia Romagna erano rivolti prestiti per 5 miliardi e 195 milioni di euro, sul totale nazionale dei 38 miliardi di euro con una percentuale del 13,6%, molto superiore alla media nazionale».

Rivolgendosi agli agricoltori e rappresentanti delle istituzioni locali riuniti in sala il presidente dell’ABI ha poiaggiunto: «Le imprese agricole, proprio in quanto imprese, subiscono gli andamenti mondiali dei costi, innanzitutto quelli dell’energia, che sono cospicuamente cresciuti negli ultimi anni, mentre subiscono pure il forte calo dei prezzi di tanti prodotti: il combinato disposto dei fattori del ciclo produttivo agricolo evidenziano le crescenti difficoltà del mondo del settore primario che debbono essere affrontate intervenendo sui fattori e incoraggiando gli investimenti per la catena produttiva che non possono e non debbono marginalizzare il ruolo determinante delle imprese agricole sia per le necessità alimentari, sia per la conservazione del territorio. Le banche operanti in Italia sono generalmente molto addestrate ad affrontare anche le novità del credito agrario che rappresenta la più antica e costante attività bancaria con forti elementi di potenzialità di sviluppo».

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A sottolineare i primati della nostra agricoltura all’estero,la sfida climatica e la complicata “rivoluzione verde è ilpresidente di Confagricoltura, Massimiliano Giansanti:«La crescita del PIL italiano è trainata prevalentemente dall’export con ottime performance dell’agroalimentare, sempre più apprezzato nel mondo. La facilità di accesso al credito resta un volano fondamentale per le nostre imprese, non solo per sostenere l’internazionalizzazione ma anche la transizione green e la capacità di contrasto e gestione di eventi climatici avversi. Piattaforme digitali come Hubfarm, sviluppata da Confagricoltura, possono supportare gli istituti finanziari nella valutazione del rischio così da favorire un’erogazione più tempestiva e mirata dei prestiti». E conclude con un commento sui mercati globali: «L’accordo Mercosur, così come formulato, penalizza il settore primario, in particolar modo le carni bovine, il pollame, il riso, il mais e lo zucchero, già in sofferenza per l’assenza di dazi all’Ucraina. L’intesa, infatti, non garantisce equità e reciprocità nei rapporti, né protezione per il nostro modello agricolo».

Apre lo sguardo sullo scenario economico mondiale ilvicepresidente della Fondazione Edison, Marco Fortis: «L’attuale rallentamento dell’economia italiana, dopo la forte ripresa post-Covid, ha per lo più cause internazionali: il collasso manifatturiero europeo che ha caratterizzato il 2023-2024, con baricentro Berlino poi la crisi profonda dell’auto, la frenata della domanda interna cinese, i conflitti e le tensioni geopolitiche, i timori sui possibili dazi di Trump. In più, l’industria europea sconta gli spiazzanti errori programmatici di Bruxelles su Green Deal e auto elettrica con pesanti rischi di deindustrializzazione e perdita di competitività del continente. Errori la cui possibile correzione almeno parziale da parte della Commissione Von der Leyen-2 è per ora come sospesa in un limbo, in attesa delle elezioni tedesche. Nello stesso tempo, sul fronte interno, la mancata “staffetta” in termini di efficacia tra le vecchie versioni del Piano Industria 4.0 e Transizione 5.0 ha fatto venir meno la continuità di quella base di incentivi che negli ultimi anni ha permesso una straordinaria crescita degli investimenti italiani in macchinari e nuove tecnologie, investimenti che sono alla base del crescente successo della nostra competitività, nonostante la frenata dell’export nel 2024 dovuta essenzialmente alla contrazione degli scambi intracomunitari. In questo contesto, l’agricoltura italiana, con i suoi primati, rimane un punto di forza della nostra economia. E l’industria alimentare è uno dei comparti più resilienti sotto il profilo della produzione industriale e dell’export».

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