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CATANZARO – Si sono avvalsi quasi tutti della facoltà di non rispondere alle domande del giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Catanzaro, Chiara Esposito, che all’alba di venerdì mattina li ha fatti arrestare e condurre in carcere dagli agenti della Direzione investigativa Antimafia su richiesta del sostituto procuratore di Catanzaro Alessandro Riello.
Si tratta del 39enne ritenuto boss di ‘ndrangheta di Cassano Jonio Leonardo Abbruzzese detto Nino o Castellino – lui era da tempo già detenuto in regime di carcere duro al 41-bis – del 35enne Antonio Salvo di Santa Sofia d’Epiro, del 43enne Gino Cipolla di San Lorenzo del Vallo, del 47enne Domenico Basile di Rocca Imperiale, del 61enne Giuseppe D’Alessandro di Tursi in provincia di Matera, e del 55enne Luigi Falcone di Corigliano-Rossano (foto).
L’uomo finito in carcere quale «referente» dell’importante impresa coriglianese sequestrata ai fini della confisca
Uno dei pochissimi a rispondere all’interrogatorio di garanzia odierno, nel carcere di Cosenza, è stato il coriglianese Falcone, decritto nelle carte dell’inchiesta quale «referente» della grossa impresa “Calabria Lavori Srls” di Corigliano-Rossano. L’uomo, difeso dagli avvocati Fabio Salcina e Giovanni Antonio Scatozza, ha energicamente respinto l’accusa di estorsione mafiosa ai danni dell’imprenditore Vittorio Petrucco, legale rappresentante dell’impresa “I.Co.P. Spa Società Benefit” di Basiliano in provincia di Udine, nel Friuli, che, a seguito delle attività investigative messe in atto dalla Direzione distrettuale Antimafia catanzarese, ha poi denunciato il “Sistema Abbruzzese”, vale a dire la classica pretesa del 3% di pizzo sull’importo complessivo degli appalti di lavori pubblici (ma spesso anche di quelli privati) in Calabria.
Alla fine del 2022 – quando cioè si verificarono i fatti relativi all’inchiesta antimafia, denominata “Fattore Delta” – il reggente della supercosca ‘ndranghetista Abbruzzese-Forastefano, era, secondo i magistrati, proprio il boss Nino Abbruzzese, ovviamente il principale tra i 6 indagati.
Il ritenuto boss Abbruzzese
La ‘ndrangheta che ingrassa coi lavori della “106”
L’indagine “Fattore Delta” svela, infatti, le infiltrazioni e ingerenze della supercosca nei lavori del Terzo megalotto della Strada statale 106 in corso di realizzazione dal territorio del comune di Roseto Capo Spulico fino a Sibari, in territorio di Cassano Jonio.
La Sibaritide è “regno” ‘ndranghetista della supercosca Abbruzzese-Forastefano, cui bisogna “dare conto”, che, tradotto, vuol dire, cui bisogna dare soldi, tanti. E se il sub-appalto della “I.Co.P. Spa Società Benefit” era – così come era – di 5 milioni di euro, va da sé che il 3% sono 150 mila euro.
Buona parte della maxi-tangente di ‘ndrangheta – quasi 113 mila euro – secondo i magistrati sarebbe stata incassata da Nino Abbruzzese attraverso la mediazione del capocantiere di un’altra impresa, l’indagato Antonio Salvo (in capo a loro due è stato infatti disposto il sequestro preventivo della cospicua somma), attraverso il meccanismo delle sovrafatturazioni da parte di 3 imprese fornitrici di materiali e servizi alla “I.Co.P. Spa Società Benefit”. Imprese che, da quanto denunciato dall’imprenditore friulano, gli sarebbero state imposte proprio dalla ‘ndrangheta, e che, per questo, sono state interamente poste sotto sequestro preventivo ai fini della confisca.
Si tratta della C.M.I. – Calcestruzzi – Materiali – Inerti Srl di Rocca Imperiale, della Smeda Srl di Tursi in provincia di Matera, i cui titolari figurano tra gli arrestati, e la “Calabria Lavori Srls” di Corigliano-Rossano, che, in quel cantiere della nuova 106 in cui si sono realizzati due microtunnel nel territorio del comune di Trebisacce per la rete interregionale del gas metano, avrebbe avuto come «referente» Luigi Falcone.
L’indagato coriglianese, durante l’interrogatorio di stamane, ha contestato ogni addebito nei suoi confronti, protestandosi innocente ed estraneo a qualsiasi ipotesi di sovrafatturazione dei materiali forniti e consegnati alla “I.Co.P. Spa Società Benefit”.
Al termine dell’interrogatorio l’avvocato Scatozza ha formulato al giudice la richiesta di affievolimento della misura cautelare carceraria, richiesta sulla quale il togato s’è riservato di decidere nei prossimi giorni. Ad ogni modo, l’ufficio di difesa di Falcone annuncia che proporrà ricorso ai giudici Tribunale del riesame di Catanzaro.
All’interrogatorio ha risposto pure l’imprenditore rocchese Domenico Basile, difeso dall’avvocato Enzo Belvedere.
L’uomo ha disconosciuto qualsiasi ipotesi d’estorsione della quale ha riferito di non avere mai saputo nulla, non avendo mai interloquito con nessuno d’estorsione, ma avendo parlato solo di lavoro col suo interlocutore, il co-indagato Antonio Salvo, che, ha detto, gli è parso sempre una persona perbene. Basile ha riferito al giudice di non avere mai conosciuto nessun altro interlocutore esponente di presunte cosche od altro. direttore@altrepagine.it
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