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Quest’anno si apre con 3 evoluzioni importanti che riguardano il Medio Oriente e che possono rappresentare l’inizio di un nuovo percorso con nuovi equilibri per l’area con prospettive di pace e sviluppo

Dopo un anno e mezzo di conflitti pesanti che hanno coinvolto in primis Isralele e Palestinesi ma anche il Libano sconvolgendo tutta la zona medio orientale con ripercussioni sull’economia e la politica mondiale, finalmente alcuni eventi ed evoluzioni politiche e militari nell’area aprono delle speranze per il futuro.

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  • In realtà già in dicembre è successa una cosa che sembrava impensabile. Nel giro di pochi giorni in Sira il lungo e sanguinoso regime di Assad è caduto. Ha preso il potere una coalizione di gruppi islamisti alcuni dei quali in passato aveva finacheggiato l’ ISIS in Siria per cui i dubbi sul futuro politico erano (e sono) legittimi. In realtà si è capito ben presto che le intenzioni di questi gruppi armati non erano bellicose, soprattutto è emersa la necessità di chiudere i conti con il nefasto regime di Assad e di costruire qualcosa che possa assomigliare ad una democrazia.
    Molti si chiedono che tipo di democrazia possa sorgere con delle premesse non certo favorevoli a questo tipo di organizzazione politica. Sembra però che – visto anche qual’è il principale sponsor politico di questa “rivoluzione” – si possa pensare ad una repubblica islamica tipo Turchia che in teoria sarebbe una repubblica laica ma che visto il “regno” di Erdogan negli ultimi 25 anni di fatto si presenta come una repubblica democratica di ispirazione islamista. Risulta chiaro che Al Jolani il leader di questo movimento rivoluzionario vuole instaurare buoni rapporti in primis con i paesi islamici moderati dell’area ma poi anche con i paesi occcidentali ed Israele. Anche perchè sa quanti soldi saranno necessari per ricostruire un paese distrutto da decenni di guerra civile.
  • Altro fatto meno clamoroso ma anche quello piuttosto significativo è l’elezione di un presidente della Repubblica in Libano dopo più di due anni di stallo politico istituzionale. Si tratta del militare Joseph Aoun, di religione cristiana, che avrà il non facile compito di ricostruire il paese sia da un punto di vista materiale (visti i danni inferti dai bombardamenti israeliani) che economico-sociale. Dopo anni e anni di dominio di fatto della fazione islamica di Hezbollah su tutto il paese, ora il Libano può ripartire con equilibri diversi visto che il partito di Dio è stato fortemente ridimensionato dagli attacchi israeliani e con un appoggio storico da parte dell’Iran sicuramente indebolito. La nuova situazione imposta dagli Stati Uniti e Israele per cessare i bombardamenti è l’istituzione di una zona cuscinetto a sud del Libano sostanzialmente interdetta ad Hezbollah (dove più forte era la sua presenza), dove col tempo si insedieranno i soldati dell’esercito regolare libanese, sempre sotto l’occhio lungo delle Nazioni Unite (e di Israele).
  • Ovviamente il fatto più importante di questo inizio d’anno è la tregua nella guerra Israele ed Hamas, con la liberazione degli ostaggi (quelli ancora vivi) detenuti a Gaza. Si tratta di una fragile, fragilissima tregua che Israele è pronta ad interrompere non appena tiri un po’ di vento contrario. Dopo la prima fase che durerà 6 settimane, ne dovrebbe seguire un’altra di pari durata con liberazione di altri ostaggi (e dall’altra parte prigionieri palestinesi detenuti in Israele), per finire con la terza fase in cui si dovrebbero stabilire le condizioni per una pace definitiva tra Israele e i palestinesi.
    Qui la situazione è ancora più precaria che in Siria ed in Libano perchè i nemici della pace sono veramente tanti e agguerriti. In primis Nethaniau ha legato la sua sopravvivenza politica alla guerra contro Hamas che gli ha portato consensi e ha fatto andare avanti il suo Governo che prima traballava non poco. Poi i partiti estremisti di destra che fanno parte del Governo (uno dei due adesso da l’appoggio esterno) e che vogliono lettralmente l’annessione dei territori di Gaza e della West Bank. E poi anche tra i palestinesi vi è un partito dell’odio molto forte nei confronti degli israeliani che hanno causato 45.000 morti e la distruzione totale di Gaza in questo anno e mezzo di guerra. Quanti giovani palestinesi imbracceranno il fucile volendo vendicarsi di quello che hanno subito ?

Come si vede si tratta di situazioni molto fragili, instabili, ma questa contemporaneità di movimenti verso una prospettiva di pacificazione, almeno parziale, dell’area non possono che infondere speranza in quei tanti abitanti di quelle zone (arabi, israeliani, cristiani, etc) che desiderano solo poter vivere in pace dopo decenni di guerre e distruzioni.

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