Vigneti pregiati e frutteti, i più costosi terreni agricoli a Nord Est

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La terra costa di più, ma vale di meno rispetto a 10 o 20 anni fa. Non è un paradosso, ma l’effetto dell’inflazione, che è stata recuperata solo in modo parziale, sulle rendite fondiarie. Il Nord Est agricolo – forte delle sue 101 mila aziende (dalle multinazionali alle micro imprese familiari), dei suoi 114 mila addetti e di un valore aggiunto che raggiunge i 5,6 miliardi di euro – segue un trend che è nazionale.

Ma per fortuna degli imprenditori vi sono importanti settori – viticoltura, frutticoltura, orticoltura specializzata – e determinate aree geografiche – da Valdobbiadene a Bassano, dalla Val Venosta al Collio – dove è ancora possibile, grazie a lavoro specializzato e tecnologia, coltivare prodotti di pregio che garantiscono un reddito adeguato e contribuiscono a mantenere elevato nel tempo il prezzo per ettaro, che resta un bene rifugio.

Secondo quanto si rileva dall’indagine annuale sul mercato fondiario curata dal Centro di politiche e bioeconomia del Consiglio per la ricerca in agricoltura e l’analisi dell’economia agraria (Crea), il prezzo medio della terra nel 2023 si è attestato intorno ai 22.800 euro per ettaro, registrando un incremento di circa l’1% rispetto al 2022, confermando di fatto il valore stabile degli ultimi anni. La lettura è diversa se si considerano però i valori fondiari al netto dell’inflazione. Infatti, sebbene questa sia fortemente diminuita rispetto al 2022, prosegue il processo di erosione del capitale fondiario con una svalutazione in termini reali di circa il 4,3% e di quasi il 15% nell’ultimo decennio.

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Sono proprio Veneto, Trentino Alto Adige e Friuli Venezia Giulia le regioni dove gli ettari di terreno valgono di più. Esistono infatti significative differenze sia in termini di dinamiche di prezzi, sia per quanto riguarda la distribuzione dei valori medi. Nell’Italia Nord Occidentale si registrano incrementi nell’ultimo anno anche intorno al 3%, con un valore medio della terra di circa 35 mila euro per ettaro. Le regioni di Nord Est si caratterizzano invece per le quotazioni più elevate di circa 47.000 euro all’ettaro, mentre il mercato è rimasto praticamente fermo. Leggeri incrementi nelle regioni del Centro e del Sud, nelle quali però i prezzi medi rimangono sotto i 16.000 euro l’ettaro, confermando di fatto la tradizionale configurazione polarizzata dei valori medi.

Il 2023, dunque, si è caratterizzato come un anno di estrema incertezza in merito alle scelte economiche degli imprenditori, influenzando di conseguenza il mercato fondiario e quello degli affitti. In particolare, le dinamiche economiche, geopolitiche e climatiche hanno generato un quadro complesso e articolato che hanno acuito le differenze tra le aree rurali più produttive e quelle più marginali. Da un lato, infatti i terreni interessati da coltivazioni vitivinicole e frutticole di alto pregio sono stati oggetto di scambi sul mercato più vivaci. Dall’altro lato, invece l’offerta di terreni posti in zone più marginali non è stata soddisfatta da un’offerta sufficiente, comportando un mercato in tendenziale stagnazione, con limitata mobilità. In questo caso i venditori (e gli affittanti) principali sono perlopiù agricoltori che hanno cessato l’attività e i proprietari terrieri, spesso eredi, che non hanno interesse a coltivare. Ad alimentare la domanda invece sono stati soprattutto giovani imprenditori agricoli che vogliono ampliare la superficie, sia attraverso le compravendite sia utilizzando lo strumento dell’affitto. A questi si aggiungono investitori extra-agricoli, attratti da investimenti alternativi come quelli legati alle energie rinnovabili. Per quanto riguarda l’andamento del mercato fondiario nel 2025 gli operatori si attendono una sostanziale stabilità, con una lieve ripresa limitata ad alcuni settori e aree specifiche. In particolare, l’entrata in vigore della nuova Pac 2023-2027 potrebbe avere effetti positivi, ma questi sono ancora difficili da percepire nell’immediato.

Nel dettaglio i terreni che valgono di più in tutto il Nord Est sono i vigneti Doc nella zona del lago di Caldaro, in provincia di Bolzano, dove le quotazioni vanno dai 440 ai 900 mila euro l’ettaro. Restando in Trentino Alto Adige ottime le valutazioni per i meleti in Val Venosta (da 450 a 750 mila euro l’ettaro), redditizi pure i seminativi e prati di fondovalle in Alto Adige (da 220 a 250 mila euro l’ettaro). In Veneto dominano i vigneti della Docg Valdobbiadene (da 300 a 600 mila euro l’ettaro), i terreni per il radicchio di Treviso valgono da 60 a 80 mila euro, quelli per l’asparago bianco di Bassano da 110 a 200 mila euro. Tra i seminativi i campi più pregiati sono quelli di Montebelluna (da 60 a 80 mila euro), mentre i vivai del Padovano vanno da 65 a 95 mila euro l’ettaro. Prezzi in genere più contenuti in Friuli Venezia Giulia, dove i massimi vengono raggiunti nel Collio e nei Colli orientali dei bianchi più raffinati: qui i terreni valgono da un minimo di 50, 60 mila euro a un massimo di 110, 120 mila euro. I seminativi irrigui delle Grave del Pordenonese si attestano tra 35 e 70 mila euro. A buon mercato i prati e pascoli permanenti in Carnia, dove un ettaro di terra può essere trattato al massimo per 18 mila euro.



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