La vicenda di Pasqualino Tolmezzo e altre storie coloniali dal Friuli Venezia Giulia

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La tomba di Pasqualino Tolmezzo si trova proprio all’ingresso del cimitero monumentale di San Vito di Udine, entrando da via Giovanni Martini. Qualche passo sulla sinistra, nel campo degli Israeliti, nel colombario a curva che delimita il corridoio monumentale. La sua vicenda è nota, ma non tutti ne sono a conoscenza. A farla riemergere sono stati i due studiosi friulani Luca Giuliani e Flavio Massarutto all’interno del loro podcast nuovo di zecca, “Memorie dall’Impero. Cosa resta dell’epoca coloniale in Friuli Venezia Giulia”, curato insieme alla storica Valeria Deplano, presentato nei giorni scorsi e ora online.

Pasqualino Tolmezzo

La vicenda di Pasqualino Tolmezzo è singolare e merita senz’altro di essere ricordata. Se non altro per porre l’accento, se mai ancora ce ne fosse bisogno, di quanto la storia sia oggetto di interpretazioni opportunistiche a seconda della voce narrante. Sono diverse, infatti, le sfumature che accompagnano la storia di Pasqualino Tolmezzo, conosciuto come “il primo alpino nero della storia”, che inizia il 23 marzo 1913, giorno di Pasqua. L’Italia era impegnata nelle fasi successive alla guerra italo-turca per la conquista coloniale delle regioni nordafricane della Tripolitania e della Cirenaica (quelle che oggi corrispondono alla Libia, nome di nostra invenzione), che vedeva il susseguirsi di guerriglie per assicurare la sovranità italiana: il giorno di Pasqua del 1913 era in atto proprio una di queste battaglie ad Assaba sull’altopiano del Gariàn, dove era presente anche il battaglione Tolmezzo degli Alpini. Fu proprio questo a entrare per primo nella fortezza, fino a quel momento difesa da 5mila persone, espugnata infine dai soldati italiani. “Il battaglione Tolmezzo fu il primo reparto ad entrare nella fortezza conquistata e si trovò davanti una scena umanamente straziante: una donna probabilmente una schiava nubiana che ferita a morte stringeva al suo petto il suo piccolo piangente di circa 2 anni. La donna, poco prima di morire, aprì le braccia come per offrire a quei “nemici” che la attorniavano il suo bene più prezioso affinché lo proteggessero. In quella giornata di morte e sofferenza fu amore improvviso, fu la luce abbagliante dell’umanità che scaturì dai cuori dei montanari friulani: presero il piccolo, lo rifocillarono e lo posero come prima “culla”, in una cassetta vuota di munizioni”, così riporta Valter Lazzari sul sito web dell’Ana. 

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La vita in Italia

Quel bimbo venne informalmente adottato dal battaglione e, con lo stesso, rientrerà a Udine nel dicembre dello stesso anno. “Durante la sfilata, a dorso di un mulo c’era anche Pasqualino, dagli occhi e la pelle scurissimi: la folla di Udine lo acclamò e lui rispose contento ma serio con il gesto del saluto militare che gli era stato insegnato. Pasqualino venne ospitato in un istituto di Religiose e poi nel brefotrofio. Il 1º novembre 1914 il vescovo di Udine Rossi lo battezzò con i nomi di Pasqualino, Renato (nato due volte) Costantino come il suo padrino di battesimo, il capitano Cavarzerani (cofondatore con Cantore nel 1909 dell’8º Alpini), e infine Beatrice come la contessa Pirozzi figlia del generale comandante la divisione Udine”, continua Lazzari. Il cognome scelto prese una strada quasi ovvia, con la dedica al battaglione: Tolmezzo.

Carriera militare

Il 10 maggio 1923 Pasqualino Tolmezzo, che frequentava regolarmente le scuole a Udine, venne iscritto al’anagrafe e nel 1925 si trasferì a Napoli per frequentare la famosa Scuola Nunziatella fino al 1930. Tolmezzo era, come facile immaginare, l’unico allievo afrodiscendente nella storia del prestigioso collegio militare. Fu poi ammesso a frequentare l’Accademia militare di Modena e, nel 1933, venne nominato sottotenente in servizio permanente effettivo presso l’arma di fanteria, nel Corpo di amministrazione e destinato alla Scuola di applicazione di Parma. Divenne poi ufficiale del Regio Esercito nel 1933. La sua carriera formativa, però, non bastò a restare iscritto alla leva e venne cancellato dalle lista per mancanza della “nazionalità italiana metropolitana”. Nel 1936 Pasqualino Tolmezzo scrisse anche una supplica al re d’Italia che, come facile immaginare, venne respinta. Qualche mese dopo morì e anche rispetto alla sua morte le versioni sono diverse: per l’Ana “con l’animo e fisico ormai debilitati e senza più la voglia di lottare, Pasqualino è colpito da una violentissima patologia polmonare che in breve tempo, il 13 ottobre del 1936 lo porterà alla morte”, per altri morì di crepacuore, mentre un’ulteriore versione parla di tubercolosi. 

Il ricordo

Davanti alla lapide di Pasqualino Tolmezzo non è inusuale trovare qualcuno che lo omaggia. “Vengono a ricordarlo, ha lasciato un segno. Vengono diverse persone a chiedermi di lui, chi conosce la sua storia”, parla così il custode del cimitero del San Vito, interrogato da Giuliani e Massarutto per la seconda puntata del loro podcast. Sulla pietra rimane il suo nome così evocativo, l’anno di nascita (solo quello, il giorno esatto rimarrà un mistero anche se l’inizio della sua seconda vita è sicuramente il 23 marzo) e la data di morte. 

Il podcast

“Ci siamo resi conto durante le nostre ricerche di quanto la Storia del colonialismo italiano sia conosciuta solo superficialmente. Le storie che abbiamo trovato e che raccontiamo fanno parte di una memoria che è stata rimossa e riteniamo che molte questioni che hanno proprio in quelle vicende una loro genesi siano ancora irrisolte proprio a causa di questa rimozione dall’immaginario collettivo. Senza volerci sostituire agli storici di professione con questo lavoro vogliamo dare il nostro contributo ad una maggiore consapevolezza”, hanno raccontato i due autori del podcast, prodotto da EtrArte e finanziato dalla Regione Friuli Venezia Giulia e con il contributo del Circolo Controtempo. In cinque puntate (di cui tre sono già online), i due autori vanno alla scoperta di “una Storia che non sapevamo di conoscere”. Dalla pala d’altare a San Vito al Tagliamento dedicata a Monsignor Coccolo e alle sue attività con la Lega antischiavista, alla tomba di Pasqualino Tolmezzo, “primo alpino nero” nel cimitero di Udine; dalle navi bananiere progettate e costruite nei Cantieri navali di Monfalcone, ai filmati provenienti dal NARA di Washington (National Archive Record Administration) ora conservati alla Cineteca del Friuli, del Regio Esercito Italiano in Asia, per finire con la musica transfrontaliera e multiculturale del Festival Jazz & Wine of Peace di Cormons.

 



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