L’energia costa troppo, Arvedi e le aziende italiane si lamentano con il governo. Orsini: «I prezzi? Una pazzia»

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di
Andrea Rinaldi

La pubblicità di Arvedi: «Perché l’Italia paga l’energia il doppio degli altri Paesi Ue?» Nel cartario gas e luce valgono il 40% dei costi

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Perché l’Italia paga l’energia il doppio degli altri Paesi Ue? La domanda serpeggia da tempo tra gli imprenditori e ieri Arvedi l’ha messa nero su bianco, con una pagina pubblicitaria sui maggiori quotidiani. Un grido d’allarme e un richiamo al governo perché si faccia portavoce in Europa di una istanza: un prezzo di gas ed elettricità uniforme in Europa per evitare disparità e asimmetria nella competitività.

Lo sfogo del leader di Confindustria

L’aumento dei costi dell’energia è «una pazzia», ha tuonato il presidente di Confindustria, Emanuele Orsini, con un video dalla sua azienda su Instagram: «Non è possibile pagare il +43% di energia in un anno, vuol dire perdere competitività», avverte: «Serve costruire un percorso di salvaguardia dell’impresa perché energia vuol dire salvaguardia dell’industria, dell’impresa e del sistema Paese». Servono misure «concrete». Ed «è importante fare presto perché vuol dire perdere competitività con il sistema europeo e mondiale».




















































Formazione del prezzo

«L’energia elettrica in Italia ha un costo tale da condizionare tutti i settori industriali e in particolare quello siderurgico. Parliamo di cifre doppie rispetto agli altri Paesi europei», argomenta Dimitri Mecali, ceo di Arvedi Ast. Il prezzo dell’energia elettrica all’ingrosso è 108 euro al megawattora, il 72% in più che in Spagna e il 38% in più che in Germania. «È necessario intervenire sul meccanismo della formazione del prezzo, evitando che alla famiglie e alle imprese venga conteggiato il costo delle quote CO2 quando il produttore fornisce energia di origine eolica, solare e idrica ed evitando che il costo dell’energia sia principalmente influenzato dai costi della centrale a minor efficienza».

Carta e ceramica

«In Umbria, l’Acciai Speciali Terni del gruppo Arvedi vede vanificare gli sforzi di efficientamento fin quei compiuti e gli investimenti sinora messi in atto dalla proprietà — continua Micali —. Il perdurare di questa situazione di distorsione del mercato sta facendo perdere ordini all’Arvedi Ast e può quindi mettere a rischio il mantenimento dei livelli occupazionali che Arvedi Ast vuole ad ogni costo garantire». Per Claudio De Iuliis, presidente di Cartesar e vicepresidente Assocarta, impresa specializzata nella lavorazione della carta, «soffriamo di un aggravio pesante di costi dell’energia, una voce che vale il 40% di tutti i costi da noi sostenuti in azienda». Una delle soluzioni potrebbe essere l’introduzione del «gas release», ovvero l’accesso a forniture di gas prezzi vantaggiosi da parte di imprese «gasivore». «In Italia si compra al Psv (punto di scambio virtuale, ndr) e a prezzo più alto rispetto al Ttf (Title transfer facility, la piattaforma olandese, ndr): se comprassimo anche noi sul Ttf si potrebbe recuperare un piccolo gap, da 1,50 a 3 euro a megawatt, non è molto ma sarebbe già qualcosa». «Quello che serve subito è separare il meccanismo di formazione del prezzo delle energie verdi da quelle fossili. Col sistema attuale viviamo anche il paradosso di pagare i costi ETS (una delle principali misura dell’Unione Europea per la riduzione delle emissioni di gas a effetto serra) sull’energia rinnovabile», obietta Augusto Ciarrocchi, numero uno di Ceramica Flaminia e Confindustria Ceramica.

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