In Kivu la milizia filo-rwandese prosegue la marcia verso Goma, occupando diverse zone strategiche e minerarie
22 Gennaio 2025
Articolo di Redazione
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Nell’est della Repubblica democratica del Congo prosegue l’avanzata della milizia filo-rwandese M23 lungo le direttive che portano al capoluogo della provincia del Nord Kivu, Goma, e da lì oltreconfine, in Rwanda.
La sera di lunedì 20 gennaio i miliziani hanno conquistato la città di Minova, nel territorio di Kalehe, in Sud Kivu, una via di rifornimento chiave per Goma, da cui dista circa solo 45 chilometri.
Proseguendo lungo la direttrice nord da Minova, M23 ha poi preso la città di Bweremana, tra Nord e Sud Kivu, e occupato le zone minerarie di Lumbishi, Numbi e Shanje.
Il gruppo ha preso il controllo di diverse città strategiche nelle ultime settimane. Tra queste Masisi, altro centro dove l’M23 è entrato all’inizio di gennaio e nel cui territorio controlla le miniere di coltan di Rubaya.
Popolazione in fuga
Nei giorni scorsi migliaia di sfollati di Masisi e Rutshuru che avevano trovato rifugio a Minova, hanno dovuto fuggire di nuovo. Sono una larga parte di quelle oltre 237mila persone sfollate a causa dei combattimenti nella regione dall’inizio dell’anno, secondo le stime contenute nell’ultimo rapporto dell’UNHCR, l’agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati.
Una massa di popolazione che complessivamente nella regione conta 4,6 milioni di individui, in perenne, disperata fuga dalle violenze e alle prese con una delle peggiori crisi umanitarie al mondo.
FARDC in difficoltà
Riportando le dichiarazioni di fonti locali, il sito d’informazione actualite.cd riferisce che “i ribelli stanno avanzando verso Kalungu, a sette chilometri da Minova, con l’intenzione di raggiungere Nyabibwe, una cittadina con siti minerari”. E che “questo asse fornisce un accesso diretto all’aeroporto di Kavumu”.
La conquista di Minova e Bweremana da parte dei miliziani sostenuti dal Rwanda è stata confermata anche dalle Forze armate congolesi (FARDC), impegnate in combattimenti su più fronti nella regione, con l’appoggio della milizia locale wazalendo.
In un comunicato diffuso ieri, l’esercito congolese annuncia anche d’aver respinto attacchi nemici nel territorio a sud di Lubero, sulle alture di Sake e nel Nyiragongo, causando “enormi perdite di uomini e di equipaggiamento” alle forze avversarie.
Ciò nonostante, le forze armate congolesi appaiono in affanno. A sottolinearlo è il coordinamento provinciale della società civile Forces Vives du Nord-Kivu che in un comunicato definisce la situazione “critica”, esortando il presidente Félix Tshisekedi a inviare urgentemente sul campo il vice primo ministro, il ministro della Difesa e il capo di stato maggiore delle FARDC, “accompagnati dai mezzi logistici necessari per riorganizzare le truppe”.
Il coordinamento chiede anche sanzioni esemplari contro ufficiali e soldati accusati di diserzione, invitando le Nazioni Unite, l’Unione Europea, l’Unione Africana e gli Stati Uniti a esercitare pressioni sul Rwanda affinché cessi la sua “aggressione” sul suolo congolese.
Effetto Rwanda
Un ruolo chiave, quello del Rwanda, che ha messo in piedi una vera e propria struttura politico-militare finalizzata all’“occupazione a lungo termine” del territorio e allo sfruttamento delle sue risorse minerarie, e in particolare materie prime essenziali per la transizione energetica, come il coltan, di cui Kigali nel 2023 risultava essere il primo esportatore al mondo, pur non disponendo di siti di estrazione del minerale.
A tracciare i contorni, sempre più definiti, delle responsabilità rwandesi nel conflitto nell’est della Rd Congo sono i rapporti semestrali del gruppo di esperti delle Nazioni Unite, secondo cui l’esercito rwandese sarebbe presente sul territorio congolese con fino a 4mila unità, un numero pari o forse superiore a quello dei guerriglieri dello stesso M23, e alla milizia fornirebbe supporto a tutti i livelli, compresi armamenti di ultima generazione.
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