Cassa integrazione, nei prossimi 3 mesi la prevede il 20% delle imprese in Canavese

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IVREA. Aumentano al 20% le imprese che prevedono di far ricorso alla Cassa integrazione in Canavese nei prossimi tre mesi. L’analisi congiunturale sul primo trimestre 2025 di Confindustria Canavese fotografa una situazione difficile in tutta Italia, in Piemonte e in provincia di Torino. Eppure in Canavese, c’è più ottimismo che nel resto della Città metropolitana. Le imprese che prevedono un aumento della produzione prevalgono su quelle che indicano una diminuzione con un saldo ottimisti/pessimisti di +2, 5%, mentre per gli ordini totali le ottimiste superano le pessimiste di poco (+1,2%). In peggioramento i dati della redditività (-8,6%) e ancora negativi ma in leggero miglioramento quelli relativi all’export (-6, 6%). Le attese dell’occupazione sono moderatamente positive (+3, 3%).

«Per questo primo trimestre del nuovo anno – commenta il presidente Paolo Conta – le imprese del Canavese prevedono di aumentare la produzione, addirittura accelerando dal +1,4% previsto per la fine del 2024 ad un +2,2% per l’inizio del 2025. Un dato positivo che è accompagnato dalla volontà del 22,8% dei nostri associati di investire in nuovi impianti. Si tratta di tendenze consolidate, che dimostrano come questo territorio possegga un tessuto economico eterogeneo, e quindi maggiormente in grado di assorbire uno scenario complesso. Se, come evidenza l’aumento del ricorso alla Cassa Integrazione, il 2025 sarà complesso, investimenti e attrattività devono quindi essere messi ancora di più al centro della nostra attività».

Secondo Stanislao Patalani di Cisl Torino e Canavese i risultati dell’indagine mostrano «un quadro a luci e ombre». «Il tessuto imprenditoriale ben radicato nel territorio – spiega – mostra una buona resilienza alle difficoltà congiunturali ma le incertezze del futuro incidono e non poco. La Cisl Torino Canavese non può non rilevare come l’aumento previsto delle ore di Cig sia un ulteriore indebolimento del reddito delle lavoratrici e lavoratori. Sicuramente il settore Automotive ne è il principale protagonista in negativo. Anche se la risposta alle necessità non sono gli ammortizzatori sociali, questa fase delicata deve vedere il rifinanziamento del fondo e la possibilità di ottenere ulteriori periodi in deroga, affinché, in assenza di lavoro, la cassa integrazione non si trasformi in licenziamenti. L’isolamento logistico di cui soffre la nostra Regione e in particolar modo il Canavese ne tratteggia un quadro di notevole complessità. Il territorio ha dimostrato di saper affrontare le difficoltà con grande determinazione ed è quello che serve anche in questo incerto 2025».

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Giovanni Ambrosio, della Cgil di Ivrea, sottolinea invece che «aldilà delle timide previsioni ottimistiche paventate da Confindustria Canavese, da tempo esprime la propria preoccupazione rispetto a ordini, produzione investimenti e occupazione. I dati il nostro possesso disegnano uno scenario molto più cupo rispetto a quello degli industriali fatto di utilizzo pervasivo della cassa integrazione a seguito di mancanza gli ordini che fanno sì che i dati occupazionali siano negativi, con gravi ripercussioni anche sulla retribuzioni dei lavoratori. A novembre un’ora di cassa integrazione valeva meno poco più di 7 euro».

Punta sulla responsabilità delle imprese Luca Cortese della Uil Ivrea e Canavese: «In questi anni abbiamo imparato che gli scenari economici mutano repentinamente e non sono così prevedibili. Noi rivendichiamo aumenti salariali congrui per i lavoratori di ogni settore che recuperiamo in pieno il potere d’acquisto eroso dall’inflazione e incrementano lo stesso. Solo così si può pensare di sostenere i consumi. Il dibattito sull’auto elettrica, ad esempio, dovrebbe iniziare a tenere conto di un fatto imprescindibile. Ad oggi il costo di queste vetture è troppo alto perché una famiglia di lavoratori dipendenti possa mediamente permettersene una. E lo stesso ragionamento vale per molti altri beni di consumo anche più quotidiani, come una cena fuori, una vacanza, un cinema in famiglia o un capo di abbigliamento o uno spettacolo teatrale. Le aziende, che in questi anni hanno fatto profitti senza redistribuire alle maestranze parte degli utili sarà utile che comincino a rinnovare i contratti perché l’aumento dei salari è il primo vero passo verso l’esercizio della responsabilità d’impresa».



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