DeepSeek, stop a chi si registra per usare l’IA cinese: “Stiamo subendo cyberattacchi”

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La startup DeepSeek ha sospeso momentaneamente le nuove registrazioni al suo chatbot omonimo, basato su una potente intelligenza artificiale, a causa di “attacchi informatici su larga scala”.

Lo ha comunicato l’azienda con quartier generale a Hangzhou, in Cina, fornendo una spiegazione ai recenti problemi di accesso alla sua IA generativa.

Troppo traffico per il chatbot

DeepSeek sostiene che gli utenti già registrati possono continuare a utilizzare l’IA, ma in realtà da questa mattina – stando alle prove effettuate anche da Italian Tech – le risposte del chatbot sono molto lente e macchinose.

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Inizialmente si è pensato all’alto traffico che hanno dovuto sostenere, improvvisamente, i server della startup cinese, finita sotto la luce dei riflettori grazie alle sorprendenti capacità di ragionamento del suo ultimo modello di IA, DeepSeek R1, lanciato lo scorso 20 gennaio e immediatamente finito ai primi posti della Chatbot Arena, uno degli strumenti più affidabili e rispettati in rete per la misurazione delle performance delle intelligenza artificiali.

L’ascesa di DeepSeek

DeepSeek, fondata soltanto un anno fa dall’imprenditore Liang Wenfeng, nella giornata di oggi ha anche conquistato il primo posto delle app gratuite più scaricate per iPhone e dispositivi iOS.

Il successo dell’IA cinese, sviluppata a un costo estremamente inferiore rispetto a quelli dichiarati dalle big tech statunitensi, ha fatto crollare le azioni di Nvidia e di altri colossi come Microsoft e Alphabet.

Il nuovo modello R1 di DeepSeek, una soluzione open source capace di ragionare e al tempo stesso di effettuare ricerche sul web, per condire le proprie risposte con informazioni aggiornate, sembra essere in grado di competere con i più celebri modelli di OpenAI (o1 e o1-mini) e di Google (Gemini).

La spallata dell’IA cinese

Proprio la natura open source di questo modello – aperto dunque all’ispezione, all’integrazione e al miglioramento da parte di qualsiasi sviluppatore – ha acceso l’interesse di un settore in cui startup e colossi tech competono per assicurarsi quote di un mercato che – secondo le proiezioni – potrebbe generare oltre mille miliardi di dollari di ricavi nel giro di un decennio.

Nonostante gli ostacoli legati alle restrizioni statunitensi sulle esportazioni di chip in Cina, imposte negli ultimi tre anni sia da Trump sia da Biden, il team di DeepSeek è riuscito a sviluppare modelli evoluti contenendo i costi di addestramento: per il training del modello annunciato a dicembre scorso, V3, si stima che DeepSeek abbia speso appena 5,6 milioni di dollari contro i 100 milioni che sono serviti per allenare le IA più popolari sviluppate in America.

Gli esperti di cybersecurity: “Fare attenzione alla condivisione dei dati”

L’improvvisa sospensione delle registrazioni al chatbot di DeepSeek, che comprende il linguaggio naturale e risponde agli utenti come farebbe una persona in carne e ossa, esplicitando in forma scritta anche i suoi “ragionamenti”, solleva ora domande sulla sicurezza e sull’affidabilità di un prodotto in così rapida ascesa.

“Man mano che le piattaforme di intelligenza artificiale diventano più sofisticate, diventano anche un obiettivo privilegiato per gli hacker, che potrebbero cercare di sfruttare i dati degli utenti o la stessa intelligenza artificiale” sostiene Adrianus Warmenhoven, esperto di cybersecurity di NordVPN.

“L’emergere di startup come DeepSeek rappresenta sia opportunità che preoccupazioni per la sicurezza degli utenti – aggiunge Warmenhoven -. È fondamentale avvicinarsi a queste piattaforme con un certo grado di cautela, soprattutto considerando le leggi sulla privacy dei dati che variano significativamente da una giurisdizione all’altra. DeepSeek, essendo una startup cinese, opera in un contesto normativo in cui il controllo governativo sui dati è molto rigoroso. Ciò solleva potenziali rischi relativi alla raccolta, all’archiviazione e all’utilizzo dei dati. Gli utenti devono essere consapevoli che qualsiasi dato condiviso sulla piattaforma potrebbe essere soggetto ad accesso governativo secondo le leggi sulla sicurezza informatica della Cina, che obbligano le aziende a fornire dati alle autorità su richiesta”.

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