«Ho portato la moda a Cagliari, chiudere i negozi è un dolore»

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«All’apice del successo io e i miei fratelli avevamo dodici negozi, tutti a Cagliari. Siamo stati i primi a portare in città i grandi marchi della moda. Hermes, Fendi, Armani, Missoni, Prada, Ferrè», racconta pescando tra i ricordi Innocenzo («ma tutti mi chiamano Lilli») Ruggieri, imprenditore che per anni ha regnato nelle vie dello shopping. Le ultime due insegne di via Alghero si sono spente lo scorso 31 dicembre: «Ho dovuto chiudere, è stato un grosso dispiacere, ma per fortuna ho trovato un accordo per affittare i locali a una persona di cui ho molta stima». Gli anni che passano («sono ottantatré») non hanno intaccato l’eleganza conosciuta da generazioni di cagliaritani che sono passati tra le boutique del centro e l’Antico caffè – un’altra attività di famiglia –, né lo hanno convinto a fare il semplice pensionato: «Ho ancora tante cose da seguire, non ho nessuna intenzione di smettere». I nonni, arrivati dall’Abruzzo, avevano aperto il primo emporio nel portico Sant’Antonio. Era il 1886. Negli anni Trenta i genitori hanno continuato con un negozio di tessuti in via Savoia, nel cuore della Marina. Poi è arrivata la terza generazione: «Siamo quattro figli: io, mio fratello Ruggiero e le mie sorelle Maria Luisa e Lucia. Negli anni Sessanta abbiamo trasformato quell’attività in un negozio di moda. Andavamo a Parigi a comprare i capi pret-a-porter».

Nessuno in famiglia ha preso il vostro testimone?

«Mia figlia abita a New York ormai da 25 anni. È un architetto. La sua vita è negli Stati Uniti. Ha sposato un italiano e mi ha dato tre nipoti».

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Le dispiace che non abbia seguito la sua strada?

«Sì, molto. Però lo ho accettato. In fondo lo sapevo, è andata a studiare in Inghilterra a 15 anni e già intuivo quello che sarebbe successo».

Ora chiude le sue boutique dopo tanti anni.

«Ma ho affittato i negozi di via Alghero a Patrizia Perez, che ha un atelier in via Satta. Proseguirà con la mia impostazione. E sono contento che abbia assunto i miei collaboratori storici Betty, Emanuele, Simone, Monica e Patrizia».

Nel declino dei negozi di moda tradizionali ha inciso più il commercio online o il mercato parallelo del falso?

«Sicuramente gli acquisti su internet. Soprattutto da quanto le grandi firme hanno iniziato a vendere direttamente i propri capi. Anche se ora questo settore è drogato dal falso. Da poco sono stato a Bodrum, in Turchia, dove sono specializzati. Ho visto borse precise a quelle originali. Chissà: molta gente è convinta di avere una Kelly ma non so quante siano vere. Forse solo gli esperti di Hermes possono saperlo».

Il calendario dei saldi ha un valore diverso rispetto al passato.

«Si accavallano con le vendite promozionali. Questa impostazione ha dato molto fastidio ai negozi di vicinato. Ormai i clienti comprano al 60% in piena campagna vendite. È troppo. Con un sistema del genere possono resistere solo le grandi catene».

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Come cambierà il settore nei prossimi anni?

«Il rapporto col cliente sarà di nuovo importante. Misurare il capo, vederselo addosso, ricevere consigli, intervenire con la piccola sartoria: tutto questo tornerà di moda».

Lilli Ruggieri da giovane
Lilli Ruggieri da giovaneLilli Ruggieri da giovane

Lilli Ruggieri da giovane

La descrivono come una persona molto competitiva.

«Deriva dallo sport. Sono stato campione italiano nei 400 ostacoli nel ‘62-’63 e primatista sardo. Facevo anche i 400 metri e le staffette. A 22 anni mi sono ritirato. Atletica vuol dire andare a letto presto».

E a lei piace vivere anche la notte.

«È vero. Non potevo fare le quattro del mattino e poi andare in pista. Qualche volta ci ho provato ma Ginetto Brusa, il mio allenatore, se ne accorgeva sempre. Mi faceva fare le ripetute sui 200 e poi mi mandava a casa: “stanotte hai esagerato”».

Come era Cagliari in quegli anni?

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«Molto bella. Non c’erano le discoteche, si facevano le feste in casa, oppure al Circolo della Marina. Esistevano i club privati: ne ricordo uno in via della Pineta. Un altro, si chiamava Lauc, vicino all’università».

Lei è un frequentatore della Costa Smeralda.

«Ho comprato casa a Porto Rotondo nel 1972».

Meglio oggi o in quegli anni?

«Non si possono paragonare. Io sono ovviamente più affezionato agli anni Settanta. Le racconto una cosa».

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«Prima per andare a Porto Rotondo c’era una vecchia strada con una galleria molto bassa. La leggenda vuole che gli autobus con i turisti non potessero passare. Non so se sia meglio o peggio, di sicuro c’era meno gente».

Uno dei negozi Ruggieri a CagliariUno dei negozi Ruggieri a Cagliari
Uno dei negozi Ruggieri a CagliariUno dei negozi Ruggieri a Cagliari

Uno dei negozi Ruggieri a Cagliari

Un voto alla città di Cagliari.

«Adesso è più bella di prima. Ormai è votata al turismo. Negli anni Ottanta alcuni hotel chiudevano ad agosto, ora sarebbe impensabile. Per questo dobbiamo dire grazie ai voli low cost».

Le piace la nuova via Roma?

«Mi sembra che il risultato sia abbastanza bello, ma i lavori sono durati troppo e hanno danneggiato le attività commerciali della zona. Anche il traffico ne risentirà. Quando mi invitano a cena alla Marina subito penso “e dove parcheggio?”. Spero che anche al mercato di San Benedetto non succeda altrettanto».

Quanti amici ha?

«Tanti. Non voglio fare nomi. Gente come me, della buona borghesia. Con alcuni abbiamo studiato insieme, con altri ci siano conosciuti uscendo la sera».

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Erano gli anni di Gigi Riva.

«L’ho conoscuito ma non frequentato. Veniva in negozio: parlava poco, si è sposato con una mia carissima amica».

La sua routine oggi.

«Appena sveglio leggo L’Unione Sarda, poi inizio a lavorare a casa e dopo mi trasferisco in ufficio nel mio hotel, che seguo ancora insieme a mio nipote. Mi occupo anche di alcuni immobili di mia proprietà. Lavoro fino a sera».

Cosa le manca di più della giovinezza?

«Lo sport. Ho sbagliato a mettere da parte l’atletica. Ero già nel giro della nazionale, avrei potuto anche sognare le olimpiadi. Però, una volta fermi, bastano uno o due anni per perdere tutto».

Come si tiene in forma?

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«Sono abbastanza pigro, non faccio attività fisica. Quando correvo, tutto era finalizzato al tempo da record, all’agonismo. Facevo i 400 ostacoli in 54 secondi e 9 decimi».

Cosa è l’eleganza?

«È una questione di moderazione, grazia e movimento. Uno può comprare l’abito migliore che ci sia, ma se non lo sa portare c’è poco da fare. Certo, ti deve aiutare il fisico. Se sei alto e magro tutto ti sta bene. Lo stile è diverso: quello non si può imparare».

Michele Ruffi

© Riproduzione riservata



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