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di PIETRO MASSIMO BUSETTA – “Rispondere alle sfide demografiche e offrire opportunità a tutti, in particolare ai giovani, affinché possano rimanere e prosperare nelle loro regioni d’origine, utilizzando il cosiddetto “approccio basato sul territorio” per rispondere meglio alle esigenze locali e collaborare più strettamente con le autorità locali”.
Cosi Raffaele Fitto, vicepresidente esecutivo della Commissione europea, responsabile per la coesione e le riforme, quando è stato audito, nelle osservazioni introduttive dichiarate al Parlamento Europeo.
Ma proviamo a proporre una agenda per il nuovo Commissario, in particolare per gli interessi che riguardano il nostro Paese.
Un compito arduo, quello a cui è chiamato il cavallo di razza pugliese. Ma cambiare cappello e indossare quello super partes dell’ Unione non sarà né semplice né automatico.
Mentre nel ruolo rivestito nel Governo italiano doveva fare i conti con le esigenze di compatibilità con la politica e il bilancio nazionale, adesso dovrà puntare a raggiungere gli obiettivi che l’Europa si pone.
Primo fra questi, come dice bene nelle sue dichiarazioni, puntare a che si eliminino le disparità. Già in queste prime dichiarazioni però si rileva una contraddizione rispetto a quello che si continua a fare a livello nazionale, perché al di là di una distribuzione delle risorse del PNRR, che non ha tenuto conto dell’algoritmo costruito dall’Unione Europea, modificandolo a vantaggio del Nord del Paese, vi è proprio un modello di sviluppo da mettere in discussione.
Poiché il nostro prevede ancora, contrariamente alle sue dichiarazioni, che vi sia uno spostamento delle persone verso i luoghi dove continuano a crearsi posti di lavoro, invece che procedere al contrario. L’esempio di Amazon e Microsoft, come anche la richiesta fallita di una localizzazione della Intel a Vigasio, a due passi da Verona, dimostra che oggi, malgrado tutte le provvidenze sbandierate a favore del Mezzogiorno, l’individuazione della Zes unica di tutto il Sud come nuova terra promessa nella quale investire è solo un mantra.
Che l’affermazione che localizzarsi nel Mezzogiorno diventa molto più interessante che in qualunque altra parte d’italia e d’Europa è solo uno slogan. Perché il risultato è che quando le aziende devono decidere la loro localizzazione hanno più convenienza a stabilirsi nelle realtà già sviluppate, contribuendo a quell’estremo affollamento di alcune aree, che porta a fenomeni di sovra popolazione nazionale e straniera, prodromi agli episodi di violenza che registriamo negli ultimi mesi e che, in una corsa tra affollamento ed esigenza di controllo, esigono l’aumento di Polizia e in generale di Forze dell’Ordine.
Accanto ad una crisi abitativa che certo non viene risolta da quei piccoli vantaggi che il nostro Governo ultimamente, in una visione di un Sud ancillare e colonia interna, riserva a coloro che cambiano la residenza, senza che si affronti mai il vero problema di far creare i nuovi posti di lavoro laddove vi è capitale umano formato disponibile.
Queste le azioni necessarie se non si vuole che le dichiarazioni rimangano grida manzoniane ripetute periodicamente, come litania che dimostra l’inconsistenza delle azioni.
“La politica di coesione si trova al cuore dell’integrazione europea. Deve svolgere un ruolo essenziale per garantire il progresso sociale ed economico dell’Unione europea e nel ridurre le disparità tra i diversi territori e le diverse regioni. Le nostre regioni, le nostre città, le nostre comunità locali e i nostri cittadini sono al centro di questa politica”, ha rilevato Raffaele Fitto.
Per questo nella sua agenda non può esserci soltanto il raggiungimento teorico degli obiettivi del PNRR, in modo da poter incassare le varie rate, ma il controllo effettivo di un’azione che deve produrre risultati tangibili, che vanno misurati sulla base di due parametri fondamentali che sono l’aumento del Pil delle aree interessate e dell’occupazione regolare.
In tal senso Raffaele Fitto sottolinea l’importanza di garantire un’occupazione di alta qualità, la capacità amministrativa locale, le infrastrutture, anche digitali, e i servizi pubblici in ogni regione. Obiettivi importanti se non saranno solo parole.
Avere un commissario italiano, per lo più meridionale, dovrebbe servire a imporre al Paese, che prevalentemente privilegia le esigenze di un Nord bulimico, una politica più equilibrata, che porti fuori dalle secche di uno sviluppo che si confronta con gli zero virgola e conduca a regime quasi la metà del territorio ed un terzo della popolazione.
Un controllo che dovrebbe privilegiare la destinazione dei fondi strutturali, in modo che non vadano a sostituire le risorse ordinarie, come è accaduto anche recentemente per il Fondo Sviluppo e Coesione, destinato in parte al finanziamento del Ponte sullo Stretto, e invece siano utilizzati come risorse aggiuntive.
In alcuni casi tali indirizzi complessivi potranno rientrare nei suoi compiti istituzionali, in altri probabilmente dovranno passare quali indirizzi generali, con le difficoltà che comporta qualunque azione che vuole sovrapporsi alle esigenze nazionali, come si è visto dal comportamento del nostro Paese che per anni ha utilizzato i fondi strutturali per sostituirli a quelli ordinari, con il risultato di avere una spesa pro capite per il Mezzogiorno invece che superiore, come sarebbe naturale considerati i fondi aggiuntivi, invece inferiore visto che era basata sulla spesa storica.
Potrà il nostro Commissario fare molto se riuscirà a comprendere la delicatezza del compito e se le indicazioni della politica nazionale glielo consentiranno, ma anche limitarsi a una continuità che penalizzerà il Sud, come è avvenuto negli anni passati. λ
(Courtesy Il Quotidiano del Sud /
L’Altravoce dell’Italia)
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