Bene la Puglia nella mappa della transizione ecologica italiana di Legambiente – Ambient&Ambienti

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Legambiente presenta i 30 cantieri italiani della transizione ecologica: progetti virtuosi che stanno provando a costruire un futuro più green

 

L’esperienza degli scarti della coltivazione degli ulivi, della raccolta e lavorazione delle olive per la produzione di oli, trasformati in biometano e compost in provincia di Foggia e non solo. La campagna nazionale di Legambiente “I cantieri della transizione ecologica” fa tappa in Puglia e censisce ben 5 storie “virtuose” sulla sostenibilità ambientale che ora fanno parte delle 30 esistenti sul territorio italiano e portate ad esempio. Progetti, innovazioni, imprese, comunità e amministrazioni che hanno avviato un percorso virtuoso per contrastare la crisi climatica e costruire un futuro migliore.

L’associazione ambientalista li ha individuati tramite un tour itinerante, partito 20 mesi fa, nell’ambito della campagna nazionale “I cantieri della transizione ecologica” – “Storie che” – spiega Legambiente – “arrivano dal Nord al Sud e dalle Isole della Penisola e che dimostrano con concretezza la forza della transizione ecologica in diversi ambiti: rivoluzione energetica, adattamento alla crisi climatica, agroecologia, rigenerazione urbana, mobilità sostenibile, riconversione industriale, economia circolare, lotta alle illegalità, aree protette e biodiversità, giovani e università”.

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Legambiente ha inoltre presentato la “Bussola per la competitività” dell’economia italiana: una ricetta per innovare produzioni e prodotti, decarbonizzare l’economia italiana per moltiplicare i posti di lavoro e competere sui mercati internazionali. “la ricetta vincente per accelerare in Italia la transizione ecologica”. L’Emilia Romagna è la regione che registra l’incidenza più elevata di “green jobs”, con il 15% ma la Puglia non demerita, con il 12%, prima regione del Sud insieme al Molise.

Le serre solari di essicamento del fango di depurazione all’impianto Gennarini di Taranto

serre solari di essicamento

Presso l’impianto Gennarini di Taranto c’è il progetto di realizzazione di serre di essiccamento del fango esclusivamente con energia solare, in grado di ridurre la produzione di fango tal quale di circa ulteriori 50.000 tonn/anno. Le serre a energia solare saranno realizzate in policarbonato trasparente e poste a valle dell’esistente disidratazione meccanica, e utilizzeranno esclusivamente le radiazioni solari e il potenziale di essiccamento dell’aria come fonte di energia termica per l’essiccamento del fango già disidratato e inserito in serra, aumentando il tenore di secco del fango stesso dal valore iniziale dell’ordine del 2% a un valore finale dell’ordine del 75-80% in funzione del tempo di detenzione in serra. Il tutto in modo completamente naturale e sostenibile rispetto ad altre tecnologie di essiccamento di pari rendimento. Il sistema di essiccamento solare dei fanghi rappresenterà un upgrade tecnologico della disidratazione meccanica che porterà a una riduzione dei volumi di fango stabilizzato, all’ottimizzazione della filiera di produzione del fango di depurazione, e a un miglioramento complessivo delle prestazioni ambientali degli impianti di depurazione. Inoltre, l’essiccamento solare assicura che il destino finale dei fanghi di depurazione rimanga in linea preferenziale quello di tutte le possibili forme di recupero e, solo in caso di impossibilità, lo smaltimento in discarica.

L’impianto di riciclo dei pannelli fotovoltaici dell’azienda Nicola Veronico Srl di Modugno

l’impianto

Se oggi l’Italia è al primo posto in Europa nella gestione circolare degli oli minerali usati, il merito è da ricondurre al lavoro del CONOU, il Consorzio Nazionale degli Oli Minerali Usati che coordina l’attività di 60 aziende di raccolta e di 2 imprese (3 impianti) di rigenerazione distribuiti sul territorio nazionale. Una di queste aziende è la Nicola Veronico Srl di Modugno che, con i suoi due impianti di stoccaggio a Modugno (BA) e ad Ascoli Satriano (FG), è un punto di riferimento in Puglia e in Italia nella raccolta, trasporto, stoccaggio e trattamento di rifiuti speciali pericolosi e non pericolosi destinati al recupero e/o allo smaltimento.

LEGGI ANCHE: La Veronico compie 50 anni di economia circolare

Grazie ad una filiera coesa e sostenibile, garantisce che neanche una goccia di un rifiuto pericoloso vada dispersa nell’ambiente e che si completi al 100% la circolarità del ciclo. Gli oli usati sono ciò che si recupera alla fine del ciclo di vita dei lubrificanti, che vengono impiegati prevalentemente nel settore industriale e nell’autotrazione per il corretto funzionamento degli impianti e dei motori, riducendo l’attrito delle componenti meccaniche in movimento. Definito dalla legge “rifiuto pericoloso”, l’olio lubrificante usato, se smaltito in modo scorretto o impiegato in modo improprio, può trasformarsi in un potente agente inquinante. Attraverso il sistema di filiera del CONOU, invece, è diventato un’importante risorsa economica per il nostro Paese grazie alla sua raccolta e rigenerazione, potendo tornare a una nuova vita con caratteristiche equivalenti a quelle del lubrificante da cui deriva. Un’attività che ha effetti positivi sia economici che sociali e ambientali: nel 2022 c’è stato un risparmio di circa 130 milioni di euro sulla bolletta petrolifera per importazioni di greggio evitate, un impatto economico rilevante e lavoro per 1.216 persone tra occupazione diretta e indotto e si è evitata l’immissione in atmosfera di 64 mila tonnellate di CO2 equivalente rispetto al modello alternativo (cioè l’estrazione e raffinazione di petrolio vergine come materia prima). Non ultimo, si sono stimati una riduzione dello sfruttamento del suolo del 77%, l’84% in meno di emissioni di anidride solforosa responsabile delle “piogge acide”, un minore impatto in termini di unità tossiche cancerogene dell’84%, e un beneficio in termini di minore incidenza di malattie dovute all’emissione di particolato.

Il  progetto dei giardini Baden Powell di Barletta

C’è un luogo, alla periferia di Barletta, che racconta una storia di partecipazione di cittadini che si prendono cura di un pezzo della città lasciato al degrado per troppo tempo: i giardini di via Leonardo Da Vinci, intitolati nel 2012 al fondatore dello scoutismo Robert Baden Powell.  12mila metri quadri, un vero e proprio polmone verde per il quartiere popolare, in una di quelle zone spesso dimenticate dalle amministrazioni, che negli anni aveva perso la funzione di parco urbano accessibile a tutti, diventando sempre più terra di nessuno.

i giardini come appaiono oggi

Nel dicembre 2020 Legambiente Barletta sigla con l’amministrazione comunale un protocollo di adozione per gestire e prendersi cura a titolo volontario dei giardini di via Da Vinci e fin da subito gli abitanti del quartiere vengono coinvolti per contrastare il dilagante degrado. Nasce così la “Piazzetta del volontariato”, uno spazio adottato dalle varie associazioni per poter essere frequentato dagli abitanti, nascono progetti educativi rivolti ai giovani che cominciano a prendersi cura del parco. Ultimo in ordine temporale la decorazione del teatro grazie ad un progetto dell’istituto artistico e dell’associazione ScartOff.

Oggi questo percorso è in pieno svolgimento e vede la collaborazione di tantissime associazioni ed enti pubblici con un unico obiettivo: riportare questo luogo al suo splendore, restituirlo alla cittadinanza e far tornare le periferie al centro dell’interesse della comunità.

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Sono stati piantumati 54 alberi in aggiunta ai 150 preesistenti. I Giardini Baden Powell rappresentano davvero un esempio di inclusione, socialità e presa di coscienza dell’importanza dei beni comuni come cuore della vita di una città: un simbolo di rinascita che dovrebbe essere preso a modello da tutte le amministrazioni locali.

Niente si butta, tutto si ricicla: il sottoprodotto di scarto delle olive diventa energia rinnovabile

A Cerignola, in provincia di Foggia, l’associazione scopre il lavoro portato avanti in questo territorio da CIB, il Consorzio Italiano Biogas, per rendere fertili i suoli e valorizzare le risorse agricole, e l’impianto a biometano dell’azienda agricola Arca. L’azienda ha realizzato un impianto di digestione anaerobica che trasforma sottoprodotti agricoli come sanse, liquami zootecnici e vinacce in energia rinnovabile. A Cerignola (FG) un impianto tra i primi in Italia che utilizza come risorsa principale il sottoprodotto di scarto delle olive per produrre energia rinnovabile. Punti di forza: far rete con i produttori locali, utilizzare tecnologia avanzate e aderire ai principi del “Bio gas fatto bene” promosso da CIB. I due elementi distintivi dell’impianto di Cerignola, che hanno suscitato l’interesse di Legambiente, sono la realizzazione di una filiera corta con un raggio medio di 10 km e il coinvolgimento del produttore del sottoprodotto principale (sansa e foglie di olive) nella valorizzazione economica di questa risorsa.

In un anno di attività sono state processate circa 60mila tonnellate di sansa e prodotti 4.800.000 m3 di biometano (l’equivalente del fabbisogno annuale di circa 20.000 famiglie) con 51.000 tonnellate di fertilizzante organico di alta qualità riutilizzato sui terreni. Con gli investimenti nel biogas Arca sta contribuendo a rafforzare la competitività delle filiere agroalimentari di qualità in Puglia, in particolare quelle legate alla produzione di olio, cereali e leguminose biologiche. E grazie alla produzione di biometano avanzato partecipa attivamente alla transizione energetica del Paese.

Un “Importante esempio di filiera virtuosa, frutto di una solida alleanza tra economia circolare, agricoltura e innovazione tecnologica, che merita di essere replicato in tutta Italia”. Come lo ha definito Legambiente.





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