Legge elettorale sarda: un sistema che esclude e una richiesta di riforma che cresce | Sardegna che cambia

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«Tra crisi di fiducia e mancanza di trasparenza, la Sardegna ha bisogno di risposte concrete e di una legge elettorale proporzionale». In un clima politico segnato da opacità e crisi, nell’Isola è da tempo attivo un percorso partecipato volto a proporre un cambiamento che sia radicale – in ottica comunitaria – alla legge elettorale sarda. A lanciare la chiamata è stata Sardegna Chiama Sardegna, movimento pubblicamente attivo dal 2023, composto da sardi e sarde tra i 25 e i 40 anni. “Non ci sentiamo rappresentati dai gruppi politici da troppo tempo al governo della nostra isola – si legge dal sito – da cui ereditiamo una Sardegna sempre più impoverita, spopolata e depressa, che si sente dimenticata da chi dovrebbe governare per il bene comune”.

L’obiettivo della chiamata è quello di promuovere una riforma che possa garantire “la rappresentanza politica di tutte le sensibilità presenti in Sardegna, una rappresentanza equilibrata dei territori e un reale equilibrio nella rappresentanza dei generi“. Un lavoro, quello avviato da Sardegna Chiama Sardegna, che mira a rispondere a problemi strutturali che da tempo caratterizzano la politica sarda, aggravati dalla recente vicenda relativa la dichiarazione di decadenza della Presidente Todde. Secondo il movimento, questo episodio non è infatti solo una questione giuridica, ma un segnale di allarme che evidenzia “l’assenza di una visione trasformativa e di un radicamento sociale” nel sistema politico regionale. Ma non solo.

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“La Legge statutaria 1/2013 – si legge nel documento lanciato nel 2023 Cambiamo la legge elettorale sarda – prevede una soglia di sbarramento del cinque per cento per le singole liste non coalizzate, e preclude la possibilità di accedere alla ripartizione dei seggi alle liste unite in una coalizione, quand’anche riportino una cifra elettorale superiore a tale percentuale, se la coalizione stessa non raggiunga almeno il dieci per cento dei voti. La legge elettorale sarda è antidemocratica perché ad ogni tornata fino a 147.000 cittadini non ottengono rappresentanza in Consiglio Regionale. La conseguenza è un’aula poco rappresentativa ed efficace nel risolvere i problemi ed affrontare le sfide del presente e del futuro”.

Ad essere necessario è quindi un cambiamento profondo – spiegano da Sardegna Chiama Sardegna – “per superare l’attuale sistema, che mortifica il pluralismo e alimenta la sfiducia verso la politica”. Il lavoro avviato si fonda quindi su un metodo partecipativo, una risposta collettiva all’attuale legge elettorale per affrontare una crisi che non è solo politica, ma anche etica e sociale.

VOCI DALL’INTERNO

Tra le voci dell’assemblea c’è quella di Giovanna Casagrande, attivista transfemminista che ha risposto alla chiamata di Sardegna Chiama Sardegna. Le sue parole non lasciano spazio a interpretazioni. «Da tempo – spiega Casagrande – è in atto una trasformazione della democrazia, negarlo sarebbe imbarazzante, formalmente tutto richiama ad essa, nella sostanza troviamo che gli spazi si restringono inesorabilmente».

Le persone elette non sono scelte tramite il voto popolare, ma lo stesso serve a ratificare quelle scelte

«La legge, anzi le leggi elettorali, sono l’esempio: il legislatore con questo strumento mira a ottenere un risultato, il mantenimento delle oligarchie che persistono grazie a meccanismi che vedono liste bloccate e finto proporzionale, vedi Rosatellum [in vigore dal 2017, è un sistema elettorale misto con componente maggioritaria e proporzionale, senza voto disgiunto e con soglie di sbarramento, ndr] che inganna l’elettorato convincendolo di una scelta che, nei fatti, è già avvenuta all’interno delle segreterie. Le persone elette non sono scelte tramite il voto popolare, ma lo stesso serve a ratificare quelle scelte». Casagrande critica la legge elettorale sarda, definendola «persino peggiore» del Rosatellum per i suoi effetti distorsivi.

«La legge elettorale sarda infatti, votata nel giugno del 2013 – praticamente a legislatura terminata – ha meccanismi che definire anticostituzionali non è un azzardo: prevede che la carica apicale, la/il presidente, trascini con i suoi voti le liste ad essə collegate creando, come nel caso delle ultime elezioni del 2024, un paradosso. Ad avere numericamente più voti sono state le liste presentate dalla coalizione di centrodestra, ma per uno scarto minimo di preferenze personali alla candidata presidente del campo largo, lo stesso governa. Ma non è tutto».

consiglio regionale sardo
Consiglio regionale sardo

«Le soglie di sbarramento, 10% a coalizione e 5% per lista unitaria, sono una chiara estromissione di soggetti politici che, sfuggendo alla polarizzazione, si presentano con proposte politiche alternative ai due blocchi». Casagrande citando anche il saggio di Antonello Licheri, Elettori silenziati, democrazia a rischio, per evidenziare come il sistema attuale discrimini alcuni soggetti politici e sovrastimi i voti della coalizione vincente tramite il premio di maggioranza.

EQUILIBRI MANCANTI

«Personalmente ho aderito alla chiamata di Sardegna chiama Sardegna, avvenuta a giugno 2024, che ottenendo una buona risposta ha consentito di proseguire con incontri partecipati da diverse forze politiche. Da tali incontri è scaturito un documento che verrà presentato a breve e che, chiedendo l’apertura a tutte le forze politiche, sociali, culturali, associazioni, movimenti eccetera, intende discutere pubblicamente di una legge elettorale proporzionale».

L’attivista sottolinea anche il problema della sottorappresentazione di genere, descrivendo il meccanismo delle liste elettorali come un caso di «pink washing. «Il meccanismo che io definisco “harem”, per cui si creano coppie elettorali in cui l’uomo è candidato fisso e più donne ruotano intorno a lui, è veramente discutibile: le donne devono avere la possibilità di essere elette e non solo candidate. Il 50% dei nomi in lista è ormai chiaramente pink washing [strategia ovvero finalizzata a migliorare la propria immagine, senza un reale impegno concreto per la rappresentanza di genere, ndr] ed è invece importantissimo che tutta la società partecipi alla vita politica, che non è solo quella istituzionale».

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Sardegna Chiama Sardegna

Casagrande fa parte anche di “Deliberiamoci”, un progetto che promuove percorsi partecipativi e l’istituzione di assemblee deliberative per ampliare la democrazia e coinvolgere attivamente i cittadini. «Il momento storico vede l’avanzare delle destre, ma nei discorsi pubblici della politica è evidente l’incomprensione della realtà. Chiunque parli, ad esempio, del fenomeno dell’astensione, vuole nei fatti capirne le vere motivazioni? Io credo di no, anche perché ho passato l’estate a raccogliere le firme per l’abolizione del Rosatellum trovando una indifferenza glaciale proprio a sinistra».

UNA LEGGE ELETTORALE E UN FUTURO DA COSTRUIRE INSIEME

Infine, un monito che guarda al passato per riflettere sul presente. «Le leggi elettorali servono al potere e chi vince detiene il potere e costruisce la narrazione. Guardando M il figlio del secolo, mi sono interrogata sulle reazioni positive del pubblico di sinistra che, probabilmente, non sa che la legge Acerbo non era peggio del Rosatellum e della legge elettorale sarda».

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Per Sardegna Chiama Sardegna, il cambiamento della legge elettorale è quindi un passaggio essenziale per restituire inoltre credibilità e fiducia alla politica sarda. «La Sardegna non può più attendere», sottolinea il movimento, lanciando un appello alla partecipazione collettiva per dare vita a una Sardegna più giusta e rappresentativa.

Maggiori informazioni sono disponibili sul sito di Sardegna Chiama Sardegna, qui



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