Destro (Confindustria): non possiamo più rinviare. Brugnaro: basta campanilismi ottusi
Gli industriali del Veneto orientale hanno deciso di scommetterci, con un’associazione di categoria che unisce le imprese di quattro province — Padova, Venezia, Treviso e Rovigo — ma oltre Confindustria Veneto Est, il sogno di un «sistema nordestino», ossia un mix tra sinergie politiche, economiche e amministrative non è decollato come analizzato nell’editoriale di Alessandro Russello, «Lago e il senso del Nordest. Dalla “rivoluzione” al sistema che non c’è» sul Corriere del Veneto di ieri.
Eppure, i dati economici, demografici e l’attuale situazione geopolitica internazionale imporrebbero di uscire dalla logica dei campanili e «fare squadra». Ne è convinto Leopoldo Destro, oggi delegato nazionale di Confindustria a Trasporti, logistica, industria del turismo e della cultura che è stato tra i promotori dell’unione degli industriali veneziani, trevigiani, padovani e rodigini in una sola organizzazione: «La capacità di fare sistema non è solo una necessità, ma un’opportunità che non possiamo più rimandare».
Nel 2024, la crescita reale del prodotto interno lordo (Pil), rispetto all’anno precedente, si è fermata allo 0,8%, un più, invece, 4,6% dal 2019. L’export è sceso del 2,5% (-2,3% su scala nordest) con una perdita di 1,6 miliardi. E nella classifica dei territori europei Nuts2 (unità territoriali statistiche) la nostra regione occupa la 68esima posizione (su 240) con un Pil procapite che tra il 2019 e il 2024 è passato da 34.200 a 38.700 euro: Bolzano, l’unica italiana ai vertici con il suo 13esimo posto, è a 56.900 (più 8.200 euro in cinque anni). Guardando alle singole province venete la situazione non è più rosea. Vicenza nel 2024 ha avuto la crescita del valore aggiunto reale maggiore (+0,98% sul 2023) dato che la porta al terzo posto in Italia, secondo l’analisi della Cgia di Mestre. Per trovare le altre province bisogna scendere al 14esimo posto (Verona, +0,65%), al 15esimo (Padova, +0,63%), al 23esimo (Treviso, 0,6). Fanalino di coda, Venezia a quota +0,35% e postazione 65.
«La competitività di un territorio e delle sue imprese sui mercati internazionali, la transizione energetica e digitale, lo sviluppo delle infrastrutture e la capacità di attrarre e trattenere talenti richiedono una collaborazione stretta e coordinata a tutti i livelli — osserva Destro —. L’esperienza di Confindustria Veneto Est dimostra che agire in modo sinergico non è un’utopia, ma il risultato di ascolto, confronto e condivisione di obiettivi». Esperienza da prendere come modello anche a livello amministrativo. «È giusto essere orgogliosi di dove si vive ma esiste un campanilismo che è ottuso», dice il sindaco di Venezia Luigi Brugnaro che da presidente degli industriali lagunari spingeva per la Patreve (il famoso acronimo che indica Padova, Treviso e Venezia). Ora il nome non gli piace più — «brutto, non usiamolo più per carità, non è riconoscibile, meglio Venezia» — ma l’idea che lo sottende resta valida. «Bisognerebbe agire su larga scala. Si fa un centro di calcolo quantistico a Padova? Marghera va coinvolta. E le università dovrebbero agire di concerto come un unico grande campus — continua —. Poi ci sono le specificità e i punti di forza locali: per la sanità c’è Padova come per l’industria torna Marghera».
Sul fronte infrastrutture, invece, c’è «l’urgenza di portare l’A27 fino a Monaco per bypassare il Brennero», continua. E come Confindustria ha unito «il bacino idrico della laguna veneta» la stessa sinergia dovrebbe esserci tra amministratori. «Le leggi non ci vengono incontro — spiega Brugnaro — ma per competere con l’Europa la città metropolitana deve estendersi: noi proponemmo di allargarla a chi vuole. Serve coraggio». Non parla di coraggio Destro ma di necessità di una «strategia chiara e condivisa, che coinvolga sia il pubblico che il privato». Con l’obiettivo di «garantire sviluppo sostenibile e inclusivo, a beneficio di imprese, territorio e persone, non limitandosi ad una dimensione locale ma riferendo a una visione europea, soprattutto in ambito infrastrutturale», aggiunge. In Veneto, per Destro, «stiamo andando nella giusta direzione cercando di costruire un modello efficiente» ma bisogna guardare a est «ai corridoi europei» perché «le infrastrutture sono la spina dorsale di competitività e sviluppo anche, e soprattutto, nei momenti di forte cambiamento».
«Qualcosa si sta muovendo», dice l’economista della Fondazione Nordest, Gianluca Toschi. Tuttavia, premessa imprescindibile, dopo anni di crescita «spontaneistica» tra i Novanta e inizio Duemila, il Veneto ha imboccato una china discendente nei confronti dei competitor europei: «Eravamo in testa ma per Pil procapite reale siamo scivolati, non abbiamo tenuto il passo». Il piccolo non è cioè più così bello e «accusiamo il ritardo sulla poca crescita di produttività e tecnologie della comunicazione (Ict, ndr)», spiega. Ma, appunto, qualcosa si muove: «Mondo di università e imprese collaborano e dialogano sempre di più e la nuova legge sull’attrattività della Regione dà la possibilità di portare qui imprese e con loro sviluppo, di andare oltre il solo export». Purtroppo, pensando all’insegnamento di Lago, «resta attuale ma da quarant’anni si parla sempre delle stesse cose». Al di là di tutto, conclude Toschi, «l’urgenza ora è di attrarre capitale umano». Mancano professionisti e lavoratori e non nascono bambini: «Va trovata una soluzione», conclude.
***** l’articolo pubblicato è ritenuto affidabile e di qualità*****
Visita il sito e gli articoli pubblicati cliccando sul seguente link