Grandi Langhe è l’appuntamento annuale di presentazione delle nuove annate organizzato dal Consorzio di Tutela Barolo Barbaresco Alba Langhe e Dogliani e dal Consorzio di Tutela Roero.
Le OGR – Officine Grandi Riparazioni restano luogo privilegiato per l’evento, grazie agli ampi spazi e alla vicinanza al centro di Torino e alla stazione ferroviaria di Porta Susa. C’è pure una fermata della metropolitana comoda e per chi vive in una città che ha una sola e striminzita linea sotterranea è un bel lusso. Per chi scrive di mestiere, poi, la sala stampa (servizio efficiente di AIS, va detto) è un ottimo modo per degustare con calma i vini di maggiore interesse e anche scremare le successive visite ai banchi. Perché, si sa, in piedi si degusta male e le impressioni a volte ingannano.
A proposito di impressioni, quella che riguarda le due tipologie più note della manifestazione parla di un’annata 2021 di grande stoffa per il Barolo, con molti vini che mostrano personalità, definizione, finezza e ottime prospettive di felice invecchiamento, e di una 2022 che per il Barbaresco ha dato vini magari non sempre al livello della 2020 ma quantomeno molto buoni.
Un deciso miglioramento rispetto agli assaggi di un anno fa, rispettivamente delle annate 2020 e 2021 (fu molto meglio la 2021 a Barbaresco della 2020 a Barolo). E Roero? Ho assaggiato poco. Visti i problemi dell’annata 2022 i vini mi sono piaciuti oltre le aspettative. Ho invece saltato del tutto l’Alta Langa, che avrà il suo evento dedicato a marzo. Le mie sono comunque impressioni, staremo a vedere.
Grandi Langhe è bello, anche divertente, ci ho rivisto tanti amici (con promesse di vedersi presto che si realizzeranno forse tardi), l’atmosfera è rilassata nonostante la fatica di chi è dietro i banchi. Mi auguro che tutti gli espositori abbiano avuto il riscontro commerciale e di visibilità atteso. E tuttavia non tutto funziona, non tutto va bene.
Intanto, il numero degli espositori: 500 sono troppi (l’anno scorso se non erro furono 300, che pure sono tanti), non solo per la durata limitata dell’evento. Due giorni con un orario bizzarro come 10-17 servono giusto a farsi un’idea, anche se si va di corsa. Le impressioni, appunto, ché al vino le corse non sono mai piaciute. Mi ero fatto un programma ma potendo andare solo al pomeriggio non lo ho rispettato nemmeno del 50%.
Poi c’è la questione degli accessi. Leggo nei comunicati stampa che ci sarebbero stati oltre 5.000 visitatori con il 20% arrivato dall’estero. Lunedì c’era effettivamente il mondo, ma non so come abbiano fatto a contarli (un amico burlone: li ha contati la Questura). Avranno forse guardato il numero degli accreditati, ché il mio pass non lo ha chiesto nessuno (avrei potuto stamparne ventordici e distribuirli ai passanti fuori dalle OGR) e me lo sono appuntato solo dopo essere arrivato ai banchi di degustazione.
Oltre al numero eccessivo di espositori non ho apprezzato nemmeno l’idea di allargare l’evento anche agli associati ad altri Consorzi. 380 cantine di Langhe e Roero e 120 dal resto del Piemonte. Se fossi un produttore del Monferrato o del Canavese non vorrei stare sotto il cappello delle Langhe, e questa la possiamo catalogare come opinione personale, ma mi metto anche nei panni del buyer canadese che arriva in Piemonte per la prima volta e trova un Barolo in un banchetto e un Gavi in quello di fianco. Sarà confuso o persuaso?
In Borgogna gli eventi di presentazione delle annate riguardano la Borgogna, a Bordeaux troverete solo i Bordeaux, in Jura ci saranno Savagnin e Poulsard, in Loira etc. etc. E pure le presentazioni del Chianti: se cercate vini dell’Elba o di Suvereto lì non li troverete. Invece qui ci riempiamo la bocca di parole come “terroir” e poi finiamo a mescolare tutto. L’identità è importante, va comunicata bene, e sarebbe il caso di guardare agli esempi delle altre zone vinicole, magari imitandole.
Allora perché allargare? Le ipotesi fatele voi, poco cambia che lo si faccia per avere maggiori incassi o per mantenere buoni rapporti con gli altri consorzi piemontesi o per un ingiustificato sentimento di sabauda grandeur (lo stesso che porta a modificare alcuni disciplinari in maniera insensata, ad esempio obbligando ad incomprensibili affinamenti in legno, o a scimmiottare altre realtà già affermate che producono tipologie analoghe alle proprie, in Italia e all’estero).
I miglioramenti dall’anno scorso ci sono stati, quelli possibili per il futuro sono tanti, le proposte possono essere infinite. Ad esempio creare sotto-eventi paralleli dedicati (del tipo: focus sulla annata 2022 a La Morra oppure confronto, sempre sulla 2022, tra Monforte e Barolo). L’evento potrebbe poi essere strutturato con i primi due giorni per Langhe e Roero e un terzo giorno per gli altri Consorzi del Piemonte. Si renderebbe così più agevole e professionale il lavoro di buyer, distributori e ristoratori, che sono il vero pubblico della manifestazione.
Il Piemonte vinicolo, come ogni regione vitata che si rispetti (che rispetta sé stessa), deve vivere delle sue diversità. La sua ricchezza risiede anche in queste.
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