Un piano nazionale casa in grado di garantire un’offerta abitativa più ampia che si basa su quattro leve: urbanistica, una nuova sinergia tra pubblico e privato, leva finanziaria-fiscale e una nuova governance statale con fondi stabili. È quello presentato dall’Ance (Associazione nazionale costruttori edili) in occasione del convegno “La città è per tutti”, focalizzato sui temi dell’emergenza abitativa e dei processi di trasformazione delle nostre città, che ha inaugurato la seconda edizione di “Città in scena”, il festival della rigenerazione urbana promosso da Ance, Associazione Mecenate 90 e Fondazione Musica.
“Sono 650mila le famiglie che aspettano un alloggio pubblico”
Indicativi alcuni numeri e dati snocciolati dal vicepresidente dell’Ance, Stefano Betti. Parlando del tema legato all’emergenza casa, Betti ha spiegato: “In questo momento abbiamo – dato Istat – più di 2 milioni di famiglie che in un modo o nell’altro in Italia hanno dichiarato di voler cambiare abitazione. Cambiare vuol dire migliorare, vuol dire che sono mutate le esigenze, vuol dire ridurre perché la famiglia è diventata più piccola e via dicendo. Non solo: 650mila famiglie – dato Federcasa – aspettano un alloggio pubblico”. Alla luce di questi dati, il vicepresidente dell’Ance ha quindi sottolineato: “È evidente che in condizioni ordinarie la città attualmente purtroppo non è per tutti”.
“Un terzo delle famiglie in affitto spende per l’abitazione il 40 per cento del reddito”
Betti ha poi acceso i riflettori su altri dati interessanti e ha detto: “Un terzo delle famiglie in affitto spende per l’abitazione il 40 per cento del reddito, questo – anche da studi piuttosto recenti – è assolutamente inaccettabile, perché vuol dire che questo tipo di famiglie non è in grado di sostenersi e ciò crea un gigantesco problema riguardo la flessibilità e i movimenti all’interno del nostro Paese. Perché è evidente che, con gli stipendi base, si fa fatica a rimanere nelle città dove il costo della vita è più caro”.
Il vicepresidente dell’Ance ha dunque sottolineato che “sia dal punto di vista del dipendente pubblico sia dal punto di vista del dipendente privato, la mobilità diventa un elemento essenziale. Ma se questo elemento essenziale non è sostenuto da un costo della casa – quindi in generale dall’affitto o dall’eventuale mutuo per la compravendita – con valori inferiori al 30 per cento non si ha la capacità di essere attrattivi come sistema città e come sistema Paese. In termini concreti, questo vuol dire che i nostri giovani non rimangono, perché non hanno la possibilità di rimanere in termini economici, e vanno via. Saremo sempre di più una popolazione anziana e magari insediata in abitazioni che non sono ‘senior housing’, di conseguenza si genera un ulteriore costo per la collettività”.
“Il problema casa è europeo”
Betti ha però poi spiegato che si sta diffondendo “la consapevolezza a livello europeo che il problema casa non è un problema dell’Italia, ma è un problema europeo. C’è una tensione abitativa anche negli altri Paesi europei e questo per certi versi è un bene perché rappresenta una presa di consapevolezza collettiva dell’Europa che un tema casa in generale c’è, non è solo di alcuni Paesi”.
“Il tema degli affitti è diventato più oneroso anche a livello europeo”
Il vicepresidente dell’Ance ha poi parlato della questione affitti e ha detto: “È noto che in Italia ci sia uno sbilanciamento della casa verso la proprietà fin quasi l’80 per cento, mentre in altri Paesi non supera il 50 per cento, ma al netto di queste situazioni diverse, che saranno da tenere conto, il tema degli affitti è diventato più oneroso anche a livello europeo. La novità vera è che per la prima volta c’è un commissario europeo per l’emergenza abitativa. Questo per noi è molto importante perché, pur rimanendo la casa un tema nazionale, la consapevolezza europea da questo punto di vista è fondamentale”. Aggiungendo: “Sostenere gli Stati membri nelle proprie politiche è molto importante, perché solo con fondi che possono provenire anche dall’Europa in una consapevolezza collettiva si potrà risolvere il problema della rigenerazione urbana e in generale della casa”.
Le proposte dell’Ance sulla casa
Betti ha quindi parlato delle proposte formulate dall’Ance e ha affermato: “Sulla casa, come Ance, abbiamo cominciato a elaborare una nostra proposta nazionale, in partnership con Confindustria, che di recente ha espresso, attraverso il proprio presidente Orsini, una necessità di casa accessibile. Casa accessibile per i lavoratori, perché dobbiamo tenere presente che in Italia lo stipendio medio netto del lavoratore si aggira tra i 1.300 e i 1.600 euro. Se assumiamo che non più di un 30 per cento possa essere la spesa per l’affitto, è facile intuire che oggi una famiglia con un solo stipendio non può avere un affitto superiore ai 450 euro, grosso modo questo vuol dire 6/7 euro al mq al mese. Bisogna quindi sviluppare nuovi modelli di intervento, che passano attraverso strumenti innovativi sia dal punto di vista urbanistico, che del fisco e della finanza e soprattutto attraverso un rapporto pubblico-privato, dove si assuma che l’obiettivo della collettività è migliorare la disponibilità dell’affitto. Allora la città diventa attrattiva, in caso contrario la città respinge e, pur in presenza di richieste di posti di lavoro, si ritroverà a non trovare personale, con il rischio per l’intera collettività che le aziende produttive decentrino in altri posti dove il costo dell’affitto è sostenibile da parte del lavoratore. La risposta ovvia alla domanda ‘perché non aumentate gli stipendi’ è che le imprese devono rimanere competitive su scala mondiale e quindi bisogna trovare delle soluzioni di sostenibilità senza andare a intaccare più di tanto questo tipo di argomento”.
Parlando nello specifico del piano nazionale casa in grado di garantire un’offerta abitativa più ampia, il vicepresidente dell’Ance ha spiegato: “La prima leva, quella che ci compete da questo punto di vista, è quella urbanistica: abbiamo bisogno di procedure accelerate e semplificate. C’è poi la leva finanziaria, che passa attraverso il coinvolgimento di una serie di investitori istituzionali, enti e altro, ma soprattutto c’è la necessità di utilizzare i soldi pubblici come un meccanismo di garanzia per lo sviluppo della parte privata. Sul fronte della leva fiscale, se la casa è un obiettivo comune e ha una pubblica utilità per dare risposta alla collettività, bisogna intervenire nell’aumentare gli incentivi fiscali per ridurre i costi di produzione e vendita e rendere la casa più accessibile. Questo è lo scenario nel quale vorremmo lavorare nel prossimo anno”.
In chiusura, la presidente Ance, Federica Brancaccio, ha sottolineato: “Come Ance stiamo portando avanti una proposta sull’abitare che è solo uno dei tasselli della rigenerazione urbana. È qui che ci giochiamo il futuro del Paese, per questo chiediamo al Governo di dare finalmente avvio a un piano complessivo per le città. Le proposte ci sono, è arrivato il momento di metterle in pratica e passare all’azione”.
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