L’Olimpiade italiana inizia il 6 febbraio 2026 a San Siro. Per lo sport bresciano, l’Olimpiade invernale è maledetta: ci proverà Franzoni a rompere il tabù, ma a Pechino 2022 Ravelli e Romele furono strepitosi alle Paralimpiadi
Da oggi non si conteranno più gli anni, ma i giorni. Trecentosessantacinque, poi trecentosessantaquattro, così via sino al 6 febbraio 2026 (le gare però inizieranno due giorni prima con il curling) quando i Giochi invernali di Milano Cortina saranno realtà e non più un miraggio. Ieri sera, A2A – partner domestico dell’Olimpiade italiana, ha celebra il conto alla rovescia con una speciale illuminazione delle sue sedi di Brescia e Milano, per contribuire ad accendere lo spirito dei Giochi e l’attesa per l’evento, che vedrà l’Italia al centro della scena internazionale a partire dai luoghi in cui l’azienda ha iniziato il suo sviluppo.
In Italia, dove le Olimpiadi mancavano dal 2006, quando andarono in scena a Torino, le polemiche si trascinano da tempo. E anche Brescia sarà parzialmente protagonista dell’onda di protesta portata avanti dall’Associazione Proletari Escursionisti: la mobilitazione nazionale, in programma sabato, passerà anche da Ponte di Legno dove ci sarà una manifestazione contro le politiche di sfruttamento e dispendio delle risorse a discapito dell’ambiente, devastato – queste le parole dell’associazione – «per favorire investimenti per impianti e sistemi di innevamento artificiale nonostante lo stato emergenziale evidenziato dalla crisi climatica».
La marcia di avvicinamento però procede, fuori dalla provincia di Brescia, che sarà interessata marginalmente dall’evento: i lavori in Valle Camonica, come raccontato dal Corriere, sono confermati ma inizieranno a Olimpiade finita. Gli impianti di Ponte di Legno potrebbero essere usati da qualche nazionale per gli allenamenti, ma il fulcro delle gare sarà in realtà persino fuori dalla Lombardia: a Milano, dopo la cerimonia inaugurale a San Siro, saranno disputati gli sport al coperto (hockey su ghiaccio tra Santagiulia e Rho; pattinaggio di figura, pattinaggio velocità e short track tra il Forum di Assago e Rho) mentre le gare sulla neve saranno sparse tra Cortina, Bormio, Livigno, Anterselva, Tesero e Predazzo.
Tra i possibili convocati, ad oggi, le uniche chances concrete riguardano Giovanni Franzoni e Marta Rossetti, entrambi gardesani, facenti parte della nazionale di sci alpino: il primo è l’astro nascente nelle prove veloci, la seconda deve trovare la quadratura sulle due manches ma ha già dimostrato di avere i mezzi per stare con le migliori. La resa dei conti, per tutti e due, sarà il prossimo autunno. Ci proverà anche Fabrizio Poli nello sci di fondo, ma per ora i pilastri della spedizione bresciana sono Andrea Ravelli e Giuseppe Romele, atleti paralimpici e già sul podio nell’edizione di Pechino 2022.
I due camuni nobilitarono la spedizione tricolore: Andrea, guida nello sci alpino di Giacomo Bertagnolli, vinse due ori e due argenti: Beppe, impegnato anche a Parigi 2024 nel triathlon, coronò il sogno di una vita conquistando il bronzo nella 10 chilometri di fondo. Cinque medaglie su sette furono made in Brescia, ma l’Olimpiade invernale è da sempre indigesta agli atleti della provincia, nonostante la grande tradizione del territorio. Nessun atleta è mai salito sul podio: i migliori risultati restano i quarti posti, ottenuti a Sochi 2014, di Nadia Fanchini e Daniela Merighetti. A distanza di sei giorni l’una dall’altra, andarono incontro allo stesso crudele destino: la prima in slalom gigante, disciplina che nel tempo ha poi accantonato, la seconda in discesa libera, dove aveva trovato i migliori risultati dopo un inizio di carriera da slalomista. Spetta a loro, insieme a Lido Tomasi (di Vione, interprete del salto con gli sci: fu presente all’Olimpiade dal 1976 al 1984) e a Elena Fanchini, il record di partecipazione: si sono fermati tutti a tre. Nadia saltò i Giochi del 2010 a causa di un infortunio, l’ennesimo, nell’ultima gara a Saint Moritz prima della partenza per Vancouver. Otto anni più tardi, fu l’amata sorella a dover dare forfait: poco prima del Natale 2017, le fu diagnosticato il cancro e la discesista iniziò subito la chemioterapia, pur avendo provato sino all’ultimo a convincere i medici ad aspettare qualche settimana per poter gareggiare a Pyeongchang. Il suo coraggio sia però d’insegnamento, specie adesso che Elena osserva le gare dal cielo: prima di arrendersi, bisogna lottare. Ognuno combatte la sua Olimpiade ogni giorno, non solo ogni quattro anni.
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