Smantellata rete illegale di macellazione di cavalli: arresti

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Un’indagine dei carabinieri del Nas di Perugia ha scoperchiato un business sporco, orchestrato da un’organizzazione che rastrellava cavalli per poi spedirli illegalmente nei macelli clandestini. Gli animali, sottratti con raggiri e inganni, venivano sacrificati senza alcun controllo sanitario, con il rischio di far finire sulle tavole carne contaminata.

Il blitz, messo a segno dai Carabinieri del Nas di Perugia con il supporto dei colleghi di Bari, Torino e Alessandria e delle unità territoriali di Perugia, Barletta-Andria-Trani, Novara e Cuneo, ha portato all’emissione di misure cautelari per sei persone. Gli indagati devono rispondere di un campionario di accuse che spazia dall’associazione per delinquere ai maltrattamenti sugli animali, passando per l’omicidio di equini, la vendita di carne pericolosa per la salute e la falsificazione di documenti pubblici. Un settimo individuo è stato coinvolto, ma senza il legame con la rete criminale.

Cavalli trattati con farmaci vietati e destinati al consumo umano

Le verifiche hanno portato alla luce un quadro da film dell’orrore: cavalli riempiti di farmaci illeciti e buttati nel mercato alimentare come se fossero bistecche qualsiasi. Nulla di tracciabile, nulla di controllabile.

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Il tutto con conseguente grave pericolo per la salute pubblica nonché sottoponendo gli animali interessati a trattamenti crudeli che ne comportavano come esito la morte”, scrive il procuratore del capoluogo umbro, Raffaele Cantone.

Secondo gli investigatori, carne equina imbottita di farmaci proibiti finiva sulle tavole dei consumatori, mentre gli animali subivano torture inaudite prima di essere abbattuti. Cavalli malati o feriti venivano caricati come merce su camion sovraffollati e, in molti casi, arrivavano a destinazione già cadaveri.

La rete criminale aveva studiato ogni dettaglio: i cavalli venivano spediti in Puglia, nei mattatoi clandestini, dove sparivano nel nulla. Per rendere il tutto ancora più invisibile, le registrazioni nella Banca Dati Nazionale degli Equini venivano taroccate con il “codice Z”, eliminando ogni traccia del loro passaggio. Un sistema che funzionava grazie alla complicità di allevatori senza scrupoli e di un funzionario corrotto, capace di far sparire i dati con pochi click

Arresti e misure cautelari per i membri della rete

Il giudice per le indagini preliminari ha deciso di mettere i bastoni tra le ruote alla cricca della macellazione clandestina. Sette persone nel mirino, sei di loro con accuse pesantissime di associazione per delinquere. Quattro sono finite ai domiciliari, ma una è ancora a piede libero. Altri due devono firmare in caserma, ma uno continua a farla franca. Il settimo, pur essendo coinvolto, non risulta affiliato al gruppo.

Quando i carabinieri hanno fatto irruzione, lo spettacolo era degno di un film dell’orrore: un locale trasformato in mattatoio illegale, un autocarro pieno di scarti di macellazione e una montagna di documenti che tracciavano il giro di affari losco. Tra gli incartamenti, passaporti equini e appunti sulle somme incassate, prove schiaccianti di un traffico che ha fruttato fior di quattrini ai suoi artefici.

Un sistema ramificato tra più regioni

L’operazione ha visto in azione i carabinieri dei Nas di Bari, Torino e Alessandria, con il supporto delle unità territoriali di Perugia, Barletta-Andria-Trani, Novara e Cuneo. Dietro il paravento di una normale compravendita di animali, si nascondeva un meccanismo oliato alla perfezione: i cavalli venivano rastrellati gratuitamente da proprietari ignari del loro tragico destino, poi spediti in Puglia e fatti sparire nei macelli clandestini, dove ogni traccia della loro esistenza veniva cancellata.

Ma il vero motore di questa macchina infernale era il denaro. Il traffico di cavalli rappresentava una miniera d’oro per chi lo gestiva: animali vecchi, feriti o semplicemente non più utili venivano sfruttati fino all’ultimo respiro per generare incassi illeciti. Il trasporto? Un vero inferno su ruote: stipati come merce, senza cibo né acqua, spesso arrivavano a destinazione già morti. Un business sporco e crudele, orchestrato da mani esperte nel muoversi tra falle burocratiche e documenti falsificati.



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