Limiti dei modelli di ottimizzazione dei sistemi energetici

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I modelli esistenti di sviluppo dei sistemi energetici nei prossimi decenni hanno diversi limiti. Come possiamo accelerare la transizione se non siamo sicuri che le catene di approvvigionamento delle materie prime critiche siano sufficientemente solide? Occorre rivedere alcune nostre certezze prima che sia troppo tardi.

Per tracciare gli scenari di transizione da un sistema energetico basato sui combustibili fossili verso uno decarbonizzato vengono utilizzati modelli di ottimizzazione (energy system optimization models, ESOMs) le cui analisi, basate su approcci quantitativi attraverso la definizione di un’opportuna metrica, consentono di studiare l’evoluzione del sistema energetico in una scala temporale di lungo periodo attraverso scenari specifici.

Si tratta di strumenti funzionali a supportare i decisori politici nell’identificazione delle ricadute delle politiche energetiche future. Essi consentendo inoltre di analizzare i vincoli posti da un’elevata penetrazione delle tecnologie rinnovabili nel sistema energetico, finalizzata alla riduzione delle emissioni di gas serra. Tecnologie, quelle rinnovabili, più intensive di materiali rispetto a quelle tradizionali e potenzialmente più sensibili alle tensioni geopolitiche.

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Questo può indurre a ritenere che la transizione energetica potrebbe essere definita dalle “curve a S” (S-Shaped_Curves) in quanto il sistema energetico decarbonizzato è caratterizzato da tecnologie di produzione e non da progetti estrattivi.

Queste curve trovano il loro ideale campo di applicazione in ambito tecnologico dove una nuova tecnologia raggiunge un certo punto di svolta catalitico. Una volta raggiunta, la tecnologia può arrivare a raggiungere rapidamente un’elevata quota di mercato.

Dietro ogni curva a S di successo, c’è una curva di apprendimento di successo che renderà la tecnologia sempre più economica quanto più verrà implementata. La stessa tecnologia sarà più distribuita quanto più economica diventa. I pannelli solari, le turbine eoliche e le batterie agli ioni di litio hanno tutti seguito tali curve di apprendimento. Ogni tecnologia ha diminuito i costi di oltre il 90% negli ultimi due decenni, così la loro crescita ha seguito un modello di curva a S.

Ipotetico andamento della transizione energetica. Fonte RMI.

Di contro i progetti estrattivi, necessari a produrre le materie prime per realizzare queste tecnologie, sono quasi l’opposto. Queste si basano su sforzi complessi di larga scala che sono difficili, potenzialmente impossibili, da replicare. La loro efficienza non è dunque analogamente descrivibile mediante un modello di curva a S.

La banalità dell’industria mineraria

Resta quindi il vincolo per questi modelli di ottimizzazione di non poter prescindere dalla necessaria banalità dell’industria mineraria sia essa fondata sui metalli piuttosto che sugli idrocarburi.

Anche il fatto che nel capitolo 4 del recente Word Energy Outlook (WEO 2024) finalizzato all’analisi delle incertezze degli scenari (Exploring uncertainties in the Outlook)non si ravvedano incertezze nell’approvvigionamento dei necessari metalli di base e geochimicamente rari fa supporre una tendenza a privilegiare la ricerca del momento della svolta catalitica più che l’analisi della pesante dipendenza dalle materie prime critiche nell’ipotizzata transizione energetica.

La conferma viene nel capitolo successivo del rapporto dell’Agenzia Internazionale dell’Energia (IEA). In esso si sottolinea che, pur in presenza di significative complessità sulle possibilità dell’industria mineraria di soddisfare la domanda, queste non devono essere interpretate come se gli obiettivi di transizione energetica fossero irraggiungibili a causa di vincoli sul reperimento delle materie prime.

Da cui discende la mancata inclusione dei vincoli dell’approvvigionamento dei necessari volumi fisici dei metalli all’interno dei modelli del sistema energetico di IEA. In altre parole, viene data per certa l’assenza di limiti di crescita del tasso di approvvigionamento di minerali critici. Una componente dell’espansione della nuova capacità installata per le tecnologie necessarie alla transizione energetica che non viene messa in alcun dubbio.

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Curve indicative dei potenziali aumenti dei costi di estrazione in funzione degli aumenti dei costi di estrazione in base al progressivo utilizzo delle riserve. Queste differenze potrebbero avere significative implicazioni nello sviluppo delle tecnologie energetiche. Fonte: Payne Institute – Colorado School of Mines, The state of critical minerals report 2024

Pertanto, questi modelli possono consentire nella loro elaborazione l’installazione di nuove capacità tecnologiche, come eolico e fotovoltaico, anche quando la capacità produttiva dell’industria mineraria non sarebbe in grado di fornire le materie prime per la fabbricazione di questa capacità. L’offerta di minerali critici risponde ai segnali del mercato. A differenza però della maggior parte delle altre materie prime la risposta dell’industria mineraria ha tempi medi molto lunghi. Da un lato, la semplice riattivazione di miniere poste in cura e manutenzione per le condizioni economiche sfavorevoli (si veda il recente caso di Nickel West) può richiedere alcuni anni. Dall’altro, l’apertura di una nuova miniera richiede in media 16 anni dalla scoperta alla prima produzione, dati peraltro confermati dalla stessa IEA.

Fonte: S&P Global

Naturalmente, il discorso di sopra vale nell’ipotesi che le scoperte si verifichino. Aspetto che, al momento, per quanto riguarda il rame, ma non solo, sembra disattendere le teorie dell’Agenzia. Secondo la stessa “non ci sono vincoli alla transizione sul reperimento delle materie prime”. Ne sta prendendo coscienza lo stesso Fatih Birol che prevede un potenziale deficit di rame nel corso del decennio: una previsione pienamente condivisa anche da noi… alcuni anni fa.

I modelli di ottimizzazione dei sistemi energetici.

I modelli di ottimizzazione dei sistemi energetici sono strumenti di modellazione ad alta intensità di dati, estremamente complessi, di concezione relativamente recente. Essi, spesso privilegiano lo sviluppo di valutazioni integrate di energia e mitigazione del clima, ponendo in secondo piano la sicurezza, la resilienza e la fornitura di minerali critici nei percorsi di decarbonizzazione.

Pare questo essere anche il caso del Modello globale per l’energia e il clima (GEC) dell’IEA.  Il GEC è lo strumento principale utilizzato per generare scenari dettagliati a lungo termine in tutte le pubblicazioni dell’Agenzia.

L’Agenzia ha aggiornato la documentazione sul GEC con l’uscita del WEO 2024. In base alla documentazione della precedente versione del GEC, per i minerali critici venivano utilizzati solo nuovi dati sull’attività e sugli sviluppi della chimica delle batterie. Le proiezioni della domanda sono così fornite senza informazioni sulla modellazione dell’offerta se non un generico “Comprehensive analysis of projected demand and supply of critical minerals needed for the energy sector’s transition”. Ciò dice ben poco sui dati e gli algoritmi che governano il modello. Men che meno sulla produzione mineraria critica all’interno delle curve di approvvigionamento delle risorse, alla base della rappresentazione dell’offerta a monte.

Analogamente, risulta indefinito come vengano gestiti i vincoli economici della catena di approvvigionamento dei minerali critici nelle decisioni ottimali di investimento del sistema energetico. Anche se, in questo senso, l’Agenzia specifica che i suoi risultati potrebbero non essere i più economici: “While the model aims to identify an economical way for society to reach the desired scenario outcomes, the results do not necessarily reflect the least-cost way of doing so.”

Curva dei costi per il nichel ottenuta aggregando le riserve dei giacimenti noti e stimando il loro costo di produzione. Fonte: Payne Institute – Colorado School of Mines, The state of critical minerals report 2024

Aspetto che, secondo il Fondo Monetario Internazionale, FMI, non sarebbe così trascurabile. Esso potrebbe infatti rallentare notevolmente il ritmo di diffusione delle nuove tecnologie a basse emissioni di carbonio. Addirittura, ciò potrebbe rendere irraggiungibili gli obiettivi dell’accordo di Parigi. L’anelasticità dell’offerta mineraria a breve termine (uno-cinque anni) potrebbe consentire, come si è già verificato, ai prezzi dei metalli di raggiungere picchi storici per periodi prolungati, rendendo le previsioni di questi modelli quantomeno inaffidabili, se non adeguatamente endogenizzati nei loro algoritmi.

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Si consideri il recente caso del litio: nel 2022, al picco della domanda, sono arrivate sul mercato 784.000 tonnellate di carbonato di litio eq. (LCE) a fronte di una domanda di 854.00 tonnellate. Un deficit dell’8% ha causato il massiccio aumento del prezzo del litio. Nell’anno successivo, è stato sufficiente un surplus dell’offerta pari all’1-3% a causare un altrettanto massiccio calo dei prezzi che vediamo ancora oggi.

Gli input del GEC

Attualmente il GEC stima la domanda di minerali, considerando le tendenze di diffusione dell’energia pulita in base agli scenari STEPS, SDS ed NZE e le specificità all’interno di ogni area tecnologica, come le tipologie di turbine eoliche o di pannelli solari. Gli altri due parametri utilizzati sono: uno, l’impronta metallica (metal footprint), un tipo di impronta materiale che rappresenta la quantità totale di materie prime metalliche richieste da ciascuna tecnologia, come, ad esempio, il contenuto di rame nelle turbine eoliche per MW, l’altro gli eventuali miglioramenti tecnologici per diminuire l’entità dell’impronta.

Nella versione aggiornata del 2024, si aggiungono le proiezioni dell’offerta per i principali minerali della transizione energetica. Queste sono costruite utilizzando i dati relativi alla pipeline di progetti di estrazione e raffinazione operativi e annunciati per Paese. Dati quindi forniti dalle principali società di analisi globali come S&P Global Market Intelligence, Wood Mackenzie, Benchmark Mineral Intelligence e Project Blue.

Ma di questi contributi non si trova traccia nei dati di input chiave (Model key input) del GEC 2024 fornito dalla stessa Agenzia. In definitiva il GEC valuta il fabbisogno di offerta primaria, deducendo dal totale l’offerta secondaria, più diffusamente analizzata nel recente Recycling of Critical Minerals. Il rapporto è stato realizzato su richiesta del Ministero degli Affari Esteri italiano nell’ambito della sua agenda G7. Nel documento emerge come, nonostante le crescenti ambizioni politiche, l’uso di materiali riciclati non sia riuscito finora a tenere il passo con l’aumento del consumo di materiali.

Nel mentre, il riciclo delle batterie agli ioni di litio è di fatto un libro bianco ancora da scrivere. Restano gli effetti sostanziali dell’omissione dei vincoli sull’approvvigionamento dei metalli, come, ad esempio, il crescente costo energetico del loro processo produttivo. Questa mancanza consente ai modelli di stimare tassi di decarbonizzazione a breve termine più rapidi di quelli fisicamente possibili.

Variazioni percentuali del costo della forza lavoro e dell’energia tra il 2019-2022.
Fonte: S&P Global Market Intelligence, Allianz Research

Questa lacuna metodologica è stata, in qualche modo, confermata dalla stessa Agenzia proprio con l’annuncio di una successiva fase del “Voluntary Critical Mineral Security Programme”. Un risultato seguito al già citato mandato conferitole nella riunione dei Ministri del G7 su Clima, Energia e Ambiente tenutasi il 15 e 16 aprile 2023 a Hiroshima in Giappone.

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La previsione di introdurre “opzioni per l’accumulo di scorte e altre misure volte a garantire catene di approvvigionamento trasparenti e resilienti” e “di elaborare una previsione plausibile della domanda e dell’offerta di minerali critici a medio e lungo termine, sulla base delle competenze delle industrie estrattive, produttrici e consumatrici, e valutare la necessità di eventuali misure aggiuntive per prepararsi alle interruzioni di approvvigionamento a breve termine dei minerali critici” dimostra ulteriormente come questi aspetti non fossero inclusi nell’attuale modellistica. Ciò fa comprendere come venga trattata in maniera insufficiente la catena di approvvigionamento dei minerali critici negli attuali modelli di sistema energetico. Un vincolo reale e strutturale sui tassi di diffusione delle nuove capacità di tecnologie, ritenute essenziali per raggiungere gli obbiettivi dell’ormai celebre Net-Zero.


Giovanni Brussato è ingegnere minerario


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