Finalmente l’appuntamento è fissato. Venerdì, ore 10 in Campidoglio, Lotito presenterà «uno studio di pre-fattibilità di 200 pagine sul Flaminio». Aveva già anticipato a novembre la data di domenica 15 dicembre come termine ultimo ma il patron della Lazio ha alzato il telefono proprio ieri che la Roma Nuoto ha spedito la lettera protocollata sul Flaminio, chiedendo al Comune di rispondere entro 5 giorni e chiudere la conferenza dei servizi con esito positivo. «Noi andiamo per conto nostro», continua a ripetere Lotito. Il presidente è convinto di poter superare ogni ostacolo, sebbene esista già il primo parere negativo della Fondazione Musica per Roma, che si occupa dell’Auditorium: «Non m’interessa cosa abbiano scritto nel bilancio 2023, io sto lavorando da mesi con la Soprintendenza, facendo sopralluoghi, e presto vedrete i frutti di un grande progetto, in linea con ogni requisito urbanistico e architettonico».
LA STORIA
C’è oltretutto da mesi un pre-contratto firmato con Legends, colosso fuso con ASM global, che si era già occupato del Flaminio, e un “business plan” comprensivo del piano di fattibilità, di cui l’azienda diventerebbe project manager, gestendo la biglietteria, il merchandising e la vendita al dettaglio. Legends ha la missione di cercare uno sponsor (addirittura Emirates interessato) per affiancare un’operazione oggi stimata in circa 250-300 milioni di euro, e da sfoggiare anche sulla maglia della Lazio. Il modello finanziario è quello del Real, da cui è nata l’idea di Lotito: un uomo a lui vicino ha parlato con Butragueno, vice di Perez, ed è poi volato a Londra da Legends per la «pianificazione, la gestione del progetto e le operazioni future dello stadio». Non a caso, il presidente ultimamente ha ammesso l’accordo e citato i Galacticos: «Il Real ha ristrutturato lo stadio e lo ha fatto diventare un punto di riferimento di Madrid grazie a una partnership pubblica e privata. Anche in Italia dobbiamo ricreare delle strutture che coniugano l’aspetto economico-finanziario e la fruibilità in condizioni di sicurezza. Basta situazioni come il Flaminio. Era un fiore all’occhiello, oggi è in stato abbandono». Lotito diretto interessato alla proposta di norma presentata dal senatore Mario Occhiuto del suo stesso partito (Forza Italia) per snellire l’iter burocratico per rimodernare gli stadi (semplificazione delle procedure di appalto, conferenza di servizi in tempi record, incentivi economici e un fondo nazionale), come da lui stesso ammesso: «Sto approcciando a un progetto e questa legge è fondamentale. Voglio lasciare alla Lazio un patrimonio per il futuro».
IL FUTURO
Il Flaminio per trasformare la Lazio in una big in grado di competere con le altre potenze del calcio, senza più le ristrettezze economiche dell’ultimo ventennio. Il progetto visionario e ambizioso di Lotito sta prendendo corpo, sempre che non venga stoppato subito. Uno stadio da 45-49mila posti, che prevederà una doppia ipotesi sul tavolo del Campidoglio: un Flaminio senza copertura e uno con una copertura mobile con filtri sonori da chiudere per i grandi eventi — soprattutto concerti con un calendario vero e proprio di cui si occuperebbero Legeds e ASM — in modo da ridurre sensibilmente l’impatto acustico sul resto del quartiere, a patto che la Soprintendenza sia d’accordo. Lotito si è affidato a colossi internazionali, pur coinvolgendo la famiglia Nervi e l’università nel progetto, perché dev’essere presente il territorio romano. L’idea è far capire alla città che si può riqualificare un quadrante centrale ormai abbandonato (come lo Stamford Bridge a Londra) e ridare anche valore a tutti gli immobili intorno. I parcheggi non avranno chissà quale incisività, c’è un piano di viabilità predisposto. Lotito è pronto a giocarsi questa grande partita, di alto livello, vuole incidere il suo nome sui sanpietrini, mica mollare la Lazio: «Non ci penso proprio, anzi tutto il contrario». Perché non ha un progetto a debito. Il Flaminio diventerebbe una gallina dalle uova d’oro, i numeri del business plan sono da capogiro. Venerdì prima parola al Campidoglio per accendere o spegnere il sogno.
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