Lunedì 9 dicembre si è svolto il webinar intitolato “La presenza mafiosa nell’economia veronese: aggiornamento dello scenario” organizzato dalla Camera di commercio di Verona in collaborazione con Avviso Pubblico. L’evento ha rappresentato un’importante occasione di incontro e confronto per discutere dell’evoluzione delle mafie a Verona, comprendere le nuove dinamiche e analizzare le strategie per contrastare questo fenomeno.
Ad introdurre l’incontro i saluti di Pietro Scola, Dirigente della Camera di Commercio di Verona, che ha sottolineato che il seminario di oggi si inserisce all’interno di un progetto dinamico più ampio nato dalla collaborazione tra la Camera di Commercio di Verona e Avviso Pubblico che ha portato alla costituzione di una Consulta della Legalità.
“La Camera di Commercio di Verona – afferma Pietro Scola – ha creato una rete di legalità organizzata tramite la Consulta della Legalità per promuovere sensibilità e informazione tra gli attori economici locali. Lo scopo è quello di contrastare l’illegalità e la penetrazione, nell’economia sana di Verona e provincia, della criminalità organizzata perché così come le cosche mafiose si evolvono anche l’informazione e la sensibilizzazione non possono rimanere statiche ma devono stare al passo e capire l’evoluzione di questi fenomeni”.
“L’aggiornamento serve anzitutto per capire come rafforzare l’attività di prevenzione – ha dichiarato il Coordinatore nazionale di Avviso Pubblico, Pierpaolo Romani, moderatore dell’incontro –. A Verona ci sono state inchieste importanti: Isola scaligera, Taurus, e ora l’inchiesta sulla Fondazione Arena. Nei giorni scorsi due indagini antimafia importanti hanno riguardato Brescia e Trento. Alcune perquisizioni hanno interessato anche il territorio veronese”.
Verona del resto è un territorio molto ricco: 93mila imprese, di cui oltre la metà sono imprese individuali, 435mila occupati, il PIL prodotto è di 32,2 mld di euro. L’obiettivo è capire quindi come difendere l’economia sana, che affronta diverse sfide, compreso il passaggio generazionale dentro le imprese e possibili cambi di proprietà. Qualche settimana fa un’impresa ha fatto un’analisi sulle SOS (segnalazioni di operazioni sospette) ricevute dall’unità di Informazione Finanziaria della Banca d’Italia: il numero di SOS dal 1° gennaio 2023 al 30 giugno 2024 è arrivato a 3.000 in provincia di Verona (la seconda provincia veneta).
Il Veneto è, inoltre, presente con varie città nelle prime posizioni della classifica delle SOS collegate alle attività delle organizzazioni criminali. Non solo: dal 2022 al gennaio 2024 la prefettura di Verona ha emesso 22 interdittive antimafia. Tutto questo dà, innanzitutto, la cifra di come i capitali sospetti vengano inseriti nell’economia. Ciò, peraltro, non potrebbe avvenire senza la complicità di alcuni liberi professionisti. Spesso, infatti, le indagini partono da illeciti di natura fiscale per arrivare alla scoperta di reati di criminalità organizzata e di corruzione.
A seguire l’Avvocato Chiara Palumbo ha evidenziato come “Su questo territorio, dove le piccole e piccolissime imprese sono molte e rappresentano il sostrato economico genetico dell’economia locale, le cosche hanno sviluppato un inserimento capillare, le cui attività passano attraverso l’evasione fiscale e le false fatturazioni, per gestire attività di riciclaggio e usura, con imprenditori che finiscono nelle mani degli usurai.
“Le inchieste che si sono susseguite (Isola Scaligera e Taurus, per le quali dopo una “doppia conforme” tra primo grado e appello si attende il giudizio in Cassazione, ma anche Isola-bis, l’inchiesta sulle false fatturazioni legate all’Arena di Verona e un’altra inchiesta sempre in tema di fatture false) confermano l’esistenza nel panorama veronese di un sistema messo in piedi con estrema accortezza nei confronti della piccola e piccolissima imprenditoria locale, per gestire l’accesso al credito e per realizzare operazioni di evasione fiscale e riciclaggio“.
“Si sta verificando uno spossessamento delle aziende, che passano sotto il controllo delle cosche, che a loro volta nel nostro territorio preferiscono modalità di approccio che destano meno allarme sociale. Gli imprenditori che pensano possa essere conveniente la relazione con le mafie finiscono per perdere le loro stesse aziende”.
Emanuele Camerota, Tenente Colonnello della Guardia di Finanza, Comandante del Nucleo di polizia economico-finanziaria di Verona, ha invece fatto una riflessione sull’evasione fiscale e le false fatturazioni come principale modalità per far arrivare i soldi alle cosche. “Le mafie negano la libertà di impresa e le parti offese sono molteplici: da una parte ci sono gli imprenditori onesti che cercano di rispettare le regole vendendo servizi a un prezzo più elevato rispetto a chi evade o usa altri stratagemmi; dall’altra ci sono i consumatori finali, che ricevono un servizio non garantito”.
“E poi ci sono i lavoratori, anzi, una massa di lavoratori a basso costo a cui vengono sottratte le tutele assicurative e le garanzie previdenziali. In sostanza sono fenomeni pluri-offensivi che si insinuano nel mercato, alterando la concorrenza, con l’effetto di decine di imprenditori spossessati delle loro attività. Si può aiutare il mercato soltanto con un lavoro in rete fra associazioni di categoria, forze di polizia, sistema bancario, professionisti e Camere di commercio, per costruire una messa a sistema di questo patrimonio di informazioni che tutti loro possono fornire”.
L’incontro si è concluso con la fortissima testimonianza di Rocco Mangiardi, imprenditore e testimone di giustizia calabrese ha trovato il coraggio di denunciare i suoi estorsori.
“Ho aperto la mia attività di autoricambi a Lamezia Terme, una città che per decenni è stata teatro di crudeli e sanguinarie guerre tra cosche per il controllo del territorio. In particolare nei primi anni 2000 la famiglia Giampà era impegnata in una spietata faida contro la famiglia Torcasio che aveva lasciato sul terreno una impressionante scia di vittime: una guerra che i Giampà devono finanziare per cui ben presto anche la mia attività è finita nel mirino”.
“Io però ho deciso di ribellarmi e di denunciare i miei estorsori, cinque persone in particolare – ha continuato Mangiardi – Un gesto che ha consentito di aprire una prima crepa nel muro di impunità che sembrava avvolgere il clan. Grazie alla mia denuncia e testimonianza il potente boss Pasquale Giampà è stato condannato insieme ad alcuni dei suoi killer più feroci. E mettendo da parte la paura, che c’è sempre, posso dirvi che io ho acquistato la dignità e la libertà. Perché quello che dobbiamo ricordarci sempre è che il nostro dito puntato nelle aule dei tribunali è molto più potente delle loro pistole”.
***** l’articolo pubblicato è ritenuto affidabile e di qualità*****
Visita il sito e gli articoli pubblicati cliccando sul seguente link