Maracchi: Come il clima cambia la vita

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di Marco Lapi

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Un climatologo che si occupa anche di ecologia, economia locale e tradizioni del territorio può forse apparire presuntuoso agli specialisti di questi settori, ma se risponde al nome di Giampiero Maracchi i dubbi fanno presto a svanire. Personaggio ormai popolare non solo in Toscana ma anche a livello nazionale, sa tradurre in termini divulgativi i concetti spesso ostici della meteorologia senza mai rinunciare alla sua marcata parlata fiorentina. Reduce dalla recente conferenza internazionale sul clima di Copenaghen, lunedì 11 gennaio alla Colombaria di Firenze ci parlerà per l’appunto di globalizzazione, territorio e cambiamenti climatici. Sarà l’occasione anche per presentare i volumi «Clima, territori e tradizioni di Toscana», editi da Edifir in collaborazione con la Regione Toscana e l’Ente Cassa di Risparmio di Firenze, da lui stesso ideati, curati e coordinati e dei quali abbiamo parlato nel numero 44 del 6 dicembre 2009, a pagina 21.

Secondo Maracchi, il nostro modello di società ha messo in evidenza soprattutto negli ultimi tempi dei limiti importanti, come evidenzia anche l’enciclica «Caritas in veritate», che per il professore rappresenta «una svolta epocale» per l’attenzione verso il Creato, ripresa anche nel messaggio per la Giornata della pace. Le risorse naturali, che sono il «cuore» dei territori, sono state finora utilizzate in modo indiscriminato. Oggi i limiti anche in termini di quantità e di grado di benessere sono evidenti, ma il sistema che avevamo messo in piedi praticamente non ne teneva conto, e le risorse che mancavano le si andavano a prendere altrove, magari nelle colonie. Allora la soluzione qual è? Non si può pretendere di trovarla in due minuti, afferma il climatologo: bisogna esaminare tutti i fattori, capire cosa ha funzionato e cosa no e indirizzarsi verso un modello diverso. Il problema è cosa si fa, come si cambia, come si rimodifica l’economia, è capire se è possibile un’economia locale a fianco di quella globale. Come nel caso del progetto sul tessile coordinato dallo stesso Maracchi, di cui abbiamo ampiamente parlato su Toscana Oggi n. 40 dell’8 novembre 2009, a pagina 10 (Chilometro zero e filiera corta in Toscana), che prevede l’utilizzazione della lana toscana, che oggi si butta via per importare quella della Nuova Zelanda o dell’Australia. Non solo: avendo perso totalmente il know how, per ripartire oggi siamo costretti a importare, oltre alla lana, anche i tosatori perché non ne abbiamo più. «E questo – esclama il professore – è un non senso, magari non da un punto di vista strettamente economico ma certamente da uno più generale». E aggiunge: «Dobbiamo usare altri indicatori che non siano il Pil e non tanto ritornare al passato, ma reinventare una società che tenga però conto di valori dimenticati come la sobrietà, che era tipica delle civiltà rurali al di là della loro condizione o meno di povertà. Un valore che è esattamente il contrario del consumismo e che proprio per questo è rivoluzionario. Viviamo un momento storico di passaggio, secondo me più o meno simile al Rinascimento. Quanto ci voglia a cambiare non lo so, certo è che oggi le cose rispetto al passato vanno più veloci tanto che oggi due secoli corrispondono a vent’anni».

Ma lunedì 11 non mancherà certamente almeno un accenno al clima che ha caratterizzato le festività natalizie. Fenomeni, secondo Maracchi, ormai normali in Italia e particolarmente problematici in Toscana per la barriera naturale rappresentata dalle Apuane, così prossime al mare. «Fatto sta – spiega il professore – che, a partire dagli anni ’90, la differenza di temperatura tra le masse d’aria provenienti da nord e quelle che vengono da sud è maggiore poiché le seconde sono più calde rispetto al passato, e questo modifica la circolazione dell’aria provocando il cambiamento delle sequenze dei venti anche nella nostra regione: ne consegue che è aumentato non tanto il totale annuo delle precipitazioni ma la loro intensità». E anche la stabilizzazione del fenomeno nell’ultimo decennio non basta a dare garanzie per il futuro.



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