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Le nuove tecnologia legate agli NFT e all’Intelligenza Artificiale non sono entrate prepotentemente solo nel mondo dell’economia e della finanza, nell’organizzazione dei processi produttivi e gestionali, e infine, in particolare con la AI, nella nostra vita di tutti i giorni, ma anche in quello dell’arte. Dopo il clamore e le vendite a prezzi stellari dei primi anni, l’interesse sugli NFT sembra essersi già molto ridimensionato, mentre le vere frontiere dell’AI, anche in arte, sono probabilmente ancora da esplorare.

La ricerca di nuovi linguaggi espressivi capaci di aggiungere qualcosa di nuovo nel panorama artistico, attraverso l’impiego della tecnologia e non, è fortunatamente molto più ampia, e negli ultimi anni, grazie ad artisti giovani, ha saputo produrre degli esiti diversi ed interessanti.

Vediamo in questa carrellata, estesa a culture di tutto il mondo, alcuni esempi di artisti le cui opere trascendono i mezzi tradizionali e gli spazi espositivi, affrontando temi urgenti come la giustizia climatica, la salute mentale o la decolonizzazione, o che utilizzano approcci innovativi, sfruttando la tecnologia come strumento espressivo.

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Vista la nostra attenzione per l’attualità espositiva e per l’Italia, vogliamo partire da un artista italiano e da una mostra appena inagurata a Brugherio presso la Galleria Esposizioni di Palazzo Ghirlanda Silva. Si tratta di Michele Farina, protagonista della mostra “Terramorfosi” a cura di Anastasia Pestinova. Ispirata al concetto di “compost tecnologico” elaborato da Donna Haraway, la mostra riflette sulla trasformazione continua di dati, immagini e materiali attraverso una logica circolare. L’esposizione invita i visitatori a riflettere su come la tecnologia, lungi dall’essere uno strumento neutro, possa reinterpretare e amplificare la logica della natura, creando un dialogo tra memoria, innovazione e sostenibilità.

Michele Farina (1995) è un artista e designer multidisciplinare il cui si distingue per un coinvolgimento profondo sia con i media tradizionali che con quelli digitali, combinando design generativo, modellazione parametrica ed espressione artistica. La sua pratica si caratterizza per l’interesse verso i pattern organici della natura e le potenzialità della tecnologia, temi che esplora spesso attraverso la stampa 3D, installazioni video e arte interattiva. Un esempio ne è l’opera “Organismi digitali vivono nelle memorie dei gusci mortali” dove utilizza gusci di ostriche e proiezioni digitali per evocare la fragilità della vita nell’era ipertecnologica.

Di seguito richiamiamo i nomi di altri artisti il cui impegno evidenzia come l’innovazione nelle arti visive possa scaturire dall’uso creativo delle tecnologie digitali e interattive, senza dover necessariamente appoggiarsi a mode come gli NFT o all’impiego diretto di sistemi basati su intelligenza artificiale. Gli artisti delle nuove generazioni, infatti, stanno espandendo i confini della percezione e della comunicazione visiva attraverso l’integrazione di discipline e metodologie che coinvolgono sia il corpo sia l’ambiente digitale, aprendo nuove strade alla creatività contemporanea.

Questi artisti, pur operando in contesti e con linguaggi differenti, condividono quindi l’obiettivo di espandere le modalità di fruizione dell’arte. L’integrazione delle tecnologie digitali nei loro processi creativi non intende sostituire la sensibilità umana, ma potenziarla, offrendo al pubblico esperienze coinvolgenti e partecipative che aprono nuovi orizzonti per l’arte contemporanea.

Carrie Able (USA)
Carrie Able è una artista multidisciplinare statunitense che fonde tecniche pittoriche tradizionali con installazioni immersive digitali. La sua pratica integra pittura, scultura e suono per creare esperienze multisensoriali che invitano lo spettatore a interagire in modo diretto con l’opera, offrendo così un nuovo modo di “vivere” l’arte senza ridursi a semplici immagini digitali. leggi il resto dell’articolo»

Rafaël Rozendaal (Paesi Bassi)

Light: Rafaël Rozendaal, Museum of Modern Art – November 16, 2024 – Spring 2025. Curated by Paola Antonelli – Photos by Jonathan Dorado

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Rafaël Rozendaal è noto per trasformare il web in una tela interattiva. Le sue opere, che consistono in siti web minimalisti e dinamici, consentono a chiunque di navigare tra forme e colori in modo personale e diretto. Questa pratica non solo democratizza l’accesso all’arte, ma spinge anche a ripensare il concetto di “spazio espositivo” oltre i confini fisici tradizionali.

teamLab (Giappone)
teamLab è un collettivo artistico giapponese che crea installazioni immersive e interattive, trasformando spazi museali e pubblici in ambienti digitali in continua evoluzione. Le loro opere, realizzate attraverso proiezioni, mapping e interazione con il movimento del pubblico, offrono esperienze che fondono il reale con il virtuale in modo fluido e coinvolgente, dimostrando come la tecnologia possa arricchire la percezione visiva senza fare affidamento su tecnologie NFT o di intelligenza artificiale in senso stretto.

Lina Iris Viktor (Regno Unito/Liberia)
Lina Iris Viktor, artista liberiano-britannica con base in Italia, si distingue per la sua capacità di coniugare tecniche antiche come la doratura con metodi contemporanei, creando opere che vibrano di luce e simbolismo. Il suo approccio, che sfrutta materiali tradizionali per esprimere temi profondi legati all’identità e alla storia, offre un esempio di come il dialogo tra passato e presente possa produrre opere visivamente potenti e culturalmente ricche.

Rafael Parratoro (Venezuela/Argentina)
Rafael Parratoro, nato a Caracas e attivo principalmente in America Latina, utilizza la kinetic art e tecniche di realtà aumentata per creare opere che giocano con il movimento e l’ottica. Pur integrando strumenti digitali, la sua pratica si concentra sulla trasformazione dello spazio e sull’esperienza visiva in tempo reale, rimanendo fedele a un’estetica che valorizza la materialità e l’interazione diretta senza cadere nell’uso esclusivo di NFT o AI.

Un altro sguardo all’Italia

Mattia Casalegno
Questo artista italiano si è distinto per il suo lavoro interdisciplinare che fonde performance live‐media e installazioni interattive. La sua pratica, che include l’uso di tecnologie come l’EEG e il biofeedback, esplora in modo originale le relazioni tra il corpo, la percezione e il digitale, offrendo una visione nuova e critica sul rapporto fra tecnologia e soggettività.

Luca Pozzi
Pozzi integra arte e scienza in maniera sorprendente, sfruttando tecnologie come la levitazione elettromagnetica, la fotografia sperimentale e installazioni che si ispirano ai concetti della fisica e della cosmologia. Le sue opere – ad esempio le serie che giocano con il concetto di “Supersymmetric Partners” – trasformano il tradizionale atto visivo, offrendo un’esperienza che fonde tempo, spazio e materia in maniera inedita.

Chiara Passa
Con una carriera iniziata già negli anni ’90, Passa continua a rinnovarsi sperimentando forme di net art e installazioni interattive. I suoi progetti, come la serie “Live Architectures” e “The Widget Art Gallery”, ridefiniscono lo spazio espositivo digitale e pubblico, creando ambienti in cui il virtuale e il fisico dialogano e si trasformano continuamente, offrendo nuove modalità di interazione e fruizione visiva.

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Identità culturale e reinterpretazione del patrimonio

Alcuni giovani artisti stanno fondendo tradizioni ancestrali con temi contemporanei per creare narrazioni stratificate. Ad esempio:

Yuma Radné (Buriato-Mongolia)
unisce il folklore buriato (gruppo etnico mongolo originario della Siberia, principalmente nella regione della Buriazia – Federazione Russa – e della Mongolia settentrionale) con la mitopoiesi moderna (processo di creazione di nuovi miti o di reinterpretazione di miti antichi in chiave contemporanea), utilizzando creature vibranti e fantastiche per esplorare le identità post-sovietiche e diasporiche. L’inserimento inconscio di motivi simbolici culturali, come i pesci, collega la spiritualità antica all’introspezione moderna.

Otis Hope Carey (Gumbaynggirr-Bundjalung, Australia)
integra la cultura del surf indigena e la danza cerimoniale in pennellate cicliche, riflettendo sia il suo patrimonio culturale sia la connessione con l’ambiente.

Orry Shenjobi (Nigeriano-Britannico)
documenta le feste Yoruba “Owambe” attraverso opere multimediali che preservano la memoria collettiva e, al contempo, criticano la mercificazione culturale.

Questi artisti sfidano le narrazioni omogeneizzate, rivitalizzando tradizioni marginalizzate in modi che risuonano su scala globale.

Sperimentazione materica e sostenibilità

L’innovazione si estende a materiali non convenzionali e pratiche eco-consapevoli:

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Juliana Góngora (Colombia)
utilizza elementi organici come seta di ragno e sale per creare sculture tattili, enfatizzando la collaborazione con comunità indigene e l’approvvigionamento etico.

Nicolas Tovar (USA/UK)
trasforma detriti urbani—come resti di biciclette Lime e residui di studio— in “luoghi della memoria”, fondendo segni accidentali con un design intenzionale per criticare il consumismo.

Naomi Hawksley (USA)
impiega il vellum traslucido per esplorare temi di vulnerabilità, contrapponendo delicate opere a matita a un senso di intimità ed esposizione.
Queste pratiche si allineano alla più ampia tendenza dell’arte sostenibile, dove materiali scartati acquisiscono nuova vita come dichiarazioni sociali cariche di significato.

Arte immersiva e partecipativa

Gli artisti stanno abbattendo la quarta parete per coinvolgere il pubblico fisicamente ed emotivamente:

Pedro Hoz (Spagna)
crea paesaggi surreali ispirati a Bosch, in cui gli spettatori devono cercare simboli nascosti, mescolando interattività ludica e riflessione esistenziale.

Keiken Collective (UK)
utilizza AR/VR per criticare il consumismo in Metaverse: We Are at the End of Something, invitando il pubblico a interrogarsi sui confini tra digitale e fisico.

Tennant Creek Brio (Australia)
riutilizza materiali di recupero (barili di petrolio, cofani d’auto) per creare installazioni che richiedono la partecipazione collettiva per decodificare storie post-coloniali.

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Queste opere danno priorità all’esperienza collettiva rispetto all’osservazione passiva, ridefinendo l’arte come un processo dinamico e condiviso.

Narrazioni queer e diasporiche

Una nuova ondata di artisti mette al centro identità marginalizzate attraverso narrazioni intime:

Salman Toor (Pakistan/USA)
dipinge uomini queer di origine asiatica in momenti quotidiani ma carichi di tensione emotiva, fondendo il chiaroscuro alla Rembrandt con ansie contemporanee legate alla diaspora.

Ho Tam (Hong Kong/Canada)
utilizza fotografia e video per esplorare la migrazione e l’identità queer, adottando uno stile editoriale visivo che mescola umorismo e critica.

Maty Biayenda (Francia)
rappresenta dinamiche di potere femminile Black attraverso tessuti e pittura, ispirandosi alla sua identità queer e a figure come Grace Jones.

Le loro opere destabilizzano le strutture normative, offrendo prospettive sfumate su appartenenza e resistenza.

Iperrealismo ed estetica del quotidiano

Alcuni artisti trovano profondità nell’ordinario:

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Callum Eaton (UK)
eleva bancomat, distributori automatici e sacchetti della spesa Waitrose in dipinti iperrealistici, celebrando oggetti urbani trascurati come simboli di bellezza.

Anna Weyant (Canada/USA)
impiega tecniche di stratificazione rinascimentale per rappresentare scene ironicamente cupe, sovvertendo il ritratto tradizionale con temi esistenziali moderni.

Thomas J Price (UK)
scolpisce figure Black in pose quotidiane (ad esempio, mentre usano il telefono), sfidando la cancellazione storica con un’attenzione meticolosa alla dignità del quotidiano.

Attraverso la ricontestualizzazione del banale, questi artisti stimolano una riflessione sul consumismo, sull’identità e sul valore delle esperienze di tutti i giorni.





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