Siccità, reti colabrodo e dighe “abbandonate”, così la Sicilia non uscirà mai dall’emergenza – BlogSicilia

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“La diga Trinità rappresenta sicuramente l’emblema del fallimento delle politiche regionali sulla gestione dei bacini idrici in generale”. E’ solo una frase, la prima dell’intervista a Cristina Ciminnisi, deputato 5 stelle all’Ars, eletta nel Trapanese, e divenuta la maggiore esperta, nell’opposizione, di reti, dighe e crisi idrica.

L’esponente del Parlamento regionale, ospite di TalkSicilia, la trasmissione di approfondimento di BlogSicilia, spara a zero sulle scelte regionali, addita i tempi biblici per i dissalatori e critica anche le ultime scelte fatte nel settore delle dighe a cominciare dallo scandalo della diga Trinità, un impianto giunto alla fine della sua vita senza essere mai stato neanche collaudato.

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Una intera comunità condannata all’estinzione produttiva

“Purtroppo la diga Trinità serve un territorio di 6000 ettari di terreni coltivati che sono quelli prevalentemente dell’area del Belice, quindi la zona sud della provincia trapanese, una zona che vive di agricoltura, un territorio che vive di viticoltura e di olivo coltura di pregio. Una comunità produttiva che senza acqua è destinata ad abbandonare le colture”.

E’ durissima Cristina Ciminnisi nell’additare le responsabilità della politica “Sono problemi, quelli della diga Trinità, che purtroppo erano noti da molti anni. Anni durante i quali si sono messe solo pezze per rimandare il problema. Si tratta di una diga che in tutta la sua vita non è mai stata collaudata. Questo è il primo paradosso, ma non è l’unico. Pochi se lo ricordano ma la diga è già stata al centro di danni e polemiche”.

La diga ha già fatto danni nel 2021

“Basta tornare indietro di qualche anno, all’alluvione del 2021, in seguito alla quale si decise di aprire le paratoie della diga e ovviamente far defluire via tutta l’acqua. la conseguenza fu l’allagamento delle campagne circostanti con il fiume Delia che tracimò  fino ad arrivare al centro abitato di Mazara del Vallo. In quella circostanza si comprese veramente in maniera visibile che la diga aveva delle criticità strutturali importanti. Da lì in poi sono state imposte limitazioni di invaso che negli anni sono diventate sempre più stringenti. Oggi siamo arrivati alla messa fuori esercizio. Non si tratta di un parziale svuotamento ma della fine dei giochi per questa infrastruttura. Una beffa dopo un anno di siccità, perché gli agricoltori del trapanese, messi in ginocchio negli anni passati prima dalla peronospora e poi ovviamente da questa grave siccità che ha colpito la Sicilia in particolare nell’ultimo anno, oggi vedono materialmente tutta quest’acqua che viene buttata a mare e no intravedono soluzioni neanche per il futuro”.

La diga deve chiudere

“La diga è stata dichiarata fuori esercizio con un procedimento che in realtà ha preso le mosse già ad aprile 2024 e che a gennaio 2025 ha visto soltanto l’avvio della sua fase di conclusione. Uno svuotamento già in fase avanzata perché in corso da due settimane. La quota attualmente fissata è di 50 metri sul livello del mare, quando la diga, seppur con le sue limitazioni, aveva invasato acqua fino a 62 metri sul livello del mare”.

Una quota che è, comunque una sorta di “presa in giro” perché sotto i 50 metri di fatto si tratta di svuotamento visto che “la quota di interramento della diga è di 57 metri. Si tratta, di fatto, di un ordine di svuotamento totale. Chi si reca oggi in loco può vedere questo fiume d’acqua che scorre ovviamente alla velocità di 100 metri cubi al secondo che viene materialmente buttata in mare: una beffa per gli agricoltori in una terra che viene da un anno di siccità in cui il Presidente Schifani in maniera incredibile, a mio modo di vedere, dichiarava alla stampa di essere sereno perché la crisi idrica poteva essere risolta.

Ma una volta svuotata la diga si potrà intervenire per ripristinarla?

“L’Assessore ha preso tempo su questo perché l’intenzione è quello di nominare un nuovo consulente, nella speranza che questo nuovo consulente, di cui ancora non sappiamo il nome, trovi una soluzione. Abbiamo affrontato la questione in commissione valutando la possibilità di riportare l’invaso almeno a una quota di 61,90 sopra il livello del mare che sarebbe comunque insufficiente per garantire la campagna irriguo, perché per un’erogazione di soccorso la capienza dovrebbe essere di almeno 64 metri sul livello del mare.  61 e 90 sarebbe un piccolissimo risultato che non potrebbe comunque garantire totalmente la campagna irrigua. Ma comunque sarebbe sempre un intervento tampone”.

Che soluzioni?

“Abbiamo chiesto se c’è la possibilità di mettere a terra nel brevissimo periodo progetti di interconnessione con altri bacini che possano consentire, bypassando la diga, l’immissione direttamente in condotta di una risorsa idrica che comunque serva a quel territorio ma purtroppo attualmente non c’è questa prospettiva. Non ci sono progetti che ci possano consentire di far arrivare l’acqua da altri bacini per quel territorio quindi indirettamente alla condotta bypassando la diga. E nemmeno progetti per riversare altrove l’acqua della diga che viene buttata via”

Il rischio che avvenga lo stesso con altre dighe siciliane

“Esiste un tema generale legato alla manutenzione dei bacini idrici, che siano invasi o che si tratta di bacini fluviali. Il tema dell’acqua in generale passa attraverso le infrastrutture dedicate.  Non è solo un tema riguardante l’uso irriguo ma se noi ci spostiamo sull’uso idropotabile, quindi l’uso civico, la situazione non è molto migliore. Il fatto che in alcune ATI non si sia individuato in quest’anno un soggetto gestore ha portato alla perdita di tantissime risorse derivanti dall’Europa quindi dei fondi FESR in particolare”.

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Risorse europee per le reti andate perse

“Il fatto che per esempio, l’ATI di Trapani non abbia individuato il gestore idrico ha bloccato i finanziamenti non solo in quel territorio ma in tutta la Regione. Per accedere a quelle risorse che potevano servire per l’ammodernamento delle reti, per tutte le infrastrutture l’individuazione del gestore è condizione indispensabile per le regole europee”.

Le perdite di rete

“Oggi nella nostra regione le risorse idriche sono molto carenti perché in media il 40% della risorsa idrica si disperde nelle nostre condotte fatiscenti. C’è un problema infrastrutturale importante a cui questo Governo di fatto non sembra aver posto rimedio non avendo programmato adeguatamente le risorse. C’è una cabina di regia che gestisce interventi d’emergenza puntuali in termini di crisi idrica ma si tratta di revamping di pozzi, acquisto di autobotti. È chiaro che non sono soluzioni sul lungo periodo ma sono soluzioni puntuali per affrontare le singole emergenze”.

“Non voglio fare una polemica sul ponte sullo Stretto, non voglio fare una polemica sui termovalorizzatori, però è chiaro che si poteva fare una scelta politica diversa. Invece l’unico investimento, se tale si può considerare in materia di crisi idrica è quello dei tre dissalatori di Trapani, Porto Empedocle e Gela rispetto ai quali siamo comunque commissariati”

“Sui dissalatori, inoltre, non sappiamo ancora quale sarà la portata effettiva perché attualmente si parla di 96 litri secondo per ciascun dissalatori. Comprendete che rispetto all’esigenza, al fabbisogno regionale o comunque delle singole aree che andrebbero a servire questi dissalatori parliamo veramente, è il caso di dirlo, di una goccia nell’oceano perché 96 litri secondo sono veramente pochissimi. Inoltre non sappiamo quando saranno pronti, probabilmente non prima dell’estate, quindi bisognerà prepararsi ad un’altra estate in cui non potremo dire di essere stati colti di sorpresa”

Cosa fare

“Bisogna mettere a terra una progettualità seria, rivedere tutto l’accordo di coesione (quello con lo Stato nel qual ci sono i soldi per il Ponte e quelli per i termovalorizzatori ndr) e investire tutte le risorse del FSC disponibili sulla questione idrica. Questo è il vero tema oggi per la Sicilia: l’acqua. Siamo nel 2025. È incredibile che le infrastrutture idriche che dovrebbero essere considerate primarie abbiano ancora questi problemi. Non possiamo disperdere questa risorsa preziosa”.

 

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