Caselli: “La mafia esiste, ma si nega il concorso esterno. Il capostipite di questo negazionismo? Berlusconi”

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C’era un tempo in cui la mafia “non esisteva”, anche se uccideva. Un’epoca in cui illustri esponenti delle istituzioni, politici e uomini di potere si affrettavano a minimizzare, quando non a negare apertamente, l’esistenza stessa delle organizzazioni mafiose. Oggi la mafia esiste, è riconosciuta, è studiata e raccontata, ma il negazionismo non è scomparso. Si è solo trasformato, diventando più raffinato e subdolo. Lo ha spiegato con estrema chiarezza Giancarlo Caselli, ex procuratore capo di Palermo e Torino, nel corso di un incontro pubblico tenutosi nel nuovo polo universitario di Aosta.

“Il negazionismo di ieri, che negava la mafia stessa, oggi si esprime in un modo più sofisticato: si nega il concorso esterno mafioso” ha affermato Caselli, evidenziando come l’evoluzione del fenomeno criminale sia andata di pari passo con quella della sua narrazione pubblica. I mafiosi sono gangster, certo, ma se fossero solo questo, se si limitassero a essere criminali isolati e brutali, non sarebbero riusciti a sopravvivere, adattarsi e prosperare per due secoli.

“Le relazioni esterne con il mondo legale sono la spina dorsale della mafia. Senza complici esterni, senza quei soggetti che si muovono nella zona grigia tra legalità e criminalità, le mafie non avrebbero mai avuto la forza di resistere e rinnovarsi”, ha sottolineato l’ex magistrato.

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Ed è proprio qui che entra in gioco il grande paradosso del nostro tempo: nessuno osa più negare l’esistenza delle mafie, ma molti si ostinano a negare il ruolo di quei soggetti che, pur non essendo formalmente affiliati, forniscono un supporto indispensabile alle organizzazioni criminali. “Per cui non si nega la mafia, ma il concorso esterno”, ha detto Caselli, ricordando come il primo e più noto esponente di questa corrente di pensiero sia stato Silvio Berlusconi, che arrivò ad affermare che “la nota magistratura di sinistra ha creato il concorso esterno, un reato che non esiste”. Un’affermazione che, secondo l’ex procuratore, ha alimentato la retorica di chi ha sempre cercato di ridimensionare l’impatto delle collusioni tra criminalità organizzata e pezzi del mondo economico e politico.

Caselli ha poi acceso i riflettori sulla presenza delle mafie al Nord, sfatando il mito di un’Italia settentrionale immune da infiltrazioni e condizionamenti. “Le mafie al Nord sono consolidate”, ha dichiarato senza mezzi termini, evidenziando come il contesto economico e finanziario di regioni come il Piemonte e la Valle d’Aosta offra un terreno fertile per il riciclaggio di denaro sporco. “Oggi è aumentata la facilità di circolazione di merce e denaro, e la mafia ha necessità di riciclare. Dove deve andare? Deve spostarsi al Nord, dove, nonostante la crisi, i soldi continuano a esserci”.

Non solo: le porte del Nord per la ‘ndrangheta, secondo Caselli, sono rimaste spalancate. “In Piemonte e anche in Valle d’Aosta la ‘ndrangheta ha registrato una curva in crescita, in un contesto in cui il contrasto all’inizio è stato quasi inesistente”. La criminalità organizzata ha approfittato dell’assenza di una risposta adeguata, della sottovalutazione del problema da parte di molti amministratori e della fragilità di alcuni settori economici. Oggi la situazione è mutata, ma non abbastanza da invertire la tendenza. “Se l’acqua bagna, bisogna attrezzarsi e aprire gli ombrelli, ma pochi lo hanno fatto, nonostante in questi ultimi trent’anni di sirene di allarme ne siano suonate tante e forti”, ha ammonito Caselli.

A portare il saluto istituzionale all’incontro è stato Alberto Bertin, presidente del Consiglio Valle, che ha ribadito l’impegno delle istituzioni regionali nella promozione della legalità. “Per noi, la presenza del procuratore Caselli, con la sua lunga carriera dedicata alla giustizia, è un momento importante e un grande esempio. Come Consiglio regionale abbiamo voluto istituire l’osservatorio sulla legalità e sosteniamo con forza iniziative di questo genere”, ha dichiarato Bertin, sottolineando l’importanza di tenere alta la guardia su un fenomeno che non risparmia neppure i territori più piccoli e apparentemente lontani dalla criminalità organizzata.

L’incontro ha rappresentato un’occasione preziosa per riflettere sul fenomeno mafioso e sulla sua capacità di insinuarsi in ambiti insospettabili, trovando terreno fertile nella connivenza, nel silenzio e nelle zone d’ombra della politica e dell’economia. La mafia, insomma, esiste. Il problema è che, ancora oggi, c’è chi si ostina a non voler vedere come si muove.

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