Ogni professionista deduce le spese di sua competenza se l’ufficio è condiviso

Effettua la tua ricerca

More results...

Generic selectors
Exact matches only
Search in title
Search in content
Post Type Selectors
Filter by Categories
#finsubito

Finanziamenti personali e aziendali

Prestiti immediati

 


Con il DLgs. 192/2024 di riforma dell’IRPEF e dell’IRES sono stati codificati, nell’ambito della disciplina dei redditi di lavoro autonomo, i chiarimenti forniti dalla prassi in materia di riaddebito dei costi per l’uso comune degli immobili destinati all’esercizio dell’attività artistica o professionale (circ. Agenzia delle Entrate n. 38/2010, § 3.4 e n. 58/2001, § 2.3).

Il nuovo art. 54 comma 2 lett. c) del TUIR, infatti, stabilisce che non concorrono a formare il reddito di lavoro autonomo le somme percepite a titolo di “riaddebito ad altri soggetti delle spese sostenute per l’uso comune degli immobili utilizzati, anche promiscuamente, per l’esercizio dell’attività e per i servizi a essi connessi”.
Coerentemente, l’art. 54-ter comma 1 del TUIR prevede che le spese riaddebitate non siano deducibili dal reddito di lavoro autonomo del soggetto che le sostiene.

Generalmente, i soggetti che condividono un ufficio svolgono attività “affini” (es. avvocati e commercialisti), sicché, nella maggioranza dei casi, le spese sono riaddebitate ad altri lavoratori autonomi. In questo caso, ciascun utilizzatore può dedurre dal reddito la quota di spese riferibile alla propria attività.
La disciplina in esame, comunque, si applica anche se gli altri soggetti esercitano attività d’impresa o utilizzano l’immobile per fini privati, in quanto l’art. 54 comma 2 lett. c) del TUIR non pone particolari condizioni sul soggetto destinatario del riaddebito.

Prestito condominio

per lavori di ristrutturazione

 

Per quanto riguarda la tipologia di costi oggetto di riaddebito, la norma fa riferimento sia alle spese sostenute per l’uso comune dell’immobile (es. canone di locazione), sia alle spese sostenute per i servizi a esso relativi (es. utenze e spese condominiali).
In ogni caso, deve trattarsi di spese meramente “riaddebitate”, come accade nel caso in cui il contratto di locazione dell’ufficio sia intestato a un solo professionista, ma il canone venga ripartito tra tutti gli utilizzatori secondo criteri prestabiliti.

L’ipotesi in cui tra il professionista intestatario del contratto e gli altri soggetti sia stato stipulato un contratto di sub-locazione (parziale) dovrebbe, invece, collocarsi al di fuori della disciplina del riaddebito. Tale fattispecie può dare origine a un reddito in capo al professionista sub-locatore (pari alla differenza tra il canone di sub-locazione e il canone di locazione “pro quota”) qualificato dalla giurisprudenza, in modo condivisibile, come reddito diverso ex art. 67 comma 1 lett. h) del TUIR (Cass. n. 10160/2020 e C.T. Reg. Sicilia n. 346/3/2022).

Tale impostazione dovrebbe rimanere valida anche dopo l’introduzione del “principio di omnicomprensività”, in quanto potrebbe non ravvisarsi un nesso di causalità tra il canone di sub-locazione e l’attività artistica o professionale. Si pensi al caso di un professionista che utilizza come studio una parte della sua abitazione e concede in sub-locazione una stanza a un altro soggetto. Sembra difficile sostenere che il canone di locazione sia percepito “in relazione” all’attività professionale

Uso comune fuori dall’uso promiscuo

Il nuovo art. 54 comma 2 lett. c) del TUIR, oltre a codificare quanto già precisato dalla prassi in tema di riaddebito delle spese comuni dell’immobile, ha il pregio di offrire un chiarimento in merito alla nozione di “immobili ad uso promiscuo”, ossia di immobili adibiti promiscuamente “all’esercizio dell’arte o professione e all’uso personale o familiare del contribuente” (art. 54-quinquies comma 3 del TUIR).
Secondo l’orientamento prevalente, il concetto di uso promiscuo sarebbe riferito all’utilizzo dell’immobile in parte per l’esercizio dell’attività lavorativa e in parte per esigenze abitative o, comunque, connesse alla vita quotidiana del professionista.

Una parte della dottrina ha invece ricondotto nell’“uso personale o familiare” ogni forma di sfruttamento parziale dell’immobile per scopi non strettamente inerenti all’attività lavorativa, compreso il caso in cui l’immobile sia utilizzato da altri professionisti, con conseguente deducibilità delle spese nella misura forfetaria del 50%.
Tale posizione pare oggi superata dalla nuova norma, la quale stabilisce che “anche” un immobile utilizzato “promiscuamente” dal professionista può essere utilizzato in “comune” con altri soggetti, tenendo distinta la fattispecie di “uso promiscuo” da quella di “uso comune”. Si pensi al medico che utilizza un piano della propria abitazione come ambulatorio (uso promiscuo), in condivisione con altri medici (uso comune).

In questo caso, occorre stabilire come coordinare l’indeducibilità forfetaria del 50% dei costi relativi all’immobile per l’uso promiscuo con l’indeducibilità analitica dei costi riaddebitati per l’uso comune dell’immobile. Ipotizzando che le spese relative all’immobile siano pari a 100, di cui il 20% oggetto di riaddebito, una possibile soluzione è quella di determinare le spese di “competenza” del professionista (80) e considerarle deducibili per il 50% (40).



Source link

Finanziamo agevolati

Contributi per le imprese

 

***** l’articolo pubblicato è ritenuto affidabile e di qualità*****

Visita il sito e gli articoli pubblicati cliccando sul seguente link

Source link