9 dicembre 2024, a cura di Basil Germond, docente di sicurezza internazionale, Dipartimento di politica, filosofia e religione della Lancaster University, https://theconversation.com/how-the-loss-of-its-mediterranean-naval-base-in-syria-would-weaken-russia-as-a-global-power-245585 – La caduta del regime di Assad è un duro colpo per la politica estera e il prestigio di Mosca, poiché, non ultimo tra gli insuccessi, vi è la prospettiva di dover eventualmente accettare la perdita della sua unica base navale in Mediterraneo, situata nel porto di Tartus, sulla costa mediterranea siriana. Il destino di questa infrastruttura militare non è ancora segnato e non vi è dubbio che i massimi diplomatici del Cremlino lavoreranno duramente con i nuovi governanti di Damasco allo scopo di assicurare la loro unica stazione di rifornimento e riparazione nel Mediterraneo.
L’UNICA BASE NAVALE IN MEDITERRANEO
Tuttavia, la partenza di tutte le navi da guerra russe da Tartus, avvenuta la scorsa settimana, indica che la marina militare della Federazione russa è stata sopraffatta dagli eventi e, a questo punto, il risultato probabile è che l’accesso a lungo termine di Mosca alla base sarà quantomeno compromesso. Da quando Pietro il Grande creò la regolare Marina imperiale russa nel 1696, la diplomazia e le forze militari di Mosca hanno costantemente lottato per avere accesso alle «acque calde». In effetti, l’accesso della Russia alle rotte di comunicazione marittime globali passa attraverso mari chiusi (vale a dire il Mar Baltico, il Mar Nero e il Mar del Giappone, che non offrono un accesso incondizionato agli oceani) oppure in ambienti naturali ostili (quali l’Oceano Artico e il Mare di Bering) che tendono a rendere pericolosa la navigazione. Per aver aiutato il regime di Bashar al-Assad nel corso della guerra civile siriana, iniziata nel 2011, una delle contropartite maggiormente ambita da Mosca era stato l’accesso alla base navale di Tartus. Dal 2013, Assad ha fornito alla marina russa un approdo sicuro alle sue navi da guerra di stazza media operanti nel Mediterraneo. Il suo scopo principale era quello di consentire la manutenzione e il rifornimento delle unità navali russe, consentendo loro di operare nella regione per periodi di tempo prolungati. Così, la task force inviata dal Cremlino ha utilizzato Tartus come base dalla quale condurre esercitazioni navali e schierare il dispositivo militare russo per monitorare le forze della NATO nel bacino, questo allo scopo di contrastare (o almeno testare) il predominio occidentale in Mediterraneo.
CONSEGUENZE GEOPOLITICHE DI PIÙ AMPIA PORTATA
Se Mosca perdesse definitivamente Tartus per lei si produrrebbero diverse conseguenze, più importante delle quali l’abbandono da parte della propria task force navale permanente in Mediterraneo del porto siriano e il successivo lungo (e francamente umiliante) viaggio di ritorno in Russia, eventualità scongiurabile soltanto dal rinvenimento di un’altra base temporanea nella regione. A seguito dell’invasione militare russa su vasta scala dell’Ucraina nel 2022, Ankara ha chiuso lo stretto turco alle navi da guerra di Mosca in applicazione della Convenzione di Montreux. Un aspetto che comporta l’impraticabilità del Bosforo per le unità che incrociano nel Mediterraneo che devono fare il rentro a Sebastopoli o Novorossiysk, nel Mar Nero. Sul lungo termine, la presenza russa in Mediterraneo (e, per estensione, anche nel Medio Oriente) dunque diminuirebbe. Le forze navali svolgono un ruolo chiave per la proiezione di potenza, lo dimostra il fatto che il predominio militare globale occidentale si basa sulla capacità di schierare forze in tutto il mondo per lunghi periodi di tempo. Solitamente, per le marine militari questo presuppone il preposizionamento di grandi gruppi di battaglia inclusive di portaerei. È un tipo di capacità in cui la Russia è storicamente rimasta indietro rispetto alla NATO e all’Occidente in generale, una deficienza che l’ha ostacolata nell’azione di dispiegamento militare a livello globale. In questi casi la logistica risulta fondamentale, quindi la perdita di Tartus, unitamente alla chiusura prolungata degli stretti turchi al transito delle sue navi da guerra, stante il perdurante conflitto in Ucraina, danneggerebbe seriamente la capacità di Mosca di fare ricorso a task force navali allo scopo di supportare le operazioni terrestri nella regione e altrove.
SI RIDUCE LA CAPACITÀ DI PROIEZIONE MILITARE DELLA RUSSIA
Infine, il ruolo delle forze navali è anche quello di proteggere le rotte di comunicazione marittime globali e le proprie marine mercantili. Con le sanzioni occidentali che limitano le operazioni di spedizione commerciale da e per la Russia, quest’ultima ha dipeso sempre più dalla sua flotta di navi, indispensabili al fine di mantenere la propria catena di approvvigionamento. Tuttavia, nel nuovo contesto venutosi a determinare qualsiasi limite imposto alla potenza navale di Mosca sarebbe in grado di influire negativamente sulla sicurezza degli approvvigionamenti diretti ai civili e delle sue operazioni commerciali. L’incapacità manifestata dal Cremlino di salvare il suo clientes siriano avrà profonde conseguenze sulla diplomazia russa in Africa, Asia e Sud America, dove non potrà più operare con la medesima facilità come in precedenza. Ma, a parte tutto questo, è altresì importante riconoscere che, sul piano simbolico, la minaccia della perdita di un’infrastruttura navale danneggia la credibilità della Russia nel mondo. Uno smacco che avviene dopo che aveva già subito un colpo non indifferente a seguito dei numerosi contrattempi verificatisi alla sua flotta nel Mar Nero. La perdita di Tartus non costringerà certamente Mosca a arrestare la sua guerra in Ucraina, poiché in passato i russi hanno dimostrato resilienza di fronte alle battute d’arresto che incidevano sulla sua strategia, però si tratta senza dubbio di un duro colpo all’immagine di grande potenza. E questo è qualcosa che il Cremlino non può permettersi prima dell’avvio della seconda presidenza di Donald Trump.
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