Che Fare per l’istruzione degli adulti oggi in Italia – Education 2.0

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FierIDA è un’importante manifestazione nazionale dedicata all’Istruzione degli Adulti in Italia. Promotori e organizzatori di questo  momento di incontro e confronto sono la RIDAP (Rete Italiana Istruzione degli Adulti ) e la rete nazionale dei CPIA ( Centri Provinciali di Istruzione degli Adulti) e delle istituzioni scolastiche che svolgono  corsi per adulti. Anche l’edizione 2025, che si è svolta recentemente a Roma, ha offerto  un’opportunità unica di confronto tra dirigenti scolastici, docenti, personale ATA e altri soggetti che operano nel campo dell’istruzione degli adulti nella prospettiva dell’apprendimento lungo tutto il corso della vita. Decisori politici, amministrazioni centrali, regioni, enti locali, università, centri di ricerca, terzo settore e parti sociali. FierIDA non vuole essere solo una vetrina nazionale del comparto scolastico dell’istruzione degli adulti nei suoi processi evolutivi e innovativi, ma un laboratorio di analisi, riflessione, proposta sulle strategie di sviluppo di un sistema di formazione in età adulta che risponda alla molteplicità della domanda esplicita e potenziale.  

Education   ha chiesto al prof. Paolo Sciclone di Eda forum, tra i promotori dell’iniziativa in qualità di testimone “storico” e di protagonista dell’educazione degli adulti in Italia, di trarre un breve bilancio dei lavori evidenziando sia gli elementi  che aprono  prospettive nuove per questo importante settore   sia gli ostacoli che impediscono il decollo di un sistema ben definito anche in termini ordinamentali e capace di un efficace coordinamento  e integrazione, a livello nazionale e locale, di tutte le risorse necessarie. 

Il problema di tutte, o quasi, le rassegne sull’EdA – non mi riferisco soltanto a Fierida, ma in generale – è che descrivono quello che c’è, non quello che dovrebbe esserci. Si sente sempre il bisogno, più che legittimo, di raccontarsi perché crediamo di avere fatto qualcosa di positivo, che merita far conoscere per mostrare esempi illuminanti, senza considerare che se fossero positivi “urbi et orbi” non staremo ancora a domandarci perché sussiste nella popolazione italiana la povertà educativa con così  alti valori. Anche nel percorso avviato come Gruppo Nazionale per l’Apprendimento Permanente, intrapreso proprio  per superare questo handicap, stiamo rischiando di cadere nel solito errore. Almeno per le tappe (i Cantieri) finora realizzate. Ci vogliono le ricerche, le analisi, le raccolte di dati, le esposizioni delle buone pratiche, ma poi bisogna costruire il PROGETTO. Disegnare un sistema organico e integrato di misura nazionale ma articolato territorialmente. E dopo averlo disegnato,  sperimentarlo, per verificarne i risultati e  -se occorre- correggere.  

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I due tentativi più importanti per realizzare il sistema: l’Intesa in Conferenza Unificata del 20 dicembre 2012 e l’Accordo in Conferenza Unificata del 10 luglio 2014, sono falliti, non perché mancasse il disegno ma perché è mancata la volontà/forza di realizzarlo, da parte degli stessi livelli istituzionali e sociali che l’avevano costruito e sottoscritto. A parziale spiegazione si può dire che l’attivazione del progetto non poteva essere fatta “senza spese aggiuntive”, come era purtroppo previsto; occorreva intervenire con strutture, strumenti, organici. Ma il fatto che non fossero previsti investimenti discende dalla scarso credito che le carenze cognitive di una popolazione siano il problema dei problemi, sia per l’esercizio delle attività lavorative e quindi per lo sviluppo del Paese ma anche perché tutti i cittadini hanno il diritto di essere messi in grado di orientarsi nella quotidianità della vita, di interpretare i propri interessi, di esprimere le proprie esigenze, di comprendere il mondo in cui vivono, insomma di conoscere per decidere. Direi, soprattutto oggi che ci troviamo ad affrontare contemporaneamente le sfide della transizione demografica, tecnologica, ecologica.

La battaglia per l’apprendimento permanente è una battaglia prima politica, poi sociale, poi culturale. Se si ha chiaro il percorso da fare per arrivare alla soluzione del problema, allora ben vengano anche i convegni, i seminari, i congressi, perché possono servire a mettere in evidenza l’analfabetismo funzionale che sussiste nel nostro Paese e quindi a diffondere la consapevolezza  che si deve intervenire. Ma si deve tener presente che la fase della sollecitazione dell’attenzione pubblica deve essere seguita dalla costruzione del sistema e quindi la sua realizzazione nel territorio. E per quest’ultimo stadio sono necessari, come si è detto, i finanziamenti, ma anche la formazione dei soggetti che operano nel territorio.

Gli organismi istituzionali (Governo, Conferenza delle Regioni, Anci), le Istituzioni educative (Scuola, Università, Centri di Formazione Professionale), le Organizzazioni del Terzo Settore, le Rappresentanze sindacali, le Rappresentanze datoriali, i Centri per l’impiego, le Agenzie pubbliche e private di formazione professionale, gli Istituti di ricerca e programmazione educativa e formativa, gli Enti culturali, devono provvedere a formare gli operatori delle loro strutture locali a lavorare in rete, a cooperare sempre e dovunque formalizzando la costruzione delle Reti territoriali. Insomma se vogliamo risolvere seriamente il problema delle carenze educative e formative della popolazione italiana, bisogna chiudere la fase delle denunce e dei racconti e lavorare  per costruire un sistema organico ed integrato che si articoli sul territorio attraverso le Reti territoriali. Ma costruito il progetto bisogna accompagnarlo nella sua realizzazione territoriale con finanziamenti e interventi operativi di formazione e verifica. Nell’interesse del Paese e per la dignità dei suoi cittadini.          

Paolo Sciclone, Fondatore EdaForum, Forum Permanente per l’Educazione degli Adulti



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