Ucraina, la resa dei conti è vicina

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Credo che la disperazione di Macron sia arrivata al punto da offuscargli completamente la ragione. D’altronde, se così non fosse, dovremmo seriamente prendere in considerazione l’ipotesi che la riunione informale di Parigi sia stata organizzata da un pazzo con una smodata voglia di suicidarsi.

Infatti, proprio ieri, l’UE è stata uccisa dalla Francia, la stessa Nazione che l’ha sempre difesa e sponsorizzata nella speranza di poter continuare a perseguire i propri interessi a discapito degli altri Paesi membri.

Invitare a quel tavolo la Gran Bretagna – un Paese extracomunitario – solo perché è una potenza atomica, come i nostri cugini d’Oltralpe, e fortemente russofobica, escludendo invece le Nazioni più propense al dialogo con la Russia, come l’Ungheria e la Slovacchia, non solo è un gesto di grande scortesia istituzionale, che mina alla radice la cooperazione europea, ma rappresenta plasticamente tutto l’anacronismo della presunta potenza anglo-francese.

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Non possono certo pensare che le loro 510 testate nucleari messe insieme possano intimidire la Russia, che ne possiede oltre 5.500, o gli Stati Uniti, che ne hanno poco meno. Il fatto di essere detentori dell’ordigno atomico garantisce loro di non poter mai essere invasi da altre forze straniere, ma di certo non conferisce loro il potere di piegare altre potenze nucleari ai desiderata di Parigi e Londra.

In fondo, questa lezione era già stata impartita loro nel corso del 2022, sia prima dell’inizio dell’Operazione Speciale sia durante il conflitto, quando il Presidente francese fu accolto e fatto sedere al celebre lungo tavolo bianco: un’immagine ormai iconica che segnalava l’insormontabile distanza tra la Russia da una parte e la Francia-Germania dall’altra. Del resto, queste ultime avevano dato una pessima prova di sé negli Accordi di Minsk, dunque perché fidarsi?

Ma l’antifona più chiara ed esplicita lanciata dal Cremlino fu esposta in uno dei tanti colloqui telefonici tra i due leader: in quell’occasione, il Presidente russo sottolineò al proprio omologo francese come la guerra in Ucraina fosse, in realtà, un conflitto per procura condotto da Washington e che, in quanto tale, solo essa poteva farlo cessare. Come a dire: “vai pure dal tuo dominus e riferisci che io sono disposto a trattare solo con lui e con chi riconosco come mio interlocutore, quindi non certo con te”.

E così è stato: infatti, non appena alla Casa Bianca si è insediato un Presidente con una reale volontà di trattare, la Russia si è resa disponibile a chiudere il conflitto, nei tempi e nei modi che da tre anni, inascoltato, avevo vaticinato in decine e decine di miei interventi a mezzo stampa.

Alla fine della fiera, la Russia ha vinto il conflitto: lo stress test a cui è stata sottoposta parla molto chiaro. Putin è in sella più forte che mai, il Paese non è né collassato né fallito, e i danni di guerra – come da me già ampiamente previsto – non li pagherà la Russia, ma in primis l’Ucraina, che dovrà cedere alla Russia i territori conquistati dall’Armata Rossa e, agli Stati Uniti, un quantitativo tale di terre rare che, a confronto, le riparazioni pagate dalla Germania alla fine della Prima Guerra Mondiale sembreranno una passeggiata. In seconda battuta, il conto ricadrà sull’Unione Europea, che da sola, spontaneamente e di buon grado – nonostante le mie umili e costanti osservazioni, e le più importanti contestazioni argomentate da pensatori come il Prof. Orsini, giornalisti come Travaglio e Santoro, e autorità inattaccabili come il Santo Padre – ha fornito il collo all’aguzzino.

Ora, dunque, di che cosa ci si stupisce? Di che cosa ci si vuole lamentare?

Gli antichi, sapientemente, dicevano: “Chi è cagion del suo male può piangere solo se stesso”.

Gli Stati Uniti di Trump non hanno mutato pelle, non hanno subito nessun cambiamento di regime: sono sempre stati un impero e come tale si comportano, facendo e disfacendo la tela come meglio gli aggrada e ritengono opportuno. Se non fosse così, dovremmo allora ritenere che il sangue iracheno, afgano o balcanico – solo per citare alcuni conflitti a noi più vicini – non sia rosso come il nostro, o che le lacrime di quegli innocenti abbiano un sapore diverso dalle nostre.

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Se poi guardiamo a casa nostra, allora dovremmo ritenere che Enrico Mattei sia morto di freddo, Aldo Moro di indigestione e che la situazione morale dell’Italia all’epoca di Mani Pulite fosse realmente peggiore dell’attuale, tanto da giustificare lo smantellamento della Prima Repubblica, mentre pochi anni fa lo scandalo Palamara è stato derubricato a un semplice colpo di tosse, e pertanto non perseguito.

Ora però, a parte gli scherzi, se siamo seri, ciò che dobbiamo ammettere è che l’unica cosa realmente mutata rispetto al passato è la prospettiva dalla quale Washington guarda le cose: di conseguenza, il suo approccio è cambiato. Più spudorato, sì, ma anche più sincero e chiaro, mentre il risultato è sempre lo stesso.

E allora, perché tutta questa levata di scudi da parte dell’establishment europeo? E per establishment intendo il mondo accademico che conta, le grandissime firme del giornalismo cartaceo e televisivo, il circolo ristretto dei soliti amministratori delegati delle varie aziende di Stato, la stragrande maggioranza dei leader politici, ecc. ecc.

Perché costoro si sono arricchiti, hanno fatto carriera, comprato case e messo su famiglia all’ombra del Muro di Berlino prima, e dell’11 settembre poi, e ora che hanno scommesso sul cavallo sbagliato temono di perdere tutto e di dover tornare a una vita “misera e dozzinale”, come quella di ognuno di noi: un’esistenza fatta di rinunce e di continui calcoli su come andare avanti e sbarcare il lunario.

Questa è l’unica e misera verità! A costoro non interessa nulla del destino degli ucraini o dei propri concittadini: interessa solo mantenere il proprio benessere e potere, costi quel che costi, anche se ciò dovesse portare a un conflitto armato con la Russia o con gli Stati Uniti.

Ed è chiaro che, nel caso, non lo combatterebbero certo in prima persona, né loro né i loro figli o parenti.

Francamente, se queste sono le premesse, prima questi signori si ritireranno a vita privata, meglio sarà per tutto il genere umano.

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Ad esempio, non so chi abbia scritto il tanto discusso discorso di Mattarella letto a Marsiglia, ma, a parte l’accostamento della Russia alla Germania nazista per la Guerra in Ucraina – che, a livello diplomatico, per la sensibilità di quel Paese, è una follia – se tu, oratore, parli di pace e di diritto internazionale, non puoi dimenticare che nel 1999, quando eri Vicepremier nel Governo D’Alema, il tuo Paese ha violato quel diritto, perché – è bene ricordarlo – bombardò il Kosovo e la Serbia senza un mandato internazionale, e con il veto di Russia e Cina.

Tutti questi pressappochismi e fraintendimenti non fanno altro che aggravare la situazione e gettare discredito sull’operato diplomatico sia dell’Italia sia dell’organo nel quale si è deciso di far morire il nostro Paese: l’UE.

Invece, altri personaggi, giudicati da costoro più grevi e antidemocratici, come Donald Trump, dimostreranno tra pochi giorni all’umanità intera come si sta al mondo.

Infatti, il 9 maggio 2025, a Mosca, si terrà una grandissima parata per celebrare l’80° anniversario della Vittoria nella “Grande Guerra Patriottica” contro il nazismo, e Putin ha già invitato, oltre a Xi Jinping, anche il proprio omologo statunitense.

E io sono disposto a scommettere una pizza con ognuno di voi che il Tycoon non mancherà a questo appuntamento, perché il principale obiettivo di Trump è chiudere il conflitto e riportare la Russia agli Accordi di Pratica di Mare. I segnali ci sono tutti.

Il vertice in Arabia Saudita tra americani e russi non ha solo lo scopo di chiudere il conflitto in Ucraina, ma di riorganizzare su scala globale un nuovo “Con-dominio” USA-Russia.

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Infatti, Putin, in più di un’occasione, aveva chiarito che qualsiasi trattativa di pace dovesse garantire la sicurezza nazionale russa.

Ebbene, la decisione di Trump di far ritirare la Nato da tutti i Paesi confinanti con la Russia, in primis dai Paesi Baltici, non significa affatto consegnare questi territori a Mosca, ma semplicemente ricreare quella “zona cuscinetto” che separi in modo pacifico e sicuro i due imperi, garantendo così la sicurezza di entrambi.

Se ciò dovesse avvenire, comporterebbe necessariamente, come da me più volte scritto, lo sganciamento dell’Iran dalla Russia, il ritorno della monarchia in quel Paese e la ripresa degli Accordi di Abramo, attraverso l’asse Riad-Tel Aviv.

Se l’Europa crolla, l’Italia potrebbe vivere un nuovo Rinascimento politico, culturale e geopolitico, favorito anche dallo scongelamento dell’Artico, che farebbe sì che i traffici nel Mediterraneo diventino secondari rispetto alla via più breve dell’Artico.

Dunque, avremmo una grande opportunità per riorganizzarci nel bacino, se solo ne avessimo la volontà.

Ma affinché ciò avvenga, dovremmo avere una mentalità meno bottegaia e più avventuriera, cosa che non potrà mai succedere finché gli orfani dell’UE resteranno al potere.

Prima saremo coscienti della nostra missione e delle nostre capacità, meglio sarà.

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