“Negata la parola al nostro rappresentante”

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  23 febbraio 2025 21:40

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Si è svolto il 21 febbraio a Santa Caterina dello Ionio, il convegno “Speranza montagna. Perché crediamo nel NOI Comuni insieme”, organizzato dall’Uncem – Unione Nazionale Comuni Comunità Enti Montani e dal Comune di Santa Caterina dello Jonio. Al convegno erano stati invitati Sindaci e amministratori locali, dipendenti degli enti, cittadini, insegnanti, studenti, Associazioni locali, sindacati, rappresentanti dei partiti politici, parlamentari, assessori e consiglieri regionali. La scaletta del convegno prevedeva il saluto del sindaco di Santa Caterina dello Jonio e del presidente dell’Unione dei Comuni del Versante Jonico, mentre a coordinare e introdurre spettava al presidente dell’Uncem, erano previsti interventi programmati di tre consiglieri regionali, dei quali solamente uno era presente. Le conclusioni erano state affidate al presidente nazionale dell’Uncem e al vice presidente della Giunta regionale. Una impostazione, come si può notare, bipartisan, meglio del tutti insieme appassionatamente. Quel “tutti insieme” per noi significa responsabilità egualmente distribuite per l’inesistenza di qualsiasi politica che salvaguardi le are interne, i suoi boschi, che consenta il reinsediamento degli uomini, per evitare anche gli incendi estivi e per impedire che le nostre montagne diventino, come sta avvenendo, terreno esclusivo delle multinazionali delle energie rinnovabili che le stanno invadendo con tantissime pale eoliche. Tutti gli attori politici presenti ieri ed i loro partiti di riferimento si sono alternati alla Presidenza della Giunta regionale, con l’unico risultato drammatico che è sotto gli occhi di tutti: la desertificazione delle aree interne, che oggi si estende all’intera regione, e l’impoverimento economico e sociale dell’intera popolazione calabrese, nonostante, come hanno affermato lor signori, la ingente quantità di risorse finanziare pervenute, che sta a dimostrare la pochezza di questo ceto politico, incapace di programmare lo sviluppo di questa regione. Nel corso del dibattito abbiamo potuto registrare quanto è drammatica la condizione della nostra democrazia. Sulla locandina del convegno si invitano Associazioni locali, rappresentanti dei partiti politici, ma solamente ad alcuni esponenti di partito, lo stesso di chi ha organizzato il convegno, viene data la parola, mentre ad altri, rappresentanti di associazioni e di´ partiti che esprimono una posizione politica distante e distinta da quella degli organizzatori, la parola è stata tassativamente negata. E’ stata negata la parola alla rappresentante di Italia Nostra e al nostro rappresentante. Mentre con grande difficoltà si è consentito al rappresentante di Controvento di intervenire, il quale, però, è stato più volte sollecitato a terminare. Non ci faremo zittire da qualche sindaco o esponente del cosiddetto “campo largo”, noi continueremo a lottare assieme a tutti i soggetti con i quali nel corso di questi due anni abbiamo costruito mobilitazione e conflitto contro l’attacco alle popolazioni calabresi, rappresentato dalla devastazione ambientale e sociale, portato avanti dalle multinazionali dell’eolico, con il benestare dell’attuale giunta regionale calabrese e della segretaria nazionale del PD che di recente a Cosenza ha affermato che: “il ruolo del Sud deve essere quello di un vero e proprio hub strategico dell’energia pulita”. Noi ci opporremo a questo disegno politico che le classi dirigenti di questo paese propongono ciclicamente per il Sud perseverando nell’azione di colonizzazione della nostra terra e delle sue popolazioni. Il nostro non è un no alle rinnovabili, all’innovazione, il nostro è un no a progetti che si vestono di nuovo e di verde, ma sostanzialmente ripropongono aggressione al territorio e distruzione ambientale. La strategia è sempre la stessa: promettono il coinvolgimento di enti e associazioni locali, ricadute economiche positive per il territorio, bollette meno care, nuovi posti di lavoro. Questo gioco delle promesse, però, abbiamo imparato a conoscerlo bene in molte altre occasioni e si è sempre trasformato in un gioco dalle carte truccate. Le promesse sono rimaste solo promesse e i fatti poi parlano di altro: profitti per pochi e devastazione dei territori. Gli impianti eolici, per il loro numero, assumono dimensioni spaventose dal forte impatto sul paesaggio, sull’economia locale e sull’ecosistema terrestre e marittimo. Mostri che divorano risorse ad uso e consumo proprio della multinazionale di turno, a cui nulla interessa del bene comune delle popolazioni locali. Peraltro, come già successo e continua a succedere in tutta la Calabria, questa finta transizione energetica fatta con i grossi impianti industriali, dietro le apparenze non ha nulla di green. Chiamiamo, allora, le cose con il loro nome. Queste sono operazioni invasive per i territori, fonti rinnovabili utilizzate in maniera speculativa e non per una reale riconversione energetica, interventi utili solo agli interessi dei grossi gruppi energetici e nulla più. Un capitalismo “green” che non investe sull’autonomia energetica della comunità e non ci affranca dalle fonti fossili non ha nulla ha ecologico. La nostra proposta è di una semplicità unica: il settore energetico deve ritornare interamente nelle mani del pubblico attraverso una sua immediata nazionalizzazione. Solamente così si porrà fine al famelico appetito delle multinazionali e si darà vita ad un processo una risocializzazione dell’energia. Tanto più che gli oneri di sistema che rappresentano circa il 15% del costo annuo della bolletta della luce li paghiamo coni nostri soldi. Questi oneri includono le spese relative al sostegno delle energie rinnovabili come l’eolico. Abbiamo a che fare con una vera e propria aggressione al territorio, fatta passare per riconversione energetica. Ma che riconversione energetica è quella che cancella il nostro paesaggio, la memoria dei luoghi, la nostra stessa economia? Che riconversione energetica è quella che non parte dalle comunità, non ritorna ad esse e non tiene conto delle esigenze di esse? Anche in questa occasione ribadiamo la necessità che il Sud ha necessità di una sola grande opera, che non è il Ponte sullo Stretto per il quale sono stati destinati 14 miliardi di euro, ma al contrario la tutela e messa in sicurezza del territorio attraverso un piano di risanamento che occupi centinaia di migliaia di giovani. Noi non intendiamo rassegnarci a questa devastazione, lavoriamo per costruire la ribellione delle popolazioni a questo nuovo processo di colonizzazione e di devastazione.

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