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Lo spazio, da luogo del possibile dove, salvo restrizioni – le zone rosse, i daspo urbani, i luoghi di “contenimento” predisposti contro i migranti – a tutti è permesso accedere, si appresta a diventare un luogo diverso. Oggi rappresenta sempre più il progressivo allontanamento dalla realtà naturale.

C’è chi fugge nello spazio, pensiamo ai viaggi organizzati da Elon Musk per le persone facoltose (qualcuno parla di 250 mila dollari), e chi, invece, propone di vivere in uno spazio altro (il Metaverso). Nel secondo caso, il non luogo ideale sostituisce l’esistente. Allo scopo di rendere vivo ciò che non è.

Lo spazio in cui fuggire è dato. Perfetto, immodificabile, surroga le imperfezioni umane attraverso un doppio, l’avatar, mediante il quale veniamo immersi nel mondo altro. Dove tutto sembra permesso. Almeno fino a quando, nel gioco delle apparenze, proiettando ciò che siamo (o crediamo di essere) non finiremo con l’esportare in questo altrove le stesse prerogative alla base del conflitto fra umani. Il doppio finto, più bello e accettabile dell’io reale imperfetto, vivrà dell’apparenza. L’esteriorità ostentata del possesso come nel reale. E anche lì farà sfoggio dei suoi averi. Acquistando case, beni, territori. Guadagnando punti nella corsa a premi virtuale per la quale verrà presto richiesta la card, il pass di accesso. E i relativi servizi, e le applicazioni, saranno a pagamento. Insomma, il soggetto disumanizzato tenta di scappare dal presente divenuto inospitale. Il vero, che nella bellezza delle imperfezioni, delle infinite possibilità, incute timore. Invece di cercare una via credibile, pure se imperfetta, per provare a cambiare le condizioni sociali attuali, in quel processo evolutivo una volta chiamato progresso, che tutto sommato ha garantito il miglioramento delle condizioni nelle opzioni pratiche, grazie ai mezzi messi a disposizione, le tendenze sono quelle di abbandonare il conosciuto. Lasciare la vita terrena e spostarsi altrove.

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Questo hanno in comune i viaggi spaziali di Musk e quelli nel virtuale. Posti da colonizzare a disposizione per il piacere dei ricchi. Ma anche posti da bonificare (pensiamo alla spazzatura nei cieli, ai satelliti), che nella guerra infinita alla conquista dello spazio (abitabile?) decidono di appropriarsi di pianeti sconosciuti come fossero res nullius, senza chiedere il permesso a nessuno.

Sono questi i capitalisti da strapazzo che dopo aver compromesso gli ecosistemi adesso si inventano avventurieri del cosmo. La continuazione della vita da un’altra parte. Oppure il proseguito di un simulacro di vita grazie all’intelligenza artificiale. Il transumano ottenuto dalla ibridazione con la macchina tecnologica. L’inorganico privo di pensiero modellato dai dati. L’assimilazione statistica di una quantità infinita di informazioni al fine di tratteggiare, indirizzare la nuova espressione de-vitalizzata. L’artificio dell’essere non senziente, che avrà pure le sembianze del suo simile in carne e ossa, magari sovraccaricato di ricordi immessi nel nuovo ambiente, ma sarà totalmente privo delle facoltà umane – il pensiero, le emozioni, la capacità naturale di sbagliare – che lo renderanno assente nelle espressioni vitali. Incapaci di riflettere, smarrirsi, o trovare sostegno negli altri, in quello sbocco vivo fatto di relazioni, reciprocità, cooperazione. Da cui nascono affetti e rapporti non per forza economicizzati di collaborazione.

Il postumano è l’alternativa al biologico. La società dei super-ricchi fanatici della tecnologia. La quarta rivoluzione industriale non si limita ad estrarre plusvalore. Adatta a illudere gli utilizzatori finali di app e dispositivi nel procedere verso la semplificazione operativa, che in realtà rallenta e crea una sorta di burocratizzazione digitale (i cookies, il consenso). L’algoritmo sostitutivo delle scelte umane. Dietro si muove la prolifizzazione del prosumer, l’individuo (in)consapevole diventato a un tempo produttore e consumatore, grazie all’estrazione gratuita di ogni dato che lo riguarda. Da cui prelevare l’immensa ricchezza – miliardi di persone iperconnesse – con la quale controllare gli individui.

L’intelligenza artificiale, la rete come campo da cui siamo trattenuti (la prigione soft) e i viaggi nello spazio. C’è chi sceglie per noi. Questo comporterà la delega e con essa la mancanza della responsabilità del soggetto che decide di non decidere. Già oggi è evidente come la società immersa nel Grande Fratello distopico sia completamente attraversata da zombie camminanti. Androidi capaci nell’arco di pochi decenni di sconvolgere millenni di storia umana. La sorveglianza è ovunque. I comportamenti adattivi hanno preso il posto della razionalità. L’identità onlife pone fine all’evoluzione della specie terrestre.

Nella società della tecnica la sostituzione è prossima al traguardo. Non è più la politica a regolare il vissuto. È subentrata la tecnologia. Con essa tramonta l’etica.


Giuseppe Giannini ha aderito alla campagna Partire dalla speranza e non dalla paura


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