Il private equity guarda alla Borsa: nel congelatore aziende per 3.300 miliardi

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di
Francesco Bertolino

I fondi controllano 28 mila imprese ma faticano a venderle.PerciĆ² guardano di nuovo ai listini. A patto di debuttare a sconto: gli esempi di Lottomatica e Galderma

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Sul mercato europeo delle quotazioni si trovano tante bancarelle piene di merci; girano perĆ² pochi clienti seppur con robusti portafogli. Fuor di metafora, gli aspiranti venditori in Borsa sono i fondi di private equity che, stima Bain & co, controllano nel mondo oltre 28 mila imprese. I potenziali compratori dalle tasche piene sono i gestori del risparmio, che hanno sempre piĆ¹ denaro da investire, ma sempre meno persone per farlo a causa del valzer di aggregazioni nellā€™industria dellā€™asset management. Come favorire lā€™incontro fra domanda e offerta?

Il portafoglio dei fondi

Ā«Il portafoglio di aziende dei private equity vale ormai circa 3 mila 300 miliardi di dollari ā€” spiega Paolo Celesia, responsabile Ecm per il Sud Europa della banca dā€™affari statunitense Jefferies ā€”. Per liquidare e monetizzare tale massa di investimenti, i fondi possono effettuare operazioni di cessione ad altre aziende oppure trasferimenti di partecipazioni ad altri fondi, come spesso accaduto negli ultimi anniĀ», prosegue. Ā«Questa strada ĆØ perĆ² diventata oggi piĆ¹ complessa, anche a seguito dei livelli del costo del debito: molti private equity stanno perciĆ² tornando a guardare alla Borsa come via dā€™uscitaĀ». Il mercato pare pronto a fornirla.




















































Le prime quotazioni

Da inizio anno a Wall Street ci sono state 11 quotazioni, nove delle quali trattano oggi al di sopra del prezzo di debutto. Partendo dagli Stati Uniti, come sempre la tendenza sta ā€” faticosamente ā€” arrivando anche in Europa. Nelle ultime settimane tre gruppi di media dimensione sono approdati sui listini del Vecchio Continente: Diagnostyka in Polonia, Hotelbeds in Spagna e lo spedizioniere di beni di lusso italiano Ferrari Group ad Amsterdam. Tutte e tre le operazioni hanno registrato una domanda elevata da parte degli investitori e hanno potuto cosƬ fissare il prezzo nella parte medio-alta della forchetta.

Lo sconto per i clienti finanziari

La merce ĆØ insomma richiesta, a patto che si sia disposti a cominciare con un campionario a un costo promozionale. Ā«La dimensione dellā€™offerta iniziale deve essere piuttosto contenuta in modo che la domanda insoddisfatta possa sostenere i corsi nei primi giorni di quotazione ā€” osserva Celesia di Jefferies, che ha curato le ipo di Ferrari e Diagnostyka ā€”. Bisogna poi trovare il giusto equilibrio fra le aspettative dei venditori e quelle degli investitoriĀ», aggiunge. Ā«La quotazione non va considerata come una vendita dellā€™azienda, ma come unā€™acquisizione di soci, di clienti finanziari da fidelizzare e invogliare ad acquistare altre azioni in futuro, dimostrando che la merce ĆØ buona, cioĆØ che lā€™azienda dĆ  buoni risultatiĀ».

Lottomatica e Galderma

Il banchiere cita due esempi di quotazioni di questo tipo, riuscite ad altrettanti private equity: il gruppo dei giochi Lottomatica a Piazza Affari e lā€™aziende di prodotti per la pelle Galderma alla Borsa svizzera. Il primo, Lottomatica, ĆØ approdato a Milano nellā€™aprile 2023 a 9 euro per azione, con uno sconto rispetto ai concorrenti del 30%. Da allora il valore del titolo ĆØ cresciuto dellā€™82%, facendo felici non solo i sottoscrittori ma anche il proprietario del gruppo. Il fondo Apollo ha infatti incassato nel tempo altri 837 milioni attraverso quattro vendite accelerate di azioni sul mercato (Abb) concluse a un prezzo medio piĆ¹ alto del 24% rispetto allā€™ ipo. Stessa procedura ha seguito il private equity svedese Eqt con Galderma. Lā€™azienda ĆØ stata quotata con un sconto iniziale del 25% ma ĆØ poi salita del 116% a Zurigo, permettendo a Eqt di cedere quote per 2,3 miliardi di franchi tramite due Abb.

La scarsitĆ  di gestori

Per andare in Borsa, insomma, private equity e imprenditori devono accettare un incasso a rate che potrebbe rivelarsi, in fin dei conti, piĆ¹ elevato del pagamento immediato. Altrimenti, si rischia che il potenziale clienti passi oltre. Ā«Il consolidamento in corso in Europa sta creando asset manager piĆ¹ grandi ed efficienti, ma sta anche riducendo il numero di gestori che possono dedicare tempo e risorse alle medie aziende ā€” rileva Celesia ā€”. Per un fondo da 500 milioni un investimento da 10 in unā€™ipo ĆØ rilevante, per uno da 10 miliardi ĆØ insignificante a meno che non veda unā€™effettiva possibilitĆ  di incrementare nel tempo lā€™investimento. Da qui, di nuovo, la necessitĆ  di procedere a offerte in Borsa di dimensioni inizialmente ridotte, unitamente ad equity story attraenti e valutazioni equilibrateĀ».

Il risparmio europeo

Poi, certo, cā€™ĆØ un tema strutturale, rimarcato di recente da Mario Draghi. Ogni anno 300 miliardi di risparmi europei sono investiti allā€™estero, in buona parte negli Stati Uniti, per mancanza di opportunitĆ  di impiego. Parallelamente, un gran numero di aziende europee decidono di quotarsi negli Usa alla ricerca di attenzione e valutazioni superiori. Questo circolo vizioso rischia di trasformare i Paesi europei nel serbatoio americano di soldi e talenti. Per spezzarlo, ha detto lā€™ex presidente della Bce, occorrono piĆ¹ innovazione, piĆ¹ infrastrutture e un mercato dei capitali piĆ¹ unito. Probabilmente, perĆ², serve anche piĆ¹ personale pronto a cogliere le occasioni di investimento che si presentano. I grandi asset manager internazionali dedicano due o, al massimo, tre gestori allā€™esame delle potenziali quotazioni di tutte le medie aziende europee.Ā Ā«Ćˆ evidente ā€” conclude Celesia ā€” lā€™assoluto bisogno di regolamenti, incentivi e altre misure che spingano i gestori a dedicare piĆ¹ risorse ai Paesi europei dove raccolgono denaro in quantitĆ . Si deve insomma cercare di avvicinare quanto possibile il punto di raccolta dei risparmi e quello del suo investimento in BorsaĀ».

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